Molto probabilmente i vostri amici nerd, quelli che si leggono tutte le recensioni di Pitchfork, vi parlano dei black midi già da un bel po’. E se voi avete ignorato i loro inviti ad ascoltarli, metti per pigrizia o per scetticismo, adesso non avete più scuse. Non solo perché è uscito (finalmente) il loro album di debutto Schlagenheim, ma anche perché si esibiranno live al Club To Club 2019 il 1° novembre – quindi, meglio non perdere altro tempo.
Chi sono i black midi?
I media li stanno già definendo come la “best/most hyped band in the UK right now”. Loro sono Geordie Greep e Matt Kwasniewski alle chitarre, Cameron Picton al basso e Morgan Simpson alla batteria, quattro giovani amici del sud di Londra, ma provenienti da altre città, che si sono conosciuti alla BRIT School di Croydon. Fin qui tutto regolare, ma aggiungete che i ragazzi hanno talento da vendere, e lo hanno dimostrato in meno di un anno con una manciata di singoli e alcuni live che hanno alimentato il chiacchiericcio intorno a loro.
Per fortuna, in questo caso oltre il fumo c’è anche l’arrosto: vi basti sapere che i ragazzi hanno firmato per l’etichetta londinese Rough Trade, che hanno già diviso il palco con Damo Suzuki e Simpson, a soli quindici anni, ha vinto il premio Young Drummer of the Year. La scorsa settimana è uscito anche il loro primo album, Schlagenheim, per mettere in chiaro che questi quattro ragazzi vanno tenuti d’occhio.
Acclamarli come il gruppo rivelazione che sta rivoluzionando la musica indie inglese forse è presto (o no?), ma sicuramente stanno dando una bella scossa alla scena. Tutto merito del loro approccio sperimentale, ma diciamo pure “pazzo”, alla musica, che unisce l’attitudine indie a un innegabile talento tecnico. Già il loro nome la dice lunga, visto che con “black MIDI” si intende “un genere musicale che caratterizza i file musicali MIDI composti da un numero elevatissimo di note, al punto che essi non possono essere riprodotti in alcun modo da una o più persone, ma solo da software musicali” [Wikipedia].
Che musica fanno i black midi?
Come direbbe Tiziano Ferro: “non te lo so spiegare”. I black midi spaziano senza farsi troppi problemi esistenziali dall’art rock alla no wave, dal post-hardcore al jazz-core, passando tra heavy metal, noise e perfino hip hop.
Etichettare la loro musica, oltre che impossibile, sembra anche un’offesa alla loro creatività: lasciatevi, piuttosto, trascinare dai virtuosismi tecnici del loro album, tra riff acidi, accelerazioni improvvise, momenti ipnotici e assoluto caos. Tra un pezzo pindarico e l’altro, c’è posto anche per una “ballata” come Western, le cui sonorità armoniose addolciscono la pillola prima di beni caustici e spigolosi come Of Schlagenheim e bmbmbm – che sta per boomboomboom. Infine, si arriva a Ducter, ultima traccia, nonché il brano forse più rappresentativo della band: le sue sonorità cupe e l’atmosfere teatrale vi daranno un bel pugno nello stomaco, mentre riff distorti sempre più incalzanti finiranno l’opera lasciandovi spiazzati sulla sedia.
E poi lei, la voce di Geordie Greep, che si alterna al microfono con i suoi compagni, è qualcosa che ti entra in testa e non ti lascia più. Un timbro più unico che raro, passa da toni bassi a grida agonizzanti che ti inquietano come la prima volta che vedi It. Eppure ti piace e non puoi più farne a meno.
Insomma, se anch’io, come i vostri amici nerd, ho fallito nell’impresa di farvi ascoltare i black midi, ci penseranno loro stessi a farvi cambiare idea, con un live al Club To Club, il 1° novembre 2019. Occhio, mi dicono che sul palco sono pazzeschi.