Avete presente i bignami?
Quei libricini che in era pre-connessione 4G in classe hanno salvato la vita a generazioni di studenti, contenendo informazioni essenziali sulle più disparate materie, dal latino e greco alla psicologia.
Quello di comporre un bignami non è mica un compito semplice: serve un’approfondita conoscenza della materia, una padronanza tale che permette di ridurla ai suoi concetti essenziali, senza snaturarli, ma anzi nobilitandoli e rendendoli immediatamente comprensibili.
Nel suo ultimo disco, OMNIA – titolo decisamente programmatico, Capibara riesce nell’intento di comporre un piccolo bignami di musica elettronica, soprattutto di quell’elettronica che uno come lui, romano e classe 1989, ha vissuto realmente sulla sua pelle.
Secondo le sue parole: “Sono cresciuto ascoltando hip hop in una città in cui per riflesso assorbivo anche il culto della techno. E, contemporaneamente, sono stato sempre influenzato dai ritmi della dancehall e del reggaeton, che sia dai club che dalla strada mi entravano fin dentro casa.”
Essendo anche io romano, devo dire che fatico a trovare una migliore descrizione della mescolanza dei vari ritmi che fanno ballare Roma. Dal GOA alle serate techno all’Università la Sapienza, agli appuntamenti hip-hop storici come il Welcome To The Jungle e i più recenti come Touch The Wood, ai club di musica sudamericana e quella Radio Mambo che per lo meno tre romani su cinque ha salvato nell’autoradio fra le stazioni preferite.
C’è tanto della capitale nel nuovo disco del cofondatore della White Forest Records; in questo suo essere lungo (più di un’ora) e barocco, a tinte scure ma intriso di una forte vitalità ed esplosività, una vena di follia creativa che attraversa un po’ tutte le tracce proprio come attraversa la città. In questo senso il singolo Santa Roma, accompagnato da uno splendido video, è un vero e proprio manifesto.
Qui, la purezza delle forme classiche di monumenti e statue romane si scontra con gli scorci del decadente paesaggio urbano, con una glitch art che in qualche modo riesce a far convivere i due immaginari in modo entusiasmante; il tutto accompagnato dalla progressione sonora del brano, che inizia sulle note di una chitarra acustica, lasciando presto il passo ad un’ossessiva, vibrante ed organica batteria techno che entra in testa e nei piedi con una facilità impressionante.
È una frase che viene spesso usata troppo e a sproposito ma in questo caso è decisamente vera: OMNIA non è un disco che si può ascoltare solo una volta se si vogliono apprezzare veramente tutte le sfaccettature di cui è composto. Sarà per la lunghezza totale o per quella di alcuni brani, ma il lavoro ha bisogno di più ascolti, per riconoscere al meglio le varie anime che abbiamo già descritto. Ed è anche per questo che mi piace servirmi dei due video usciti per sviscerare il lavoro, perché le bellissime immagini di entrambi sono veramente una chiave di lettura importante del disco.
Fantino è affidato a Land-Ho, altra eccellenza romana, studio creativo che ha lavorato con i più importanti nomi della scena indipendente e a tantissimi altri progetti interessanti; ambientato principalmente davanti all’ex cinodromo di Roma, ovvero l’Acrobax, uno dei luoghi più importanti per la scena musicale underground romana, soprattutto nella parte centrale degli anni 2000. Di quegli anni, infatti, viene recuperata anche un’estetica un po’ gabberina, che Roma ha sempre fatto molta fatica a lasciarsi alle spalle, e dei suoni, con quei synth sul ritornello, che non so spiegare neanche bene perché ma faranno godere chi andava alle serate romane di quegli anni.
Non c’è solo un recente passato nell’ottimo lavoro di Capibara, ma anche il presente – e il futuro. Fra i brani più interessanti troviamo infatti il featuring con i nuovi campioncini della trap di scuderia Asian Fake, i Sxrrxlwnd, che con La Crème firmano uno dei pezzi più particolari del lavoro, grazie ad un flow interessantissimo e alla produzione particolare del nostro che si incastrano benissimo l’uno con l’altro. Ovviamente anche il featuring con i Dengue Dengue Dengue è in questo senso molto indicativo, parlando di sonorità sudamericane aggiornate e mescolate all’elettronica più interessante il duo colombiano è una totale sicurezza, e Mandria è infatti un brano incredibilmente riuscito.
“OMNIA è quindi il risultato dei miei ascolti, delle mie ricerche, delle mie passioni, ma anche delle mode degli altri, degli ambienti degli altri, delle volontà degli altri, che ho finito più o meno implicitamente per assorbire. Per certi versi, OMNIA non è strettamente una mia fotografia, quanto un ritratto di come vivo la mia generazione”.
Questo tema generazionale è molto interessante. Oggi ascoltiamo veramente di tutto, proveniente da qualunque paese esistente sulla faccia della terra; spesso quindi la formazione di un’identità per una città o, per l’appunto, di una generazione, è subordinata alla bruciante ansia di ascoltare tutto e subito – consumare tutto e subito. Come afferma lui stesso, in questo senso, possiamo considerare il lavoro di Capibara come il tentativo di definire un qualcosa che è per natura molto sfuggente e precario, soprattutto per una città frammentata e complicata come Roma.
Nel fare ciò l’approccio scelto è interessante: il disco suona organico e allo stesso tempo frammentario, le diciassette tracce stanno bene insieme, ma non farei fatica a immaginarmele appartenere a progetti dedicati magari a una sola fra le inclinazioni espresse; che so, ad esempio un disco di techno dai suoni moderni (Cattivi United), o di elettronica colta (Ultra Pop ove Song), o di raggaeton e dancehall storta e particolare (Tsungere, altro picco del disco).
La scelta di far convivere il tutto è coraggiosa e viene premiata dall’eterogeneità dei suoni, efficacissima nel raggiungere lo scopo ricercato da Capibara e anche testimone del suo talento, nel saper essere a proprio agio e decisamente sopra la media in così tanti generi diversi.
““OMNIA” nasce dall’idea che l’uomo è il risultato dell’ambiente in cui vive.
Ognuno di noi è il frutto di dove è nato, di dove e con chi è cresciuto: l’ambiente passivo (quello che viene imposto dalla nascita, dalla scuola, dal lavoro) e l’ambiente attivo (quello a cui l’individuo sceglie attivamente di partecipare): cresciamo con questo contrasto tra le cose che scegliamo e le cose in cui ci ritroviamo.
Entrambi questi ambienti hanno influenza su tutti, così come su di me“.