Ieri sera all’Hollywood Bowl di Los Angeles Kanye West ha fatto il suo debutto teatrale mettendo in scena l’opera Nebuchadnezzar, diretta dall’artista italiana Vanessa Beecroft.
Stando a quanto riportato dal Los Angeles Times, lo spettacolo è iniziato dopo due ore dall’orario prestabilito e ha avuto una durata di circa 50 minuti durante i quali Kanye ha narrato l’opera davanti a un cast composto da centinaia di ballerini e musicisti, oltre che dai coristi del Sunday Service e dal rapper Sheck Wes che ha rivestito il ruolo di protagonista.
La storia narrata si basa sul Libro di Daniele che West ha letto e twittato ieri durante la performance teatrale:
reading from the book of Daniel pic.twitter.com/GHmLTWa7iS
— ye (@kanyewest) November 25, 2019
In pratica il Nebuchadnezzar ha messo in scena il racconto biblico di Daniele, profeta ebraico al servizio del re babilonese Nabucodonosor che è passato dall’essere un sovrano malvagio a vero credente, trovando la sua salvezza nella fede.
La lettura (molto drammatica) dei versetti biblici è stata accompagnata da qualche linea vocale del coro del Sunday Service ma, in sostanza, si è trattato di una performance piuttosto statica che, come ha dichiarato il critico musicale Mikael Wood al Los Angels Times, si è tenuta lontana dalla dinamicità melodica e corale delle messe domenicali di West.
In scaletta c’erano brani come Wolves (Life of Pablo), Mo Bamba di Sheck Wes, oppure Say You Will (808s & Heartbreak) ma per la maggior parte la musica del Nebuchadnezzar ha avuto un tono operistico, con composizioni strumentali originali che, talvolta, sono parse anche un po’ improvvisate.
— ye (@kanyewest) November 25, 2019
Per concludere, stando a quanto riportato da Pitchfork, pare che alcuni fan siano rimasti un po’ delusi dalla performance perché si aspettavano di ascoltare più brani tratti dall’ultimo album Jesus Is King o, comunque, un maggior numero di esecuzioni da parte dei due personaggi principali.
Al contrario, Kanye ha lasciato uno spazio maggiore alla recitazione, penalizzando il rap a vantaggio dell’esibizione corale e delle composizioni strumentali.
Ci sembra molto interessante segnalare quest’ultima parte del report del Los Angeles Times, in cui Mikael Wood chiede al critico di musica classica Mark Swed se anche nell’opera teatrale di Kanye West ci fosse, come in quella di Verdi, un forte messaggio politico.
Ecco la risposta di Swed:
“Here we had the ritual of the Burning Fiery Furnace (a tall, gold-clad figure wheeled out as if in a school play), the king’s madness and all the rest without any interpretation. In the end, it is West’s religiosity, meant to be inspirational on its own without need for a larger context, that makes this “Nebuchadnezzar” seem to intentionally avoid becoming “operatic” and happily content to, as a passion play does, plainly spell out a parable. Ultimately, like you, what I missed was a better sense of West’s personality. His reading had a certain flair. A lot more of that would have helped“.