Per fare bene le cose occorre tempo. Si chiama “Corallo” il nuovo disco di Colombre. E ha a che fare anche con questa cosa qui. Ha a che fare, per esempio, con la lentezza.
Ci sono voluti tre anni a Giovanni Imparato, in arte Colombre, per realizzarlo. Forse non tutti sanno che anche il corallo ha una crescita lentissima. Si parla di pochi millimetri all’anno. Forse non tutti sanno che il corallo non è una pianta, ma un animale. E in qualche modo anche questo ha a che fare con la musica di Colombre.
Anche il Colombre è un animale. Lo incontriamo nei bellissimi racconti di Dino Buzzati. Te l’avranno chiesto milioni di volte, ma sono più che sicuro che non tutti ancora lo sappiano: perché hai scelto questo nome?
L’ho scelto come omaggio al racconto stupendo del 1966 che parla di questo mostro marino, simbolo delle paure che abbiamo di affrontare le cose, dell’immobilità che si prova, delle rinunce, delle scelte e del coraggio. Quando l’ho riletto è stata una folgorazione e l’ho scelto. Vi consiglio di leggerlo!
Il singolo che ti ha lanciato sulla scena indipendente italiana è stato “Blatte”, uno dei brani più belli usciti nel 2017, frutto della collaborazione con Iosonouncane, artista che amiamo sin dagli esordi (incredibile sono già passati dieci anni da “La macarena su Roma”, non ci si crede). Qual è la differenza tra “Pulviscolo” il tuo primo disco e “Corallo”?
Di sicuro tre anni di vita in più. Credo ci sia un po’ l’evoluzione naturale del mio modo di scrivere: fai esperienze nuove, cresci e provi ad approfondire un discorso sulle relazioni umane, già iniziato, cercando di migliorarlo per andarlo a cercare, ancora più a fondo, nell’acqua profonda e non più nell’aria come avevo fatto in Pulviscolo.
Momento gossip. Non poteva mancare. Ovviamente sto scherzando. Però inevitabilmente ciò che facciamo viene influenzato dalle persone che ci sono accanto e che sono più vicine a noi. Quanta Maria Antonietta c’è in questo nuovo disco? Ti ha aiutato in qualche modo? Siete soliti condividere tra voi le cose che scrivete e a chiedere pareri e suggerimenti?
Letizia è sempre fondamentale nelle cose che faccio. C’è uno scambio di pareri e consigli tra di noi, com’è giusto e sano che sia. Non è sempre semplice, perché a volte vai a toccare nervi scoperti e quando, ad esempio, mi fa delle critiche su un pezzo nuovo che sto scrivendo, magari ancora non del tutto a fuoco, devo inghiottire l’erba amara… è preziosissima. Sono molto fortunato. In questo disco, nello specifico, abbiamo scritto insieme il testo di “Anche tu cambierai”. E’ stata la prima volta che lo facevamo.
Più volte sei stato definito dalla critica il Mac DeMarco italiano. È una grossa responsabilità. A parte il fatto che odio le definizioni come queste perché tendono a limitare terribilmente il giudizio e soprattutto l’opera di un artista, quanta musica internazionale c’è in questo lavoro e soprattutto quale? Ci piacerebbe che ci dicessi almeno tre dei nomi o tre dischi che hai ascoltato di più durante la scrittura di “Corallo”.
Scrivendolo in tre anni non mi sono focalizzato su alcuni dischi in particolare…ad ascoltare solo quelli sarei impazzito nel loop…
Ho ascoltato tante cose diverse tra loro, nuove o che conoscevo già. Soprattutto, come noti tu, internazionali.
Tra le nuove per me ci sono Weyes Blood (la canzone Seven Words l’avrò ascoltata mille volte), Steve Lacy, Khruangbin, The Claypool Lennon Delirium, il disco solista di Alex Turner, Isaac Hayes, poi anche le cose stupende che stanno uscendo dal Canada in questi ultimi anni. Tra quelle che conoscevo invece ti direi “The village green preservation society” dei Kinks e “All things must pass” di George Harrison.
Ora, come faccio sempre ogni volta che intervisto qualcuno, tre domande a bruciapelo. La prima volta che hai ascoltato il tuo nuovo disco cosa hai pensato?
Avanti il prossimo, però prima un camparino…
Il riferimento a Buzzati mi ha sempre portato a chiedermi quale fosse il tuo rapporto con la letteratura. Colombre se è lettore, che lettore è?
Un lettore lento che quando ha un libro tra le mani che gli piace, procrastina e rallenta la lettura per prolungare il piacere.
Mi è capitato con “Delitto e Castigo” e ora con “A sangue freddo” di Truman Capote.
Poi entrambi i romanzi entrano nella mente dei personaggi lentamente, con dettagli e precisione e questo mi affascina per andare a fondo in una storia…ovviamente con lentezza.
Sei un Colombre ok, ma invece che animale vorresti essere?
Un pappagallo!
Intervista di Natan Salvemini