Schizofrenico. È stato l’aggettivo che ho avuto stampato in mente per tutta la durata del primo episodio della prima stagione di Rick & Morty. Non avevo visto mai niente del genere su uno schermo, questi ritmi folli nell’azione e questo continuo saltare da un argomento all’altro, dal più profondo al più leggero.
È stato come salire sulle montagne russe, scendi confuso e leggermente disturbato, ma allo stesso tempo pieno zeppo di adrenalina ed euforia e non vedi l’ora di fare un altro giro. Con tre stagioni all’attivo e una quarta in dirittura, oltre all’imminente rilascio della colonna sonora ufficiale in vinile, si possono tranquillamente esplorare tanti discorsi diversi. Principalmente sul perché la creatura di Dan Harmon e Justin Roiland sia così affine sotto diversi punti di vista al rap (no, non solamente per l’apparizione di quel nerd di Logic).
Partiamo dallo stesso Dan Harmon. Prima di approdare alla co-creazione e co-sceneggiatura di Rick & Morty il simpatico barbuto del Wisconsin è stato creatore e sceneggiatore di un’altra serie comedy, che seppur non molto conosciuta al di fuori degli Stati Uniti è un caposaldo contemporaneo del genere che ha contribuito ad alzare l’asticella di scrittura in tutto il mondo televisivo: Community. Ambientata in un Community College, la serie gira intorno alle esistenze sfigate di un gruppo di studio formato da persone con personalità ed estrazioni sociali agli antipodi, che imparano piano piano a conoscersi ed amarsi, crescendo insieme. Già in queste sei stagioni rap e hip-hop fanno la loro comparsa più volte, in gag e citazioni molto sottili, ma anche in modo volutamente esplicito, soprattutto per la presenza nel cast di un non ancora affermato Donald Glover, protagonista in un paio di scene di freestyle esilaranti insieme alla co-star Danny Pudi:
In Community la scrittura di Harmon era già su un altro livello rispetto alla maggior parte del palinsesto americano e non; inoltre erano già presenti le caratteristiche che poi sono si sono affinate all’estremo in Rick & Morty, e che giustificano il titolo di questo pezzo. Una delle più importanti è sicuramente la libertà d’improvvisazione concessa agli interpreti, che se in uno show “canonico” con attori in carne ed ossa non desta troppe curiosità, in una serie animata al contrario suscita più domande e lascia sbalorditi di fronte al risultato: in pratica stiamo parlando di un vero e proprio freestyle. La mente dei doppiatori della serie lavora in un modo molto simile a quella di un rapper che si trova coinvolto in una “battle” con un altro MC, elaborando immagini e risposte delle più eterogenee e sorprendenti, con improvvise punch-line e picchi di violenza verbale che lasciano senza fiato:
“I think you might want to major in shutting the fuck up Summer”
La velocità del pensiero creativo di Justin Roiland è pazzesca, considerando anche che passa con disinvoltura da un personaggio all’altro, cambiando completamente tono di voce: un’operazione che è molto simile a quella che compie Kendrick Lamar.
Il rapper di Compton è infatti quello che usa sicuramente di più le potenzialità della propria voce per interpretare un personaggio o uno stato d’animo, passando attraverso tutte le alterazioni immaginabili dello strumento umano con una naturalezza disarmante.
È un’altra però la caratteristica principale che due entità così diverse come una serie tv ed un genere musicale secondo me condividono in modo sorprendente, ed è il modo di raccontare in modo perfetto e come nessun altro la realtà che ci circonda, usando anche modalità per certi versi simili. Entrambi lo fanno, così come dicevo all’inizio, in modo prettamente “schizofrenico” inteso come sdoppiamento e commistione di elementi alti e bassi, profanità e poesia. La contemporaneità che viviamo è composta da un’infinità di facce che spesso guardano in direzioni opposte e sono in contrasto fra loro, da sempre rap ed hip-hop ne sono l’interprete musicale più verace e diretto, senza filtri.
Da sempre inoltre, spesso e volentieri riescono a mettere d’accordo alcune di queste facce così diverse, come sul piano musicale anche su quello sociale tramite liriche che non lasciano scampo. Basti pensare a come il rap sia il fulcro della gran parte delle novità musicali più eccitanti, nate dall’incontro fra suoni e musicisti così diversi fra loro, o come nel tempo l’ascoltatore tipo del genere si sia allargato fino a rendere superflua la concezione stessa di “ascoltatore tipo”. Rap e cultura hip-hop questo lo fanno ad un livello molto pratico e visibile ad occhio nudo, mentre Rick & Morty vive ad un livello più pragmatico e “filosofico” ma comunque molto, molto, simile.
I momenti in cui Rick parte in dissertazioni sulla vita, l’universo, l’amore e insomma tutto lo scibile hanno un ritmo talmente serrato che neanche le migliori barre di Tedua, colpiscono con una violenza pazzesca lo spettatore come un montante sparato dallo stesso Mario in palestra. Quei momenti in particolare hanno la capacità di smontare completamente, in una manciata di secondi, i più comuni e rassicuranti dogmi umani, lasciandoci pensosi e scomposti. Rick, così come un rapper X, prima ancora di parlare agli altri parla a sé stesso. La cosa meravigliosa è che la “distruzione”, approdo ultimo di questi sproloqui, è solo un mezzo per la costruzione di qualcosa di migliore, per far intendere che accettare di esser scomposti e di raccogliere i nostri pezzi andati in frantumi è ok. È proprio questo infatti ciò che ci rende tutti simili e sulla stessa barca: raccogliere e mescolare i propri frammenti a quelli degli altri crea un essere umano più sereno, evoluto ed in pace con sé stesso e le altre persone.
L’efficacia di questi momenti della serie deriva dal realismo estremo e cinico delle parole dei personaggi, perfettamente ancorate alla realtà sociale umana proprio come le liriche più ispirate dei migliori rapper odierni, nonostante poi magari la scena sia ambientata in un’astronave abitata da alieni dalle forme più diverse.
Dovremo aspettare ancora un bel po’ per vedere la nuova stagione di Rick & Morty, ma a breve avremo la colonna sonora, e invece di album hip-hop quanti ne vogliamo. Continuiamo ad ascoltare musica cercando di avere l’approccio critico, semplice, diretto e sacrosanto dell’eroico Ice-T, comparso in una puntata della seconda stagione della serie:
“troppo sviluppata, troppo poco sviluppata, una brutta canzone è solo una brutta canzone”