A volte abbiamo bisogno di fare una faccia arrabbiata. Qualcuno la mostra un giorno all’anno, altri la nascondono, altri invece non riescono a togliersela di dosso e se la portano dietro persino nella loro arte. Questo è il caso della musica drill.
Il termine drill definiva in origine l’uso di armi automatiche nei quartieri a sud di Chicago. Ed è proprio nella South Side che questa parola inizia, poco dopo il 2010, a simboleggiare una nuova e spietata forma di hip-hop.
Il primo nome a fare scalpore è Chief Keef. Nell’incipit del suo video Love Sosa, un ragazzo dell’high school -proprio come il rapper, allora 16enne- protesta nervosamente contro chi sostiene che Chief Keef non sia realmente pericoloso, insomma che sia tanto fumo e pochi proiettili. Questo spezzone è un manifesto dei due volti del genere drill, comprese tutte le evoluzioni che subirà negli anni successivi: da un lato il fascino di una storia vera, dall’altro la minaccia di un’influenza truce, con il rischio di glorificare la violenza senza offrire alternative.
Per molti giovani nella South Side, le alternative non sono mai esistite. Per questo ognuno di loro si rivede nell’espressività senza mezzi termini di Chief Keef: niente metafore o decorazioni, solo dure verità e onompatopee (“bang bang” diventerà il suo marchio di fabbrica). Nello stesso periodo emergono figure come Lil Durk, G Herbo e King Louie, ognuno con il proprio stile di rap con o senza Auto-Tune, ma tutti accomunati dalla stessa sonorità: melodie minimali che incutono timore, bassi 808 esplosivi e rullanti impetuosi (i suoni del producer Young Chop si trovano ancora oggi in ogni drumkit che si rispetti). In contrasto con gli inni alla ricchezza tanto diffusi nell’hip-hop dell’epoca, il drill irrompe sulla scena con un approccio non solo realista, ma nichilista e disilluso.
Attraversiamo il Pacifico. Londra e l’intera Gran Bretagna vivono, dal 2012 in poi, una rinascita del grime: suoni sparsi, pause e accelerazioni, frasi secche e taglienti che ricordano le battaglie road-rap in mezzo alla strada dei primi anni 2000. In pochi anni vediamo i nomi di Skepta, AJ Tracey, Chip e Stormzy popolare le classifiche, ma nel frattempo a Brixton inizia a crescere una variante più aggressiva del genere, troppo cupa per essere catalogata insieme al resto del grime. Mentre quest’ultimo riprendeva alcuni aspetti di jungle e uk garage, la nuova onda ricorda quello che sta accadendo a Chicago. Tetro e incalzante, ecco lo UK drill.
Un momento chiave nell’ascesa del drill, e del suo adattamento ai palazzi spenti e semplici del sud di Londra è la traccia Let’s Lurk. Il pezzo consacra la 67 come una delle crew più rilevanti della scena, complice la benedizione di Giggs, icona del road-rap del decennio passato. Dal 2016, il drill britannico si distacca definitivamente dai suoni di Chicago: le melodie allarmanti rimangono, ma i rullanti diventano frenetici, e i bassi vanno su e giù come quando si prende paura.
Sorge un’identità sempre più definita, con una generazione che si riconosce nella realtà difficile che raccontano i drillers. Ma questa è Londra, e l’aumento delle violenze di quartiere durante la diffusione di questa musica aggressiva non passa inosservato.
In un’intervista del 2017 su FACT Magazine, il producer Carns Hill spiega che “se il drill di Chicago è una pistola, il nostro è un coltello”. E proprio quest’arma è al centro delle controversie: in un solo anno gli accoltellamenti nel Regno Unito salgono del 21%, e in risposta la Metropolitan Police decide di rimuovere decine di video drill da YouTube per istigazione alla violenza. Nei testi e nell’estetica, i drillers si limitano a raccontare quello che vivono nel quotidiano, ma per un governo è più semplice censurare le storie tristi che agire concretamente per contrastare la povertà.
Nonostante la correlazione che il Sunday Times e altri media britannici cercano di tessere tra la musica e la violenza -scena già vista con il punk negli anni Settanta, l’acid house negli anni Ottanta e il grime nei primi 2000-, lo UK drill spopola e si evolve, dapprima con puristi come gli Harlem Spartans, poi grazie a figure versatili come Headie One e Dave, in grado di incorporare elementi del genere in canzoni pronte per la radio.
Torniamo oltreoceano. Nel 2017 a Brooklyn si ripete quello che è accaduto a Londra. La tendenza al nudo e crudo della Chicago di 5 anni prima si fonde con la mentalità spavalda delle strade newyorkesi, dando vita a una nuova scena innegabilmente drill. Se a Chicago la musica ricreava l’atmosfera di ciò che accadeva ogni notte, i driller della East Coast puntano su un carisma sfacciato per ripetere “stammi a sentire” a tutti quelli che ascoltano o passano di lì.
La prima traccia che punta i riflettori sul NY drill è No Suburban di Sheff G, al tempo 18enne: tute monocromo, primi piani senza fronzoli, tanta voglia di fare rumore. Insieme a Sheff G entrano in scena Sleepy Hallow, 22Gz, Fivio Foreign e Pop Smoke, il primo a diventare una vera e propria star. Nel 2019, infatti, l’impeto di Welcome To The Party si propaga in tutti gli Stati Uniti e non solo.
Arriva un remix con Skepta, arriva un featuring di Pop Smoke sul disco di Travis Scott e i suoi JACKBOYS, arriva il potentissimo album Meet The Woo 2, arriva la morte improvvisa di Pop Smoke. A gennaio 2020, il 20enne viene colpito in un agguato. Ancora una volta, la correlazione tra la musica e il mondo reale è nuvolosa, triste e impossibile da interpretare con certezza. Certo è, invece, l’impatto del drill sul mondo hip-hop. Producer come AXL Beats e 808Melo sono sempre più richiesti, e tracce come War di Drake dimostrano l’appeal internazionale che il genere può avere, se trattato con rispetto e compreso fino in fondo.
La parola drill sta assumendo nuove sfumature: un tempo sinonimo di sparatoria, ora rappresenta l’atteggiamento di chi, costretto a crescere in spazi stretti e climi tesi, riesce a incanalare quell’energia in una nuova forma d’arte. Un’arte che imita la vita, e a modo suo cerca di impedire il contrario.
Per ora, benvenuti alla festa.
Ascolta lo speciale realizzato per Radio Raheem