Rkomi piace a te, lettore di DLSO, che hai sempre visto la DPG come fenomeno socialmente interessante; piace a tuo fratello, che impazzisce per la Dark; piace al tuo amico, che non hai mai ascoltato nulla dopo Vile denaro; piace alla tua tipa, patita di Calcutta; piace ai tuoi, che sono cresciuti con Guccini.
Mirko piace a tutti. E Io in terra non ha fatto altro che rafforzare l’idea che Mirko sia il ponte tra ciò che c’è stato e ciò che ci sarà nel rap italiano.
Abbiamo fatto due chiacchiere con lui e questo è quello che è uscito.
Ciao Mirko! Innanzitutto volevo esprimere tutta la mia soddisfazione per aver ottenuto questa intervista. Ormai sembra che per aver una fetta del tuo tempo sia necessario mettersi in coda, il che attesta i passi da gigante che hai fatto nell’ultimo anno.
Cosa significa questo per te? Che incidenza ha avuto sulla tua vita quotidiana?
Ciao! Intanto grazie, molto felice anche io.
Sì, devo dire che nell’ultimo periodo sto sorprendendomi io stesso della velocità delle mie giornate, soprattutto di come sto riuscendo a non perdere il controllo nonostante tutto. Ha inciso e incide parecchio, però sai… era questo che ho sempre sognato, quindi poi le soddisfazioni compensano alla grande.
Significa tante cose, è sicuramente un’opportunità, la vita che sto vivendo, che non saprei proprio dare per scontato. Neanche per un secondo.
A settembre è uscito l’album. Una raccolta diversa dalle aspettative, che si è staccata molto a mio parere per sonorità da Dasein Sollen. Ad ottobre era già disco d’oro aka prova superata. Perché “Io in Terra” suona differente rispetto a qualunque disco del panorama trap italiano? Forse (azzardo) possiamo dire che è già fuori dal genere? In fondo non ti hanno paragonato a Gucci Mane, ma a Nas…
[Ride, ndr] Vero, verissimo. Ammetto che non lo avrei retto un paragone con Gucci. È difficile dirti “perché”, sicuramente la mia musica ha altre influenze, per quanto ascolti un po’ tutto è come se inconsciamente quello che mi salta all’orecchio è altro. Quello che mi affascina è altro. Quindi in qualsiasi genere io mi imbatti (ipotizzo) finisco per prendere quello che mi va di prendere. E forse “quello che mi va di prendere” non ha nulla a che vedere con il rapper standard, non so, immagino…
Troverò una risposta meno astratta per un futuro magari [ride, ndr].
Anche i featuring parlano chiaro, perlomeno rispetto al cambio di direzione che sembri aver preso. Con Marra in “Milano Bachata” fai una fotografia di una città e delle sue storie, come se fossi uscito dalla vita di quartiere e lo avessi raggiunto nel paradiso (o nell’inferno a seconda) dello showbiz.
C’è già stato qualcosa che ti ha fatto venire la nausea, la voglia di mollare tutto?
Bello l’esempio, direi più un paradiso. La voglia di mollare no, non ancora. Nausea nei confronti di alcuni sistemi, alcuni personaggi si… ma non è mai stata così forte da farmi pensare di voler lasciare.
Mi voglio troppo bene e voglio troppo bene a quello che sta succedendo.
Tra l’altro sei uscito anche dal perimetro cittadino. L’hai fatta grossa con un certo NN, un tizio che, come lui stesso ha constatato nel pezzo, quando tu nascevi, aveva già l’età per “fare le storie”. “Verme” è un fiume di situazioni simboliche che ritraggono scene d’ordinaria follia che si possono trovare in ogni città d’Italia (“l’hai presa troppo e stai male / la cura è chiudersi a chiave” o “la faccia contro il muro / nego l’evidenza”).
Cosa ti hanno lasciato le città in cui sei stato fino ad ora portando in giro la tua musica (tra cui Roma, dove suonerai l’1 dicembre a Touch The Wood) rispetto a quello che già può dare Milano?
Tanto, tanto caos ma anche tanto ordine allo stesso tempo. Diciamo che non ho la fortuna di poter girare sempre le città dove suono, però ho sempre pensato che qualcosa facessero. Di conseguenza penso ci sia un sacco delle città visitate nelle mie canzoni, non so ancora dirti in che modo sia possibile ma è ovvio che gli incontri, i viaggi facciano molto quando fai un lavoro come questo.
Roma rappresenta sicuramente una meta importante, per la città quale è e per l’energia che trasmette.
Parliamo di “Apnea”. Quando lessi il nome del produttore persi la testa: penso che tu abbia molto in comune con Carl (e Franco) per quanto riguarda l’utilizzo di immagini che colpiscano l’ascoltatore. Parlando della base, credo sia stato un azzardo (andato a buon fine), in quanto non sei solito a strumentali così soft e così anche i tuoi fan medi non sono soliti giusto a una chitarra pizzicata. Non serve dire che il pezzo ha fatto il botto.
Stanno cambiando anche i tuoi gusti musicali?
Eccome, “Io in terra” rappresenta ascolti diversissimi ed è il motivo per cui ci sono influenze meno Rap se ci si fa caso.
“Apnea” nello specifico è stato il mio “non mio” primo episodio (scusa il gioco di parole). Da lì sono nate le varie “Mai più”, “Origami” e così via. Mi ci sono divertito e trovato così tanto, che è stato più forte di me, e forse sarà più forte di me anche in futuro. C’è qualcosa di strano che mi sussurra quando in studio mettiamo in play questo tipo di strumentali.
Grande Carl comunque, lo saluto tanto.
Il pezzo parla di una ragazza ancora presente nella tua vita, ma l’impressione è che sia comunque tu quello al centro della traccia, quello con il coltello dalla parte del manico.
Nella seconda strofa di “Solo” si parla sempre di “una”, ma la situazione e il tuo corrispettivo atteggiamento sono totalmente diversi: stai parlando con il passato, quello che si fa vivo solo per fame di fama, e il rancore per questa cosa trapela tra una barra e l’altra.
In “Origami” c’è spazio invece per il prevedibile risvolto del successo, quello delle groupies che farebbero di tutto per finire a letto con te.
Quanto la musica ha inciso sui tuoi rapporti amorosi e più in generale su quelli che hai con chi ti è vicino? Un aneddoto emblematico che ti è successo di recente?
[Ride, ndr] Ahimè parecchio! Non è maschilismo anzi, nutro un grande rispetto e un grande valore nei confronti della donna. Proprio per questo ci penso sempre una decina di volte prima, conosciute le intenzioni altrui poi devo conoscere le mie di intenzioni. Però esistono. Esistono sempre grandi persone, grandi donne e grandi uomini quindi aspetto la vita faccia il suo corso, non ho sfiducia a riguardo.
Sicuramente c’è molto TNS nell’ultimo disco, si vede che avete lavorato gomito a gomito a lungo. Ma oltre a lui c’è qualcun altro (anche non prettamente un musicista) che ti ha dato l’ispirazione per la stesura del progetto?
Mah in realtà no, la musica di chiunque può essere stata d’ispirazione. Le parole e i silenzi di chiunque. Però non c’è un vero e proprio riferimento nel caso di questo disco. Niente di così spudorato.
Sembra passata una vita da quando ti vidi per la prima volta cantare (incappucciato e semi sconosciuto) a Bergamo, al tempo delle prime bangerz, mentre invece è stato solo un anno e mezzo fa.
Il successo è arrivato più veloce di una fucilata; non temi un “rinculo” altrettanto veloce, ovvero di sparire come molti rappers di successo nel passato?
Cosa lega la tua musica alla storia dell’hip hop italiano?
È vero, è vero, sembra una vita. È arrivato veloce, certo, ma ho accompagnato molto bene l’arrivo di determinate notizie o soddisfazioni. Ora non sto a dirti come ecc. ecc., però ho temporeggiato anche parecchio. Non temo più nulla arrivato a questo punto, saprei di aver visto e passato molto di peggio. Penso sia questa l’attitudine da sposare.
Mesi fa, quando seppi dell’intervista, scelsi una frase per ogni pezzo di Dasein Sollen che, perché emblematica o indecifrabile, ti avrei chiesto di spiegare. Per concludere te ne propongo una in particolare e lascio a te il commento:
“Al massimo puoi aprirmi l’auto /
E non c’ho mai creduto a fondo perché a dirsi è un attimo”
Beh sarebbe stato figo parlarne.
Qua parliamo di “180” ed è un semplice paragonare il mio percorso a quello di un altro. Decisamente più tortuoso: con questo niente vittimismi, ma è così. Per come sono, per come vivo la musica ecc., è quello che mi sono sentito di consigliare! :)
“Non ci ho mai creduto […]” invece rappresenta come non sia sufficiente la parola o il pensiero. Fanno tanto sicuramente, ma subentrano migliaia e migliaia di altri fattori. Principalmente poi tocca alle gambe, tocca una reazione.