Nel 2015 usciva To Pimp a Butterfly, il terzo disco di Kendrick Lamar che al tempo avevamo definito come “un almanacco della storia nera per argomenti, samples, generi e collaboratori coinvolti, abitudini e tensioni raccontate.”
In questi cinque anni successivi alla release è accaduto che quell’almanacco di storia nera è diventato un manifesto iconico della comunità afroamericana, emblematicamente espresso da una traccia in particolare che ancora oggi risuona come inno di protesta fuori la Casa Bianca, tra gli attivisti del movimento Black Lives Matter.
La traccia si intitola Alright ed è la numero 7 di To Pimp A Butterfly.
Al 2 giugno di quest’anno, in concomitanza con la nuova ondata di proteste che hanno attraversato gli Stati Uniti, il brano di Lamar ha registrato un incremento del + 787% di streaming, confermandosi uno degli inni di protesta più rappresentativi del Black Lives Matter e del senso di speranza che anima i manifestanti della comunità nera.
The music and sound system give the march a celebratory vibe. And now Kendrick Lamar’s “Alright” starts blaring. pic.twitter.com/aPx3BJhukO
— Esteban L. Hernandez (@EstebanHRZ) June 7, 2020
Tuttavia, quando il pezzo fu pubblicato nel 2015 nessuno si aspettava che sarebbe diventato un inno di protesta, nonostante sia stato recepito sin da subito come simbolo di speranza, un messaggio di positività malgrado il disordine sociale.
In un’intervista a Rubin, infatti, Lamar dichiarava: “I wanted to approach [‘Alright’] as more uplifting, but aggressive. Not playing the victim, but still having that ‘Yeah, we strong.”
Non è chiaro, dunque, il momento esatto in cui Alright è diventata una canzone di protesta ma ha risuonato tra la folla di manifestanti già nel luglio del 2015, durante le proteste a seguito della morte dell’afroamericana Sandra Bland e poi nel contesto della Million Man March per l’uguaglianza razziale, così come alle manifestazioni di protesta contro Trump e tra gli attivisti universitari di Cleveland uniti dal grido “We gon’ be alright! We gon’ be alright!” durante il Movement for Black Lives del 2015.
Come sostiene Rick Wilson, presente al Movement for Black Lives, si è trattato di un processo del tutto naturale per cui quelle strofe rap sono diventate per gli attivisti un mantra positivo di aggregazione, appartenenza e speranza.
Lamar aveva scritto il brano in seguito a un viaggio in Sud Africa dove aveva visitato la prigione di Nelson Mandela e sentito il peso della schiavitù e dell’oppressione sistemica esercitata a danno della comunità nera.
Così, nel testo di Alright c’è il riferimento ad episodi più attuali di violenza e razzismo ma tutto questo senza voler “spettacolarizzare le vittime”. L’accento viene messo piuttosto sul messaggio di ottimismo: andrà bene, nonostante tutto. E la musica è una parte fondamentale perché questo sentimento resti vivo: un brano positivo come Alright ne è l’esempio più appropriato, perché è un reminder a guardare avanti e a farlo insieme.