C’è dell’ironia nel non essere neanche maggiorenne, avere già un secondo disco all’attivo, vantare una collaborazione con Nicki Minaj all’età di 11 anni e intitolare questo lavoro “The 1st”. Eppure Willow Smith, che aveva già seminato ottimi segnali in giro con pezzi “Why Don’t You Cry “e il debut album “Ardipithecus“, è la prima volta che si mette in gioco con un’opera compiuta e matura, pubblicata all’alba dell’età adulta.
Ma c’è anche un’altra verità in questo titolo. È il primo LP per il quale la giovane di casa Smith ha studiato la teoria della musica, imbracciato una chitarra e preso lezioni di piano, lasciando da parte improvvisazione e istinto. Parla con schiettezza, Willow, si sente matura e si spoglia dell’hype che la circonda praticamente da quando è nata. Niente più suoni trendy da ragazzina prodigio, niente più ammiccamenti facili per raccogliere migliaia di views su Youtube e bling bling da prima in classifica.
“The 1st” è un viaggio verso la conquista della libertà, della comprensione piena dell’amore e dell’accettazione della parte peggiore di sé: quella che somiglia così tanto agli altri, quel lato umano che ci rende tutti diversi eppure così uguali, fragili e nudi a 40 anni, figuriamoci a 17.
In questo disco Willow mette in gioco il suo processo di crescita, capisce quanto libertà e rinuncia siano due facce dello stesso desiderio. E lo fa pescando da un genere che non ha neanche mai vissuto sulla sua pelle, quell’alternative rock femminile anni ’90 a cui è sfuggita per un pelo.
In “The 1st” si leggono echi di Alanis Morissette e Tori Amos, già presenti in brani come “I Am Me” dove una Willow dodicenne tirava fuori una potenza vocale da far accapponare la pelle.
Il disco può essere letto come il diario segreto di un’adolescente messo in musica: la traccia di apertura “Boy” è la chiave che fa scattare il lucchetto, leggiamo la prima pagina (“Hey mom, I met a boy/He plays guitar/He likes Quentin Tarantino/And really sad songs”) e per la prima volta Willow sembra avere la sua età. In “An Awkward Life Of An Awkward Girl” nasconde a malapena la frustrazione del dover dimostrare due volte il suo talento: la prima perché è giovanissima, la seconda perché è figlia della più grande icona cinematografica pre-internet. Gli altri brani suonano come un compendio dei sentimenti umani raccontati con le mani sulla chitarra: c’è la rabbia di “Human Leech”, l’intimità di “Warm Honey”, la coralità di “Lonely Road”. Ed è in questo taglio netto tra una sfumatura e l’altra che emerge la vera debolezza della seppur bravissima Willow: la sua interpretazione della musica è ancora troppo didascalica, legata a influenze che mastica con un po’ di fatica perché non appartengono alla sua epoca, a ispirazioni che a tratti diventano imitazioni (sentite Lorde in “Oh No!!!”?).
Ma non è un male, piccola Willow: la migliorabilità del disco è l’unico segnale che sei fatta di carne e ossa come tutti noi, perché in pezzi come “A Reason” o “Romance” il pensiero che sia più vicina alla sfera del divino ci ha sfiorati più volte.
“The 1st” è un album ambiziosissimo, ma carico di umiltà: tra qualche anno ci ricorderemo che avevi solo 17 anni e che avresti potuto optare per la via più facile. Invece, sul terreno scivoloso delle emozioni, te la sei cavata benissimo.