Anemone, il nuovo album dei Pulsatilla, uscirà ufficialmente il 10 gennaio per la label indipendente romagnola Floppy Dischi.
I ragazzi, però, ce lo fanno ascoltare in anteprima qui sotto e, dopo lo streaming, raccontano il disco traccia per traccia.
Schiaccia play se sei fan di Mac DeMarco e delle chitarrine.
Madame, adieu (Aritmia)
Amiamo molto la musica francese anni 60-70 ed è stata a livello melodico di ispirazione per questo brano che parla di quando si rimane folgorati, travolti da uno sguardo e da
un sorriso, di quando si idealizza una persona a tal punto da volerle bene senza un motivo, pur non conoscendola abbastanza, e con cui si vorrebbe inspiegabilmente
approfondire un rapporto che nella realtà è alquanto impossibile o improbabile; impossibile perché il sentimento alla base non viene ricambiato né condiviso e infatti il testo è più un monologo che un dialogo.
I fiordalisi, le ginestre, i biancospini e le acacie, riportati nel testo, hanno un significato simbolico nel linguaggio dei fiori. È un brano che sogna tentando di bussare a una porta della realtà che non si aprirà mai generando così un vuoto nell’animo.
Bella di notte
È venuta fuori in maniera molto spontanea e poco studiata, per cui non ha un significato proprio preciso. E’ un brano che trascina con sé un desiderio di ritrovamento, di riapertura, di ricondivisione e di confronto con un qualcosa o con un qualcuno che non conosciamo neanche noi onestamente. Il titolo non ha un collegamento con il testo ed è stato dato in quanto è un pezzo scritto verso la fine della primavera quando tendenzialmente i propri pensieri e la propria visuale tendono all’estate, stagione in cui cresce la pianta della Bella di notte e uno di noi la vede fiorire ogni anno nel giardino di casa sua.
Campi di viole
E’ una canzone-ossimoro e leggermente bipolare con un pizzico di C86 e Sarah Records. Ritmo incalzante e accordi malinconicamente spensierati contrapposti a un testo che parla in fondo di quanto sia difficile accettare la propria mortalità ogni giorno.
Canta del senso di abbandono e di vuoto che si prova negli istanti in cui si percepisce che la persona amata non vivrà per sempre e della consapevolezza che niente è eterno. È un brano che tenta di fuggire alla brevità delle gioie d’amore, all’inesorabile tempo che passa e infine, con questo ritmo incalzante, a quella morte e a quel destino “correndo tra campi di viole”, i quali non potranno essere che un momentaneo sollievo, un’effimera cura a una consapevolezza più dolorosa e costante.
Nereide
Il brano forse più aggressivo e sperimentale del disco. Le nereidi erano le ninfe marine nella mitologia greca.
È una canzone dedicata a una persona che ama molto il mare, specialmente d’inverno, in cui spesso si rifugia e si nasconde.
Parla di un rapporto ormai finito ma che continua ad esistere in maniera tormentata ed ossessiva in ogni caso dentro i propri ricordi e dentro il proprio cuore come le onde che ripetutamente toccano la sabbia.
Un testo fatto di quelle parole che non si ha avuto il coraggio forse di esternare nel momento “giusto”, portando a dimenarsi inermi tra le gelide onde del mare tempestoso della propria mente.
Trentuno
Sorellastra di “Madame, adieu (Aritmia)”, Trentuno è un brano che esprime la leggerezza di un sentimento interiore, nascosto tra gli angoli più bui della mente.
È un sentimento affettivo che non sarà mai esternato, mai ricambiato e mai condiviso. Quel tepore che lo tiene in trappola lo custodisce dalla crudele realtà, scatenandone il lato timido e ingenuo, che si sfalda ed esplode nei ritornelli.
È davvero sempre necessario dare nomi concreti ad emozioni passeggere?
La danza dei Coribanti
Per questo brano è stata molto di ispirazione “Tezeka (Nostalgia)” di Mulatu Astatke, che uno di noi ascoltava molto nel periodo in cui è stata concepita questa “danza”.
I Coribanti, sempre nella mitologia greca, erano i sacerdoti di Cibele. Praticavano danze, talvolta orgiastiche, dal ritmo ossessivo per curare, si dice, la malinconia di Zeus.
Questo walzer ossessivo-compulsivo da french café è un dialogo tra noi quattro in cui cerchiamo di autoguarirci e di guarire invano dalla condizione atrabiliare dell’essere umano.
Nei live tendiamo a portarla avanti molto di più rispetto alla durata che ha nel disco.
Per fiorire
È una canzone dedicata a chi soffre, a chi è in continua ricerca di sé ma non riesce a trovarsi, a chi non si sente compreso e ascoltato, dunque abbandonato a sé, a chi si vergogna di sé, a chi si sente giudicato o viene criticato, a chi si sente solo e infine a chi è distrutto a causa della fretta che spesso hanno questa società e questo mondo riguardo al prendersi cura di sé stessi, spesso visto come una perdita di tempo.
È un brano che cerca di parlare di un tema delicatissimo, cioè di cosa significa soffrire di depressione.
“Per fiorire” cerca di rassicurare, di dare e darsi una speranza, di abbracciare teneramente come una madre abbraccia il proprio figlio dopo che è caduto dalla propria bicicletta.
Il concetto che sta alla base di questo brano è che ognuno di noi è come un fiore e come ogni fiore che si rispetti in natura ha dunque il suo personale tempo di fioritura: uno magari sboccerà prima, l’altro dopo tanto tempo ma questo non determinerà mai la bellezza e il valore stesso di quel fiore.
Psora II
È la traccia più longeva del disco ed è riferita a “Psora”, brano presente nel nostro primo EP, in quanto la persona a cui è dedicata la canzone è la stessa.
Anche questa traccia parla di senso di abbandono, in questo caso legato a una persona che va e viene nella propria vita, che non riesce a trovare un posto e a cui non si riesce ad attribuire un “nome” o un ruolo affettivo nella propria vita.
Questa canzone è un urlo continuo che nasce da un vuoto creatosi dall’impossibilità di costruire qualcosa di stabile e di continuo con questa persona e che culmina nella consapevolezza di doverla lasciare andare.
Niente di te
Questo brano ha subìto variazioni nel corso della sua esistenza. Inizialmente era un brano molto shoegaze che si chiamava “Sorgente” e in un live dell’aprile 2017 lo
suonammo anche (chissà forse un giorno pubblicheremo anche questa versione).
Ma visto che non ci andava di prendere totalmente quella strada, musicalmente parlando, per quanto comunque non la disprezziamo, allora con il passare del tempo è venuta fuori come la potete ascoltare voi ora ed è stata l’ultima canzone composta, quella che ha “chiuso” diciamo questo album.
Sorella di “Nereide”, questa canzone parla di un rapporto concluso, sofferto e (in)compiuto che continua ad esistere e a vivere nostalgicamente dentro la propria mente.
Si elencano in maniera ossessiva anche qui pensieri, emozioni, intenzioni in un modo quasi catartico e apotropaico per appunto allontanarli facendo sì che cessino definitivamente.
Val di Teva
Questo brano è un inno bucolico, sognante e nostalgico alla vita e all’amore.
Val di Teva è una frazione di Montecerignone in provincia di Pesaro-Urbino, a quaranta minuti da dove viviamo noi, immersa nel verde tra campi infiniti. Siamo affezionati a questo luogo specialmente perché ti permette di ritrovare il proprio contatto con la natura e aiuta a pensare.
È una specie di locus amoenus per noi. Questa canzone parla di quanto sia difficile accettare il tempo che passa, di quanto sia faticoso a volte stare di fronte alla realtà e alla persona amata; di quanto sia frequente talvolta la tentazione di fuggire e crogiolarsi nei ricordi e nelle emozioni passate per la fatica di vivere la propria quotidianità.
Parla in maniera specifica di una relazione sentimentale intensa con una persona con cui si era soliti un tempo andare, a momenti fuggire, frequentemente in questa Val di Teva a sognare un po’ e a starsene sdraiati accarezzati dal tramonto di un sole primaverile, tra fiori e piante di ogni tipo, di fronte a un’infinito fatto di campi verdi e montagne innevate in lontananza.