K-Conjog suonerà domani nella mia e nella sua città, Napoli, per presentare l’ultimo album Magic Spooky Ears, uscito a novembre per Schole Records.
Se non l’hai già fatto, devi recuperare questo gioiellino prezioso messo al mondo da Fabrizio Somma e anticipato dai singoli Millenials Otters, Cheeks e Same Old Grace (con video di Francesco Lettieri).
Perché un album che ha un equilibrio perfetto di pieni e vuoti, che naviga elegantemente in un oceano di freddi sintetizzatori senza mai perdere la bussola dell’emozione.
Ascoltalo qui e poi recupera il racconto traccia per traccia qui sotto
What Begin Began
Quando mi sono finalmente deciso di rimettermi al lavoro su un disco nuovo non avevo una direzione precisa, sapevo solo (e non è cosa da poco) di non voler ricadere in quelli che erano i meccanismi passati della mia produzione. La voglia era quella di lasciarsi alle spalle un modus operandi ormai saturo e troppo orientato ad un’unica direzione emotiva.
“What Begin Began” è un brano selvaggio, sporco, psichedelico dove i loop si accavallano l’uno sull’altro senza mai farsi la guerra creando un’ unica pasta sonora.
Quando consegnai le tracce definitive a Schole per il mastering proposi anche una tracklist alternativa senza “What Begin Began” e la risposta di Akira Kosemura (A&R dell’etichetta) fu tanto gentile quanto categorica: “No, ascolto il disco da mesi così e lo pubblicheremo così”.
Onestamente non le l’aspettavo e non mi opposi neanche un po’.
Anche perché Akira è uno dei miei pianisti contemporanei preferiti.
Kingpink
Mi piace associare delle parole o dei colori ai brani che faccio, questo aiuta a creare durante la produzione un immaginario che facilita molto la scrittura.
La parola “kingpin” mi risuonava parecchio in testa ed il suono dei synth finali li associavo ad un colore rosa o violaceo.
La crasi è avvenuta in maniera abbastanza naturale.
Nonostante tutto questo colore (nella mia testa), “Kingpink” è un brano oscuro, anche un po’ molesto.
Ce lo vedrei bene in qualche serie tv o in qualche videogame d’azione di ultima generazione.
Se c’è qualcuno che si occupa della ricerca di brani da inserire in serie o giochi, questa è la sua occasione.
Fatemi diventare ricco.
Same Old Grace
Non ho mai scritto una canzone con un testo in vita mia prima di “Same Old Grace”.
Ovvero, c’ho provato ma il risultato non mi sembrava mai convincente per cui ho abbandonato ancor prima di cominciare.
La cosa mi è sempre dispiaciuta tantissimo perché mi piace cantare, anche se non sono un cantante provetto.
Ma questa volta è stato tutto diverso: da una parte sentivo sul serio di aver cambiato suono ed approccio, complice anche il fatto di aver venduto tutta la vecchia strumentazione per acquistarne una nuova (di cui sto ancora pagando le rate), dall’altro, forse contrariamente a prima, questa volta avevo veramente qualcosa da raccontare.
Il brano parla di tutte quelle difficoltà presenti nel percorso di ognuno di noi che vale la pena affrontare se si vuole raggiungere un obiettivo, a prescindere da quale esso sia, e l’ho scritto per la mia compagna.
Ero a letto con 39 di febbre, 3 accordi in testa, un Guitalele, carta e penna.
L’ho scritta così.
Quando la tachipirina faceva effetto mi alzavo per andare ad abbozzare un arrangiamento.
Il video è diretto da Francesco Lettieri, vecchio amico ed una garanzia vera e propria (e non necessita di presentazioni) e le animazioni di Alessandro Gabini fanno davvero la differenza.
Millennils Otters
Insieme a “Same Old Grace” è stato un po’ la svolta.
“Millennials Otters” mi ha dato la conferma che un altro modus operandi è possibile e mi sono divertito non poco a scriverla.
In questo brano escono fuori molti degli ascolti fatti in quel periodo, come la synth music ’80 e similari e cercavo qualcosa che unisse i synth, la drum machine dritta, a suoni più orientati alla world music.
La parte finale ne è la dimostrazione.
Il video del brano è diretto e realizzato interamente dal bravissimo Giuseppe Santillo che ha curato anche tutto il lato grafico del disco (con l’ausilio di Fabio Catapano per il design finale).
Sono soddisfattissimo del lato visivo di “Magic Spooky Ears”, senza contare che farsi fare lo scan 3D è stato divertentissimo, e posso solo ringraziare Giuseppe ed il suo lavoro straordinario per questo.
Love Walks on Unexpected Ways
Prendi un tema musicale centrale e declinalo quante più volte possibile in contesti sempre diversi, dall’afro-beat all’indie folk californiano, e vedi quello che succede.
Mi piace pensare che alcuni brani hanno più di una declinazione possibile, dopotutto la scelta è sempre di chi scrive su quale direzione prenderà un certo contesto sonoro.
Come nei rapporti tra persone.
Replica
“Replica” è una semplice quanto onesta ammissione di provenire da un mondo specifico.
Credo, negli ultimi 15 anni e più, di aver consumato non poco “Selected Ambient Work” di Aphex Twin.
Avevo creato un suono di synth acido abbastanza da ricordarmelo, un giro di piano talmente delicato da poter essere ascoltato ad libitum per cui il gioco era già fatto.
In sottofondo, come in lontananza, si può notare una ritmica (molto anni ’90) che fa eco a qualcosa che è avvenuto ed è già passato.
Gli anni 90/00 sono e rimarranno i miei decenni di formazione, vengo da lì.
E questa è la mia versione dei fatti.
O una replica.
Old Enough to Look Young
Questo è l’ultimo brano che ho scritto per il disco ed anche quello che sento più maturo dal punto di vista dell’utilizzo dei synth.
Il titolo anche mi piace particolarmente perché dice una cosa molto vera per me.
Trovo molto più “semplici” i trenta che i venti (ora ho 36 anni), forse perché ho avuto modo di capire delle cose importanti di me e questo mi ha dato la possibilità di potermi liberare da qualche zavorra passata.
Dopotutto prima o poi crepiamo tutti, no?
Monotone
Qui canto di nuovo.
Volevo creare un’atmosfera anni ’80 ricreando quel pathos tipico dell’epoca per poi inacidire il tutto con cassa dritta ed arpeggi di Moog.
Sto pezzo mi piace tantissimo e ne sono soddisfattissimo dal punto di vista della produzione.
No, non mi piacciono i Depeche Mode.
Preferisco i Talk Talk.
Cheeks
Guance, possibilmente morbide.
Mi piacciono i dischi french touch, quelli di Moroder, e tutto quello che abbia un suono saturato da un vecchio banco analogico.
Cheeks è delicato e convulso allo stesso tempo, una “passacaglia” come direbbe un amico.
Come già scritto in precedenza, ascoltando questo pezzo è impossibile per me non pensare ad una ragazza in bici costeggiare la Senna per raggiungere qualcuno o qualcosa.
Falcon
Falcon è il primo brano che ho scritto, ed è l’unico che riprende un discorso musicale per me ormai lontano.
Forse dopo averlo terminato ho sentito che il momento era quello giusto per lasciarsi i vecchi suoni alle spalle, che un corso era terminato per dare spazio a cose nuove e diverse.
Nonostante ciò, nutro grande affetto per le cose passate ed è anche per questo che mi sono sentito di terminare il disco nel modo in cui tutto è cominciato.