Alla sua terza edizione, Manifesto è ormai un appuntamento fisso per Roma nel passaggio di consegne tra l’inverno e la primavera. È un festival audace quello che si tiene quest’anno il 23 e 24 marzo al Monk: una rassegna che sa guardare con curiosità e personalità allo stato dell’arte dell’elettronica nazionale e internazionale e ne presenta le evoluzioni più interessanti, senza paura di essere eterogeneo o di parlare linguaggi apparentemente diversi e lontani.
Ecco i nostri 10 motivi – in ordine sparso – per non perdersi assolutamente Manifesto quest’anno:
1
Omar Souleyman dal vivo è un’esperienza mistica e irresistibile. (D)alla Siria, con amore.
2
Ogni anno che passa Go Dugong cambia sempre la propria formula, pur rimanendo fedele al multiforme ingegno. Chissà cosa ci riserverà stavolta, visto che al festival presenta il suo nuovissimo disco Curaro.
3
Nonostante non ci viva da vent’anni (o forse proprio per questo?) Alessandro Cortini è un vanto per il nostro Paese, e sarebbe riduttivo pensare che lo sia solo per essere finito a suonare nei Nine Inch Nails o essere stato tra i primi nostri connazionali a esibirsi al Primavera Sound. Ascoltare il suo Avanti per credere.
4
Nosaj Thing / laser show. Bastano queste 4 parole.
5
In un periodo in cui cantare in inglese per un italiano sembra più che un azzardo, Rhò se n’è fregato e ha pubblicato un disco audace e forte negli opposti come Neon Desert. Un altro release-party di Manifesto.
6
Ci aspettiamo grandi cose da Ghetto Falsetto, il prossimo disco dell’italo-canadese Bruno Belissimo. Intanto, ce lo facciamo spoilerare in pista da lui medesimo.
7
I Ninos Du Brasil fanno sempre una gran caciara live. Anche se siamo in Quaresima, sarà uno splendido colpo di coda del Carnevale. Vi risveglierete con i coriandoli addosso.
8
Di tutta la validissima cricca elettronica emersa in Italia negli ultimi anni, Indian Wells è tra i più talentuosi, ma anche tra i meno citati. Parliamone, parliamone, parliamone.
9
Dopo il rito sciamanico consumatosi lo scorso anno con i Dengue Dengue Dengue, non poteva mancare un pizzico di Sudamerica nella line-up di quest’anno. Ci penserà il colombiano – ma italiano d’adozione – Jhon Montoya a portarci tra le Ande.
10
Manifesto lo chiude Delphi: padrone di casa, orgoglio capitolino e metà dei Tiger and Woods.