Le strade del nuovo quartiere che stanno facendo sui campi della Nomentana sono dedicati a quegli scrittori che nelle storie della letteratura vengono messi in blocco nell’ultimo capitolo, e trattati con affetto un po’ sommario. Vissuti a cavallo tra il XIX e il XX secolo, di qualcuno i libri si ristampano, di altri no; e ora hanno le loro strade, come si conviene a scrittori di vita modesta; strette, la maggior parte, e piene di curve. Meglio di niente. (…) Roma è lontana, dall’altra parte, e manda fin qui un boato sommesso. (…) In questi prati sconvolti vive dunque una classe che si va formando e che guarda le targhe coi nomi di quei poveri scrittori, chiedendosi chi mai saranno. Sono nomi di gente che vanno bene per le strade nuove, senza fognature, senza niente. Ma è già qualcosa. L’essenziale, per molti, è di trovarsi in città, di aver rotta la catena con la vita di campagna. Trovano tutto bello e utile. Breve discorso con un tale che mi confida: “Forse l’anno prossimo metto il telefono”.
Da Via Ettore Romagnoli si sbocca infine in piazza Pier Luigi Talenti. Forse scrittore anche lui? Comunque era parente del costruttore che ha lottizzato i suoi terreni in questa zona. Piazza Pier Luigi Talenti è assolata, alta sul colle, il punto migliore. L’aria qui è dolce, il sole riscalda l’asfalto di famiglia, l’evaporazione fa tremolare i prati e le piante attorno. Passano giovani coppie vestite a festa, tenendosi per mano, come al paese. Dalla veranda di una casa vuota si affaccia una donna con il marito: l’assistente spiega la mappa e indica il panorama. Pieno sole. Mutuo quinquennale.
Così, nel 1957, Ennio Flaiano raccontava sulla rivista Il Mondo la nascita di un nuovo quartiere a nord-est di Roma, ufficialmente denominato Monte Sacro Alto ma che già da allora e ancora adesso per tutti è semplicemente Talenti.
Da un anno a questa parte, a Talenti è nato un collettivo di artisti che si muove tra musica e arti visive, il cui nome gioca proprio con la zona di origine di buona parte dei suoi membri: Talenti Digital.
Attivo online per ora solo con un canale YouTube e presentatosi ufficialmente dal vivo a fine aprile con una serata alle Mura, Talenti Digital vanta alcuni nomi di cui si sta già parlando un gran bene dentro e fuori dal Raccordo, tra cui Bartolini e Puertonico che nelle prossime settimane saranno anche protagonisti del festival Roma Brucia.
La risposta del quadrante nord-orientale della Capitale alla 126 trasteverina? Per scoprirlo siamo andati a fare un giro con il collettivo nella loro Talenti.
Punto di partenza scontato: “Lo Zio d’America”, storico bar del quartiere.
Presentatevi.
Siamo un collettivo attualmente composto da 7 persone: Alberto Paone (batterista di Calcutta, ndr), Bartolini, Puertonico, Danny il Campione, Oriente e il duo di videomaker e fotografi 90 Cinque (Damiano Cioeta e Paolo Blarzino).
Abbiamo inaugurato il nostro canale YouTube il 9 maggio del 2017, cercando di non togliere troppe views a Liberato. Il progetto ha preso vita definitivamente quest’anno. Siamo legati da un rapporto di amicizia pluridecennale, in alcuni casi di parentela, ma aperti anche ad allargare le collaborazioni.
Prima di dar vita a Talenti Digital cosa facevate?
Niccolò, Alberto e Danny facevano parte dei Blooming Iris, Oriente abitava a Berlino, Bartolini a Manchester.
Oggi Danny abita a Londra e Niccolò a Milano, mentre tutti gli altri sono a Roma. Siamo un collettivo eterogeneo in cui ciascuno ha fatto il suo percorso e alla fine abbiamo deciso di unire le forze concettualmente.
Come siete arrivati alla nascita di Talenti Digital?
Oriente: Alberto, reduce dalla sua esperienza con Calcutta, un giorno ci ha proposto di provare tutti a cimentarci con l’italiano.
Alberto: Passavo mesi a cercare nuova musica da ascoltare a livello nazionale, finché non ho realizzato che ce l’avevo in casa.
Danny: Ciascuno di noi aveva del materiale pronto, abbiamo deciso di lavorarci insieme, ognuno con la propria identità ma uniti negli intenti.
Tutti i vostri progetti musicali sono in lingua italiana.
Ci esprimiamo in italiano perché è la lingua che sentiamo più nostra, ma è una scelta che contestualizziamo con un obiettivo di ricerca che guarda fuori dai nostri confini, che siano quelli del quartiere o quelli del continente.
Perché la scelta del nome Talenti Digital?
O: L’idea del nome è mia e all’inizio non ci ha visti d’accordo, anzi. C’era chi diceva che sembrava il nome di una copisteria. In verità, il termine digital esprime il mezzo con cui lavoriamo, visto che alcuni di noi vivono lontani da Talenti. Il digital ci permette di rimanere sempre in contatto e di uniformare il nostro agire artistico mantenendo l’attenzione l’uno sui progetti dell’altro.
A: Io non ero convinto, avevo paura che il riferimento a Talenti come quartiere non venisse colto e che suonasse arrogante.
A Roma ci sono tanti quartieri con una forte identità, da Garbatella a Trastevere passando per Centocelle o San Lorenzo, mentre Talenti non ne ha una definita. È periferia ma non è borgata, è circondato da borgate ma è residenziale: è un posto di passaggio, un via vai dove incontri storie difficili e la cosiddetta “gente di buona famiglia”. Prima che sorgesse il centro commerciale “Porta di Roma”, a Talenti finiva la città e comincia la campagna. Negli anni ho visto nascere tante realtà qui, è pieno di sale prove. È un posto a cui apparteniamo tutti, anche semplicemente per averci fatto il liceo. Quando ero in tour con Calcutta lui mi presentava a tutti come “il ragazzo di Talenti”, alla fine abbiamo capito che potevamo contribuire noi a dare un’identità a un posto che sembra non averne.
Quali sono i vostri metri di paragone?
Abbiamo anni di esperienza alle spalle ma vogliamo ancora crescere. Il nostro metro di confronto non è la scena romana o quella italiana, non vogliamo essere autoreferenziali. Nel momento in cui un Childish Gambino fa un video come quello di This Is America capisci che l’asticella si alza ogni giorno di più.
L’artista che vi accomuna tutti a livello di gusto?
James Blake.
Qual è l’elemento di novità di Talenti Digital?
È prematuro pensarci e non sta a noi dirlo, ma sicuramente il nostro emblema è l’assoluta eterogeneità, senza regole precise e senza seguire filoni. Siamo un collettivo open-source che non vuole imitare nessuno, accomunato da una poetica univoca. Talenti Digital non è solo eterogeneità musicale, ma anche interdisciplinarietà tra videomaking, grafica e fotografia. Ci confrontiamo su ogni fronte, anche solo a livello di gusto e prescindendo dalle competenze tecniche.
Ora stiamo seminando e intravediamo scenari di autosostenibilità che ci fanno ben sperare.
Il vostro obiettivo?
Vogliamo accomunare persone con gusti diversi e di estrazione variegata.
Possiamo dire che la 126 vi ha indicato la via?
Assolutamente sì, la 126 per noi è stata un esempio, un modello credibile di qualcosa che fino a 2-3 anni fa sembrava assolutamente impossibile.