Da diverse fonti preannunciato come il disco più accessibile della carriera di Oneohtrix Point Never, “Age of” ad un primo ascolto risulta, senza ombra di dubbio, l’esatto contrario. Magia della promozione ai tempi di Internet forse, fatto sta che questa volta Daniel Lopatin si è circondato di collaboratori d’eccezione e di sicuro richiamo – tra gli altri James Blake nelle vesti di co-produttore, Anohni e Dominick Fernow nelle vesti di vocalist – non certo per rendere più digeribile alle masse la propria musica. Sgombrato il campo da questo malinteso, resta all’ascoltatore trovare una chiave di lettura di un album labirintico, criptico, per certi aspetti perversamente ostico e caotico. Un album da mettere necessariamente in prospettiva. Chi scrive lo interpreta in due modi. Da una parte, come una specie di “Sign O´ the Times” in versione 2018 , una fotografia impietosa e sconsolata dello stato delle cose sul pianeta Terra nell’era del rinato oscurantismo e dei novelli Erode. Dall’altra, il tentativo di Lopatin – che dalla sperimentazione ed avanguardia musicale proviene ed a cui, nonostante tutto, ancora appartiene – di scomporre e ricomporre tutto il suo know-how di musicista e produttore in un formato che includa songwriting tradizionale, musica classica e pre-classica, new age, PC music, glitch, rumorismo e quant’altro ancora, forse nel tentativo di liberarsene per sempre. Ovviamente, un esperimento così pensato può solo generare una sensazione di claustrofobia ed inquietudine costante in chi ascolta, e forse proprio questa era l’intenzione di un produttore che, a prescindere dal risultato finale di un disco fatto per essere assimilato con i giusti prerequisiti e sulla lunga distanza, resta uno dei più interessanti, colti e creativi attualmente in circolazione.