Graffiti dei ≈ Belize ≈ è uno dei dischi italiani che più stiamo ascoltando questa estate, e siamo certi che vivrà rigoglioso anche dopo la fine del caldo e delle giornate al mare. Esotico al punto giusto, pop con intelligenza, fresco e attuale negli arrangiamenti e nell’estetica, lo ricorderemo nelle classifiche di fine anno (ma non pensiamoci ora).
Abbiamo chiesto alla band di Varese di raccontarci Graffiti traccia dopo traccia.
A LEI
A lei, o da noi soprannominata “lasciate ogni speranza voi che entrate”.
È probabilmente la canzone che ci rappresenta di più a livello testuale e strumentale, l’abbiamo messa come prima apposta, se non ti piace questa canzone, vuol dire che di base non facciamo per te.
C’è tutto quello che ci piace sentire anche in altri artisti, batterie grosse prese dal mondo hip hop, pianoforte, interventi di chitarra, synth (prophet 6), campioni di voce (che poi in realtà è un preset del Casio Sk1) e un testo di quelli “importanti”. Inizialmente doveva essere un pezzo molto alla DJ Shadow bello “incazzato”, ma con l’evolversi delle cose è diventata forse la canzone più strutturata del disco.
PIANOSEQUENZA
È da un po’ che facciamo un gioco per capire se i giri che scriviamo funzionano o meno ed è immaginare (o addirittura riscrivere) le canzoni come fossero suonerie polifoniche del 3310. Con questa esce una super suoneria, provare per credere.
Per il resto questa è sicuramente la canzone più importante di tutte quelle che abbiamo scritto, nel video Riccardo la canta come se fosse un vocale WhatsApp, non a caso gran parte delle frasi arrivano veramente da lì. Ora lo sapete, se mandate un messaggio a Riccardo su WhatsApp c’è un altissima probabilità di finire in una delle nostre canzoni, alla faccia dei diritti SIAE.
BUENOS AIRES PT.1
Metti insieme: ascolto in loop di ? di XXXTentacion, la lettura de I detective selvaggi di Bolaño e Bestiario di Cortázar, avere un po’ voglia di sperimentare con qualcosa di diverso (testo, struttura) ed essere anche decisamente in ritardo con la consegna del disco.
IRIDE
Nonostante la musica che proponiamo sia di base “pop”, Riccardo e Mattia hanno una bella passione comune per la musica elettronica filo “rave” o “hardcore”, ma la approcciano in modi molto diversi: il primo la ascolta alle serate, il secondo la fa in cameretta. Questa canzone nasce dall’insieme di tutto, esperienze vissute in quei contesti, e smanettamenti con il modulare per ricreare quei suoni. Pensiamo che questa sia la canzone dove musica e testo siano più legati in assoluto, con la musica abbiamo cercato proprio di ricreare le immagini create dal testo… se poi ci siamo riusciti o meno boh, w la droga.
NON APRITE QUELLA PORTA (feat. Mecna)
Volevamo fortemente un featuring con un rapper italiano anche in questo disco e un po’ per gusto nostro e per il tipo di sound che propone abbiamo chiesto a Mecna se volesse collaborare con noi. Ci ha detto di sì e non rimaneva che proporgli qualcosa. Siamo andati a ripescare dai nostri vecchi provini e abbiamo optato per quella che oggi si chiama Non aprite quella porta in origine RGTN in quanto aveva una forte componente reggaeton mista a chitarroni pieni di Fuzz e Whammy (scusate ma ogni tanto mettiamo info tecniche per gli amici nerd).
Non avrebbe avuto senso, per il nostro modo di far musica, ripetere qualcosa di simile ad altre nostre canzoni o peggio ancora di simile alle canzoni di Corrado, per cui sì il reggaeton (ma con un beat creato campionando i suoni della cucina di Mattia), sì i cassoni dritti e sì anche i chitarroni.
GRAFFITI
Secondo le statistiche tra i primi brani che l’ascoltatore ascolta di un disco c’è la title-track e noi siamo così scemi ovviamente da farla strumentale.
A parte gli scherzi, è un po’ tirarsi la zappa sui piedi, ma c’è un motivo per cui questa è la terza volta su tre dischi in cui la title-track è una traccia strumentale, ovvero che la cosa che più di tutte ci rende ancora una band in questo mondo di cantautori è che negli anni abbiamo creato un suono che sentiamo nostro, può piacere o non piacere, ma per noi è come un figlio, ed è la cosa che dopo 4 anni ci tiene ancora legati. Per cui sì, la strumentalona rimane una delle tracce più importanti per noi e per i nostri ❤❤❤.
FISHER PRICE
Uno degli esperimenti più belli a livello personale del disco. Abbiamo avuto la possibilità di lavorare con Dario Faini e non ce la siamo lasciata scappare, infatti questa canzone è prodotta da noi e Giacomo Carlone (come il resto del disco), ma arrangiata insieme a Dario.
_DUE CURIOSITÀ A CASO:
1) inizialmente “ora io uccido draghi, ma tu evadi prigione da sempre” doveva essere la prima parte della seconda strofa, ma a Dario è piaciuta così tanto che ci ha proposto di farla diventare la frase principale del ritornello. Provato, figata, andata.
2) in una delle tante sere che abbiamo passato al Rainbow Café di via Tadino (MI) ne abbiamo bevute un paio (4000) con Motta a cui abbiamo fatto ascoltare la traccia e ci disse “ragazzi è un bellissimo brano, ma secondo me il castello della Fisher Price non è una citazione che possono capire tutti”. È vero, aveva ragionissima, ma ancora oggi non ci viene in mente niente di più bello di quel castello lì.
BUENOS AIRES PT.2
Dopo aver scritto la Pt.1 abbiamo pensato di allungarla e per farlo volevamo che a metà canzone pianoforte e chitarra si invertissero le parti. Una volta registrate tutte le chitarre e inserite le batterie (registrate con 3 microfoni, nota per i nerd) ci siamo accorti che poteva funzionare da sola e il minuto e trenta della pt.1 per noi era giusto così, dire quello che c’è da dire senza troppi sfarzi e ripetizioni.
Il testo e il video sono un ricordo che vogliamo lasciarci di questi anni, dei nostri amici, di Milano e di Porta Venezia.
I più attenti avranno notato che Riccardo nella PT.1 dice “la morte è un’alba sull’asfalto” mentre nella PT.2 “ci faremo una promessa… ci ricorderemo le nostre albe a Buenos Aires”, certo perché che ansia le albe, perdere tempo, ma che belli i ricordi che portano.
BARCA
Noi siamo degli scooterini a tutti gli effetti, in quanto fan di Luca (Generic Animal), ma anche perché condividiamo con lui la stessa provincia (Varese). Ci conosciamo da molti anni, da quando Luca sostituiva Eugenio al basso nei Gouton Rouge e c’è sempre stata molta stima reciproca.
Siamo stati in studio insieme due volte. La prima Luca ci ha detto “mi piacerebbe fare un pezzo in maggiore, o comunque diverso armonicamente da quello che fate di solito, un po’ come fosse una sfida” e abbiamo registrato solo delle chitarre. La secondo volta in mezza giornata abbiamo fatto tutto il resto: testo, partito da un input di Luca (“mio nonno diceva sempre che c’è un tappo in fondo al mare”), batterie, synth (qui presenti un casio sk1, prophet 6 e un korg minilogue) etc etc.
NUOVO CINEMA NORMALE
Durante un viaggio Varese-Foggia andata – ritorno boh, grazie ad un cavo doppio aux abbiamo messo nell’impianto del furgone la playlist “STRONG BLACK BACK BEAT” (una compilation con i beat più seduti dell’Occidente abilmente edita dal nostro Mattia) e un Critter and Guitari Organelle (un synth per i meno avvezzi) per suonarci sopra qualcosa, ed è così che nasce Nuovo Cinema Normale. Il testo è ricco di citazioni più o meno esplicite, però ragazzi, la prossima volta che qualcuno ci chiede “cosa vuol dire so che hai una taglia sulla testa ed io un astronave” o “perché lì dici Bepop” ci incazziamo, non è possibile che non abbiate mai visto Cowboy Bebop. NON È POSSIBILE.
SUPERMAN
Anche soprannominata “il parto” è la canzone che è stata più difficile da scrivere, vuoi un po’ perché viene prima di tutte le altre e forse è anche quella con cui abbiamo definito di più il sound che volevamo proporre, ma ci abbiamo veramente perso l’anima.
Eravamo sul punto di abbandonarla quando abbiamo visto il lavoro visivo che stava facendo Aloha Project su un vecchio provino di Superman. Da lì abbiamo deciso di perdere l’anima, ma finire la canzone.
BROTHERHOOD
Abbiamo deciso di chiudere il disco con la canzone a tratti più intima e malinconica, ma anche con il messaggio più positivo. Volemose Bè.
Chiudiamo con un messaggio per i nerd: la batteria elettronica usata nel disco è una Korg Rhythm 55B che non ridaremo mai al suo legittimo proprietario (Marco Ulcigrai de Il triangolo / Le luci della centrale elettrica / Ministri).