I capelli divisi a metà e raccolti dietro le orecchie come tende di velluto pesante ai lati di un’enorme finestra. Okay Kaya è davvero un’enorme finestra: bagnata dalla pioggia, attraversata dai raggi del sole. Se la spalanchiamo cambia l’aria di tutta la stanza, se la chiudiamo ci tiene al caldo e al sicuro. Ora qui la apriamo a vasistas.
Kaya Williams è una modella e cantante norvegese, ha 25 anni e ha collaborato con quasi tutti i nostri preferiti: da Tobias Jesso Jr (a cui ha aperto un intero tour) a FKA Twigs, da Leon Bridges al producer danese Vera. Se siete appassionati di cinema e state fissando la sua foto chiedendovi “ma dove cavolo l’ho vista questa?” vi aiuto subito:è la protagonista di Thelma, drammatico film horror che è stato selezionato per rappresentare la Norvegia agli ultimi Oscar. Invece per i non appassionati di cinema ma che hanno la memoria un po’ corta ma la vista lunga, abbiamo parlato di lei molte altre volte, tra queste anche su Landthropology. Altri ancora la riconosceranno da quest’articolo di Vogue in cui si racconta la sua dolcissima relazione (musicale e non) con Aaron Maine aka Porches. In tutto quello che fa si sente la vita che trema.
Dance Like U è il suo ultimo singolo, il secondo del 2018 dopo un paio d’anni di silenzio tombale. Il video è un racconto molto intimo di come sarebbe la condizione psicologica se avesse un’incarnazione fisica, se occupasse dello spazio nel mondo, se fosse sempre così visibile e nitida vicino a noi. I nostri disturbi, le nostre paure ci accompagnano sempre e ci lasciano respirare soltanto per qualche attimo al giorno: provate ad immaginarle come delle persone indifese, provate ad immaginare di prendervi cura di loro fisicamente. Guardatevi allo specchio appannato dal respiro e provate a fare la treccia alla vostra gemella malvagia, alla vostra ansia, alla vostra iperattività, al vostro principio di depressione e convincetele a stare a casa ad aspettarvi mentre andate un quarto d’ora al supermercato a fare la spesa. Ogni giorno dobbiamo confrontarci con qualcosa, soprattutto con noi stessi. A volte io se potessi mi prenderei a cazzotti come in un film di Bud Spencer, lanciandomi per aria con un pugno sullo stomaco e facendomi cadere di schiena su un tavolo di legno che si rompe in mille pezzi. Poi forse mi cucinerei pure dei fagioli, per festeggiare.
Like do you dance like you fuck
Or do you dance like you make love
Questo video e quello di IUD (l’altro singolo bellissimo uscito quest’anno), addosso lasciano dei segni, dei solchi simili a quelli delle sedie sdraio trascinate sulla sabbia dopo il tramonto. Aprono la strada all’album “BOTH” in uscita prossimamente.
IUD inizia con la stessa villa immersa nel bosco di Dance Like U, stavolta illuminata dalla luce del mattino. IUD è una specie di meditazione intima sul sesso sicuro, accompagnata da un ritornello tanto orecchiabile quanto inusuale: “Baby you’re so baby, but I don’t want your baby.” Ballare con le mani, camminare mentre parliamo al telefono, scivolare sulle gambe appoggiati in un angolo della casa, desiderare di non essere incinte sono cose che facciamo abitualmente ma che in un video musicale non vedremo mai. Tranne questa volta, grazie alla dolcezza di Adinah Dancyger, regista di entrambi i video.
Appena apriamo il sito di Okay Kaya veniamo rassicurati da queste parole “I’M OKAY, YOU’RE OKAY”, e dopo un attimo di pausa e quattro passi entriamo subito in un suo video, in una sua canzone, in un mondo che non è questo dove viviamo ora, ma uno in cui le cose si possono toccare e accarezzare senza prenderle con forza e tirarle a sè. I movimenti delle mani, i puntini sulla pelle, le tende arrotolate sulla sbarra delle ballerine in palestra valgono più dei soldi, del tempo che corre velocissimo, delle relazioni che ci sentiamo in dovere di mantenere. Entriamo in un mondo che è esattamente quello in cui vorrei vivere, senza la paura di nascondere i miei pensieri (la mia gemella cattiva) ma perdendo tempo a guardare gli alberi fuori dalla finestra con i calzini arricciati sulle caviglie.
Aspettiamo l’album “BOTH” come se aspetta la primavera.