I feel like I’ve seen it all,
or maybe I’m just old.
(Toro Y Moi, Ordinary Pleasure)
“Outer Peace” è il sesto album di Toro Y Moi, e più che un disco sperimentale è davvero un esperimento.
E’ l’utilizzo della tecnologia come uno strumento, che non deve essere per forza un punto debole della creatività; è un tributo a tutti quelli che hanno avuto e hanno ancora il coraggio di sperimentare, di creare musica nuova, di assimilare nuove idee: dall’autotune di Bon Iver a James Murphy degli LCD Soundsystem (nominato nella traccia super funk Laws of the Universe).
E allora se tutto è nuovo e sconosciuto, che cosa ci spinge a non perderci nemmeno un disco di questo ragazzetto con il dolcevita arancione infilato nei pantaloni con la piega? La libertà di scegliere se ascoltare ogni cosa attentamente, o ignorarla completamente.
I suoni del disco arrivano alle orecchie da ogni parte, senza una provenienza precisa, come in un posto molto aperto o in uno molto chiuso. E ognuno di questi suoni ci dà sia la possibilità di studiarlo che quella di di ballarlo divertendoci senza recensioni, e in ogni caso quello che faremo sarà la cosa giusta da fare.
Freelance è il tema fondamentale dell’album, la ricerca di una rete di connessione tra persone talentuose e creative, il desiderio di manifestarsi all’esterno, di uscire dalla comfort zone e trovare un terreno fertile e pronto per noi e da condividere con gli altri. Un artista pensa continuamente a sé stesso, a quello che sta facendo, a quello che dovrà fare. Questo disco è per Chaz Bear una bellissima occasione per fermarsi un momento a respirare, uno spazio – da riempire e per riempirsi.
In “Outer Peace” si parla di automobili, di sogni, di traslochi e d’amore, tutto con un sottofondo dance da ballare con le dita a V davanti agli occhi (o con il passo dell’egiziano) e illuminati da neon colorati.
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\\ Due canzoni che non si assomigliano //
Miss Me sale come un’edera sulla facciata di una casa abbandonata. La voce di Abra (uno dei tre featuring del disco, assieme a Wet e Instupendo) infesta e ricopre tutto.
Ascoltare Ordinary Pleasure invece fa venire voglia di: mordere la frutta, baciarsi a schiocco le labbra, camminare al sole, farsi tatuaggi trasferelli, provare a vedere se siamo ancora capaci di fare la verticale addosso al muro, far decantare il vino, disegnare facce sui sassi, entrare in piscina con gli occhiali da sole, bere bibite gassate, suonare la tastiera, sorridere con le sopracciglia alzate.
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“Outer Peace”, al contrario dell’ultimo disco “Boo Boo” uscito nel 2017, non è molto complesso e cinematografico. Ma è un posto in cui ciascuno di noi troverà certamente modo di rinfrescarsi un attimo prima di ripartire. La pace esteriore, Outer Peace.
Questo disco è come quando ad una festa importante un amico tira fuori dalla tasca della giacca un sigaro, al momento giusto. Nessuno della compagnia sa esattamente come si fuma un sigaro, e sicuramente il gusto non sarà mai abbastanza buono da non lamentarsi, ma tutti per un motivo o per l’altro ameranno quel momento. I maschi hanno le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, le femmine slacciano le acconciature dalle forcine. “Mi raccomando, non aspirare!” E poi colpi di tosse, smorfie, risate, metà sigaro spento nel posacenere davanti all’ingresso.
Dai, ora rientriamo, a chi non è venuta voglia di ballare?
Who cares about the party?
I came to see the band play
(Toro Y Moi, Who I Am)