Secondo un’analisi del sito americano Quartz, le canzoni pop degli ultimi anni sono diventate sempre più brevi.
In particolare, tra il 2003 e il 2018 la durata media delle canzoni in classifica Billboard Hot 100 si è abbassata dai 3 minuti e 50 secondi ai 3 minuti e 30 secondi.
E il discorso, chiaramente, si estende anche agli album.
Se si prendono ad esempio gli ultimi tre album di Kendrick Lamar si vedrà come da good kid, m.A.A.d city a DAMN. la durata media di un brano si è abbassata dai 5 minuti e 37 secondi ai 3 minuti e 57 secondi.
Ed è questo un trend che si ravvisa anche per altri artisti di uguale fama, come Kanye West o Drake o, volendo uscire dal mondo rap, la stessa tendenza la ritroviamo anche nel percorso artistico di Eric Church o di Jason Aldean.
Il motivo per cui ascoltiamo canzoni sempre più brevi è l’avvento dello streaming: piattaforme come Spotify o Apple Music hanno cambiato le logiche di produzione degli artisti.
Un artista percepisce per singola riproduzione tra gli 0,004 e gli 0,008 dollari e questo guadagno scatta generalmente appena l’ascoltatore super la soglia dei 30 secondi: va da sé che fare un album di tanti brani brevi è più remunerativo che fare un album di brani lunghi.
Inoltre, ci annoiamo sempre più facilmente, per cui pare che un brano più corto sia maggiormente capace di attirare la nostra attenzione e abbia maggiori possibilità di restare impresso nella nostra mente rispetto ad uno più lungo.
Del resto, viviamo in un’epoca che ha sacrificato le parole in favore delle immagini e questo ha finito per tradursi, in ambito musicale, nella scelta da parte di alcuni artisti di ottimizzare gli spazi e monetizzare di più.