Lo scorso venerdì è uscito Latte Versato, il nuovo singolo di maggio e tanca (aka zteph), due giovani artisti a cui siamo molto affezionati e che seguiamo da un bel po’. Molto probabilmente avrete già ascoltato il pezzo, oppure tra poco lo farete, ma forse non tutti voi lo avete letto. Sì, intendo proprio leggere con attenzione per cogliere il “non detto” come si fa con una poesia. Perché, come spesso accade, e con maggio accade sempre, una rima, un verso possono intendere molto altro. E così Latte Versato diventa una finestra, forse un po’ appannata, sul mondo di maggio, quello intimo e stratificato che ci troviamo a osservare come viaggiatori nel tempo.
È forse la storia più vecchia del mondo, quella del difficile, complicato, ingarbugliato rapporto genitori-figli. I primi sempre sicuri di fare la cosa giusta per i secondi, o troppo leggeri nel valutare le conseguenze delle loro azioni, delle loro parole o dei loro silenzi. Mentre i figli spesso incompresi, incazzati e stanchi di comunicare, di farsi capire o di volersi aprire dadi genitori. Insomma, un bel casino, l’eterno scontro generazionale tra due vite tanto distanti quanto vicini, sangue dello stesso sangue.
E il singolo Latte Versato mi ha fatto proprio riflette sul rapporto padre-figlio. Non lo facevo da quando, l’anno scorso, ho guardato Lost, giungendo alla conclusione che l’unica cosa chiara della serie tv è che i genitori, che lo vogliano o no, finiscono sempre per complicarti la vita – o sicuramente quella emotiva. Se invece volete una reference più acculturata, posso citarvi il film “Che Ora È?” di Ettore Scola che quando l’ho finito ho proprio pensato oddio sembriamo io e mia madre. La lista di citazioni sul genere potrebbe essere lunghissima, ma quel che è certo è che no, i legami genitori-figli non sono tutti come le Gilmore Girls ci vogliono raccontare.
E cosa possiamo farci? A parte un intenso lavoro su noi stessi, perché per loro spesso è troppo tardi, possiamo fare ben poco. I padri saranno sempre là, e anche quando non ci sono, la loro ombra sarà sempre dietro l’angolo dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre insicurezze. E il vero problema è che purtroppo spesso non sanno nemmeno di fare del male. Come dice maggio nella barra “Non mi hai mai fatto niente / Ma non hai fatto niente”, un padre può ferire anche non facendo niente, anzi, forse il vero danno sta anche lì. Un commento sbagliato, una frase al momento inopportuno, un gesto non ricambiato e taaac… ci ritroviamo con quel peso di inadeguatezza verso un nostro genitore, lì, dietro al collo, difficile da scrollarsi di dosso.
Penso a mio padre, gli voglio un gran bene, ma non gliel’ho mai detto, e lui non l’ha mai detto a me. Ho passato anni a imparare a cogliere affetto in ogni suo gesto, interpretare il suo distacco come una sua debolezza nel mostrare i suoi sentimenti. Capire che se non mi ha mai abbracciato va bene così, è il suo modo di essere, non è colpa mia.
Che fatica.
Perché anche quando non ci sono, i genitori saranno sempre lì, nel bene e nel male, ma i loro sbagli non devono più essere i nostri. Le incomprensioni, quella vocina di tua madre che ti ronza nel cervello quando prendi una decisione o l’immagine di tuo padre che ti appare ogni volta che devi dimostrare qualcosa devono diventare brividi di un secondo che allontaniamo con una pacca sulle spalle. Anche maggio lo dice che “Sono migliore / Dei tuoi lineamenti / Anche se sono i miei lineamenti / Ma io non sono i miei lineamenti” e penso sia la frase più azzeccata per descrivere tutto questo groviglio emotivo che chiamiamo famiglia.