Che i C+C=Maxigross fossero bravi non lo abbiamo scoperto adesso ma è pur vero che il loro nuovo album Deserto ci dà una conferma importante in questo senso.
Il terzo lavoro del collettivo è ben denso e strutturato, frutto di un percepibile lavoro di ricerca sonora e lirica: i testi sono in italiano come nel precedente EP e sono spesso al servizio di immagini visionarie ma essenziali mentre il tappeto sonoro è morbido, esotico e a tratti banhartiano. In Deserto si incontrano il post-rock, il freak folk e suggestioni psichedeliche.
Ci siamo fatti raccontare dal collettivo ogni traccia dell’album
Deserere
(Zero) LE MAT
Voglio lasciarla andare.
Tu mi vedi errare per pianure e salire e discendere colline, non intuisci la mia direzione, non sai del mio passato, non sai dove andrò.
Lo vedi il mio fagotto? È piccolo e leggero e penserai che può contenere al massimo qualcosa da mangiare, un pasto forse due. Così vorrei vivere, solo con un po’ di cibo che ieri ho preparato per oggi.
Ti sembro libero? Non è così semplice, quindi non invidiarmi.
Non mi porto solo il fagotto e i miei stracci, ma anche il mio passato che mi morde il posteriore ad ogni passo dome un cane rabbioso, stracciandomi le vesti, facendomi soffrire e ricordandomi chi sono e impedendomi di mutare in quello che vorrei essere.
Non ti sembro libero? Non è così facile ma non chiamarmi folle.
Io vorrei solo lasciarla andare.
Ma il tempo passa e il cane ingrassa.
Parto dal Mar
(Dieci cinque tre) La Lune
Ho sempre visto la notte come più vera del giorno. La notte non è il Mondo con la Luna, ma il Mondo senza Sole. È quindi la presenza di quest’ultimo, così invadente, distruttivo e lontano che definisce il giorno.
La notte è la vera regina del Mondo e con lei l’acqua salata del mare e degli oceani.
Parto dal Mare, esco dalle acque salate, dal morbido abbraccio primordiale delle acque salate e sono solo, piccolo e debole. Scelgo la notte perché ho paura che il sole mi asciughi, sono in comunione con la Luna che muove i mari in cui sono nato, lo sono sempre stato.
La luce della luna mi guiderà fuori dalle acque, metterò su un folto pelo che mi protegga dai pericoli del mondo emerso e costruirò delle alte torri per celebrare il ritorno della Grande Madre della notte che muove i mari.
Radici
(Dieci cinque due) Le Toile
Stella giovane, sei la più lucente, la più affascinante. La tua pelle è fatta della notte più oscura, i tuoi capelli sono la luce allo stato primordiale. Tu mi vedi? Brillo anch’io? Chissà se patisci i miei dolori e se io ti appaio radioso e in armonia con il mio intorno.
Hai la forza della giovinezza, che ti radica nel cielo.
Spero tu possa vedere lo stesso in me.
Labirinto
(Cinque quattro) L’Heremite
Ho conosciuto la follia, il materno abbraccio della Luna e ho ammirato la stella più lucente del cielo. Ma la follia è una prova, la Luna non illumina tutte le notti e le stelle indicano il cammino verso terre lontane.
Ora sono solo.
Non una triste solitudine ma un eremitaggio volontario in un viaggio alla scoperta del mio io. Guardami: mi vedi ricoperto di stracci? Guarda meglio, sotto il logoro c’è il nobile tessuto, si intravede, non è nascosto, ma nemmeno esposto.
Ti chiedi anche dove sia la Luna, te lo ripeto, non c’è sempre, non quando il buio è dentro di te. In quel caso la luce te le devi fare da te orientarti nel labirinto del tuo essere, piangere, meditare, rinascere.
Poi getta le vesti logore, torna dagli altri e mostra loro il cammino.
Bufera
(Due) La Papesse
La calma passiva dell’attesa. Aspettiamo seduti. Non possiamo sempre agire.
Armin
(Dieci due) Le Pendu
Biondo e appeso ad un filo. Il tuo punto di vista è speciale, sopra a tutti. Non posso raggiungerti, non posso vedere il mondo con tuoi occhi, ma percepisco il tuo mondo, lo vedo di riflesso. Ti chiedo cosa vedi, ma tu non mi parli. Ti cercherò in me stesso, nei pensieri, nel meditare di tutti i giorni, a testa in giù. Così la mia terrà sarà il tuo cielo.
Dottore
(Dieci dieci) Le Iugement
C’è un angelo lassù. Tu non lo vedi, non ci credi e non lo vuoi ascoltare e ti ammali di lontananza, ti perdi. Ascoltami sarò io a passarti il suo messaggio. Non importa se ora non capirai, tu ascoltami se ti fidi di me.
Ritrovarsi
(Cinque uno) L’Amoreux
Vivi come se potessi avere tutto. Come puoi farlo? Questo non è amore, l’amore ti impone di perdere molto e di ritrovarti con pochissimo. Prendi due stracci rotti, prendi ago e filo e uniscili in un abito, questo è l’amore.
Hai già tutto quello che ti serve, l’ago, il filo e gli stracci.
Impara a cucire.
Tega
(Uno) Le Bateleur
Posso tutto posso tutto posso tutto posso tutto posso tutto. Questa è una tega.
Elementi
(Dieci tre) XIII
Arriviamo dal nulla. Elementi che si combinano, che creano. La storia è un soffio, l’umanità è un puntino. Dio non esiste, solo una cosa dopo l’altra che ha creato un giardino di complessi fiori. E questo si può naturalmente, senza giudizio e senza peccato, distruggere: però in questo falciare c’è anche il nostro fiore.
Gioia
(Dieci dieci uno) Le Monde
Il Cosmo infinito è il tutto. È custode equilibrato, calmo e saggio come un genitore. Sa tutto, ha visto tutto non giudica. Se non giudica però, nemmeno perdona e se sa tutto non parla.
Il Cosmo è il tutto e circonda con indifferente affetto il Mondo.
Il Mondo è un infante nudo che gioca che ammira il Cosmo perché ne è affascinato.
Il bimbo è nella casa, la casa lo avvolge come una ghirlanda e intorno ad essa il Mondo.
Quanto è importante la consapevolezza? La consapevolezza è tutto, perché siamo a nostra volta l’universo, siamo l’immenso e l’adesso.
La consapevolezza è gioia.