In questi giorni, nessun luogo al mondo può dirsi davvero sereno, ma un posto in cui da tempo la confusione non dà tregua è il Regno Unito: isole alla deriva, piene di storia e culture ma spesso povere di solidarietà ai piani alti.
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A differenza delle idee ufficiali, la musica nel Regno Unito suona sempre più libera e lo UK jazz ne è la manifestazione più evidente. Incorpora ritmi hip-hop, assume forme caraibiche e africane senza fatica: ogni influenza è un’arma in più per ripensare il jazz in nome della comunità. Lo scopo finale è unire, e prima ancora dei luoghi intimi e caldi in cui si respira questa musica, lo dimostra il costante intreccio di collaborazioni tra gli artisti. Ascoltare un musicista UK jazz significa scoprirne altri cinque, poi altri dieci, fino a lasciarsi inevitabilmente trasportare.
Proprio il mese scorso, due tra i nomi più entusiasmanti della scena hanno realizzato un progetto insieme: i beat semplici e dolci di Tom Misch hanno incontrato l’energia imprevedibile del batterista Yussef Dayes, dando vita al sofisticato, fiducioso What Kinda Music.
Il titolo sembra una domanda ma non ha un punto interrogativo, forse anche perché non c’è una sola risposta. Il jazz è sicuramente il punto di partenza, ma tutta questa scena è ricca di artisti con intenti kaleidoscopici. Moses Boyd, per esempio, un altro batterista londinese, inserisce nella sua idea di jazz gli sbalzi d’umore del grime, circondati da un sempre valido invito a ballare. Shabaka Hutchings, sassofonista, si destreggia fra tre band diverse –S. & The Ancestors, Sons of Kemet, The Comet Is Coming– per esplorare tutti gli angoli della sua ispirazione.
Nel 2019, il dinamismo dei The Comet Is Coming è atterrato anche al Club To Club di Torino, un evento nato per far muovere e danzare le persone.
Non è un caso, quindi, che alcune figure chiave per convogliare lo spirito underground di questo genere verso il grande pubblico siano anche dei dj: da Floating Points e la sua etichetta Eglo, sempre a braccia aperte, a Henry Wu, conosciuto come Kamaal Williams e responsabile di un’ondata di creatività a Londra, fino al tastemaker Gilles Peterson.
Quest’ultimo, dj di BBC Radio e veterano delle label indipendenti, ha fondato nel 2007 la Brownswood Recordings, una piattaforma ideale per scavalcare lo stigma di musica noiosa e anziana affibbiata al jazz dai media britannici. Una missione culminata nella compilation We Out Here, manifesto di una scena che si impegna a resistere mentre rivendica senza sosta la diversità. Nel disco troviamo Joe Armon Jones e i suoi Ezra Collective, scopriamo voci nuove come Nubya Garcia e raggiungiamo un assioma di questo movimento: più sono labili i confini stilistici di questo genere, più la comunità jazz si sente solida, aperta ad ogni stimolo e dunque sempre in grado di crescere.
È stata l’ennesima prova di quanto la collaborazione sia una vera e propria forza trainante; e dal 2017 ad oggi, lo UK jazz ha accelerato e virato ovunque senza mai smettere di credere in un mondo migliore.
We Out Here si chiude con Abusey Junction, una ballata composta dal plettro vellutato di Oscar Jerome per il suo gruppo. Si tratta di sette musicisti sfavillanti che si esibiscono come KOKOROKO.
Tradotto dalla lingua urhobo della Nigeria del Sud, questo nome significa ‘sii forte’.
Ancora una volta, forza fu.
Il modo migliore per concludere questa breve disamina è senza dubbio questo regalo a sorpresa realizzato da Oscar Jerome che, voce e chitarra, intona “Sun for Someone”, brano estratto da Breathe Deep, album d’esordio in uscita il prossimo 10 luglio via Caroline International.