Manca poco più di una manciata di giorni al suo concerto e l’aria, come recita una famosa canzone, sta diventando elettrica. Lo sapete meglio di me perché già l’avete vista qualche anno fa: St. Vincent dal vivo è sempre un evento, ma, v’avverto, questo tour si pregusta una mina e una manata che difficilmente scorderete.
Questo articolo è dedicato a tutti coloro col biglietto in mano e che non fanno altro, ogni giorno, che fare un countdown; ma anche agli altri che ancora non l’hanno – ditemi cosa aspettate, sono curiosa di saperlo, su.
Ecco a voi 9 (tutti ottimi!) motivi per non perdersi per nessun motivo al mondo St. Vincent dal vivo quest’anno.
1.
Ve lo dice direttamente lei: “il mio segreto dal vivo è che un terzo delle volte non sono sicura delle note che usciranno”. St. Vincent ha recentemente confessato durante un’intervista che il suo show “deve essere un’esperienza: potresti amarlo, odiarlo o uscirne stordito ma è difficile da dimenticare”.
2.
Squadra che vince non si cambia. St. Vincent dal vivo è accompagnata da oltre 7 anni dagli stessi musicisti: la fidatissima Toko Yasuda a chitarre, basso e synth; Daniel Mintseris alle tastiere e synth; infine Matt Johnson, il mitico batterista di Jeff Buckley. Ah, non assicuriamo che li riconoscerete: St. Vincent ne ha voluto proteggere l’identità con dei veli che li rendono simili ai ladri delle banche ma anche ai crash dummies.
3.
Perché le vecchie canzoni ripassate in salsa MASSEDUCTION sono incredibili. Tanto pe’ farvi capire: nella prima tranche del tour dell’ultimo disco ho assistito ad una rilettura di Birth in Reverse che pareva quasi techno-gabber, violentissima e perfetta per un autoscontro il sabato pomeriggio.
4.
Perché tutti, davvero tutti, abbiamo bisogno di una buona dose di latex. Almeno per due ore.
5.
Ammettelo, dopo aver visto il video (quel video!) di Fast Slow Disco non vedete l’ora di sentirla dal vivo – magari con un coro gospel dietro. Qualche piccola, succosissima curiosità riguardo questa versione: è stata nientepopodimeno che Taylor Swift a consigliare a St. Vincent di accelerare il ritmo alla traccia e di darle una veste tutta nuova, confezionata con amore da Jack Antonoff, suo amico e producer dell’ultimo disco.
Il debutto in società di Fast Slow Disco risale all’aprile scorso, durante il Coachella: poco prima del live, St. Vincent ha rivelato in un’intervista che la canzone, rispetto alla versione registrata in precedenza, sarebbe “gone a little South Beach”. La scena, assolutamente deliziosa, prosegue con un’espressione sorpresa dell’intervistatore che le chiede se intendesse dire sonorità caraibiche. Con fermezza Annie replica: “No, no, I mean gay disco”. Un paio di ricerche mi sono bastate per scoprire che South Beach è considerata la casa della comunità gay di Miami, una zona in cui pullulano un sacco di muscle boys amanti della disco.
6.
SPOILER ALERT! Alla fine del concerto *potrebbe* esserci una versione sublime acustica di Severed Crossed Fingers. Ve lo dico così preparate i fazzoletti.
7.
Incrociamo tutte le ditina e speriamo che ci faccia la cover delle The Crystals o Consideration di Rihanna.
8.
Uno dei motivi principali, in realtà: alla fine del concerto vi chiederete come fa il suo caschetto a non scomporsi mai. Invidierete la sua tenuta e, semmai vi capiterà di incontrarla un giorno, le chiederete lumi sulla lacca migliore. Perché lì non si muove nulla, porca zozza!
9.
E infine, tornati a casa, vorrete spararvi le sue stesse pose da guitar hero. Sì, anche se non suonate la chitarra.
St. Vincent si esibirà dal vivo mercoledì 27 giugno al Magnolia (Milano) e qui trovate tutte le info. Guai a voi se non vi vedo al concerto.