Tōru
Anima Latina
Dovendo scegliere uno tra gli album di Battisti del periodo Mogol sarebbe impensabile per me non scegliere “Anima Latina”, un disco che senza alcun dubbio ha un valore artistico enorme ed unico. Mi sento di poterlo definire unico in quanto le sonorità raggiunte da Lucio in questo album sono il frutto dell’unione di vari generi che spaziano dalla musica etnica a quella elettronica: l’uso raffinato dei sintetizzatori che si legano dolcemente ai fiati , la base ritmica ricca di percussioni e le calde atmosfere acustiche, sono solo alcuni esempi della maestria compositiva dimostrata in questo disco.
Un disco in cui ti immergi sin dal principio, sin dai primi due colpi di cassa di “Abbracciala, Abbracciali, Abbracciati” : giusto un momento e ti ritrovi a fluttuare in aria su accordi di settima maggiore e riverberi lontani. Persino la voce sembra provenire dal “centro dell’universo”, lontana (scelta coraggiosissima fatta in fase di missaggio e assolutamente anti commerciale) ma dolce e cullante. L’album è una costante evoluzione, che passa da atmosfere sognanti a ritmi tribali come quelli “Due mondi” come in uno sviluppo continuo che si svolge persino negli stessi pezzi (come ad esempio in “Anonimo” ) . Sviluppi che però non cedono al facile vizio del progressive virtuoso: qui infatti non assistiamo a esibizionismi tecnici ma semplicemente a passaggi di orizzonti che si espandono uno dopo l’altro, scortandoti per mano passo passo. Sono canzoni melodicamente accessibili, ma ricche di piccolissimi ed importantissimi dettagli, usati in maniera metodica e quasi maniacale, come farebbe un pittore con delle leggere pennellate.
Battisti si avvale delle sue conoscenze armoniche apprese negli anni dalla musica inglese ed americana e le mescola con le nuove sonorità rubate durante il suo soggiorno in Sud America, filtrandole infine tramite la scrittura della forma canzone italiano e creando in questo modo un tipo di musica del tutto nuovo ed inedito. La “Title Track” ne è un esempio lampante: una canzone imponente ma fluida, che scorrendo ti conduce in un fiume di sonorità acustiche, di groove di basso e suoni sintetizzati fino a giungere all’outro del pezzo, un carnevale sonoro di percussioni, cori e fiati ( d’un tratto ti ritrovi per le vie di Rio de Janeiro senza neanche essertene accorto).
Non mancano certo i momenti ultra – sperimentali (simili al Battiato di Fetus) , come ad esempio ne “Il Salame” un capolavoro armonico in cui Battisti ridefinisce il concetto dell’osare: nei primi 40 secondi passiamo da un sintetizzatore che cupo serpeggia in atmosfere minori, a un delicatissimo carillon, un clavicembalo ed un folle pianoforte: tutti pronti a morire per lasciare posto alla voce di Lucio (stavolta calda e vicinissima) e ai suoi meravigliosi falsetti. Dopo una breve strofa , la sonorità del brano ritorna inaspettatamente cupa. Siamo solo noi, di fronte a questi bambini descritti nel brano: possiamo vedere la scena, avvertirne la tensione, trattenendo il respiro e avvicinandoci, fino a che ,di colpo , non appare una luce. Un accordo maggiore di chitarra, una frase. “Non senti niente? Neanch’io” e di colpo si schiude la meraviglia sonora in tutta la sua dolcezza. Il finale poggiato su un ritmo bossa nova poi è un tocco di classe.
Il disco si avvicina alla sua chiusura, passando prima dall’elegante intermezzo “La Nuova America” arrivando poi alla coraggiosa “Macchina del tempo”, brano in cui viene dimostrata ancora una volta la padronanza compositiva e soprattutto un’intelligentissima scelta di produzione recuperando durante il brano alcune campionature dei brani precedenti, un concetto modernissimo (che noi oggi definiremmo sample) ma per l’epoca del tutto visionario.
L’album si chiude con la deliziosa e psichedelica “Separazione naturale”, 1 minuto e 30 di pura bellezza, dignitosissima fine di quest’opera, delineando anche un’ottimo sviluppo nella scrittura dei testi di Mogol, in questo disco più onirici e sicuramente più coraggiosi.
Di “Anima Latina” si potrebbe parlare per ore, scrivere per pagine intere. E’ un disco che ci ribadisce un concetto che va oltre il semplice regolamento del mercato musicale: è un opera in cui non si è avuto paura di osare , di sperimentare, di rinnovarsi con coraggio. E’ un album che richiede, come tutte le cose più belle che abbiamo, una cura approfondita, nell’ascoltarlo , nel capirne gli orizzonti e apprezzarne il valore.
Il valore dello sconvolgere le regole prestabilite, dell’uscire fuori da ogni schema, dell’apprendere ciò che il mondo fuori di noi ci insegna facendone tesoro.
Valori che, purtroppo, vediamo spesso svenduti nel mondo dell’arte in nome della necessità e della concretezza.
Anima Latina è per me un disco fondamentale ed importantissimo , senza il quale non avrei probabilmente scritto alcune delle migliori cose che mi ritrovo adesso per le mani.
La mia speranza infine è che, adesso che questo capolavoro è praticamente accessibile a tutti , su tutte le piattaforme, possa donare ad altri, come le ha donate a me, nuove emozioni e “orizzonti più vasti”.