Quattro anni fa il debutto di Yussef Kamaal. Ma perché “Black Focus”?
In molti continuano a trattenere la lacrimuccia quando si parla di Yussef Kamaal.
Certo, i loro progetti solisti hanno comunque mantenuto un certo spessore qualitativo. Basti pensare a What Kinda Music, l’ultima fatica miracolosa con cui Yussef Dayes ci ha fatto sognare al fianco di Tom Misch. O, ancora, al forse meno conosciuto Wu Hen di Kamaal Williams, che vanta collabs del calibro di Miguel Atwood-Ferguson. Eppure aprire Spotify, trovare Black Focus sempre lì da solo e sapere che potenzialmente lo resterà in eterno fa sempre un certo effetto. È per questo che oggi vogliamo celebrare il quarto anniversario di questo capolavoro della scena britannica raccontandovi alcuni dettagli che potrebbero esservi sfuggiti e che, come spesso accade, sono tutti riassunti in un unico documento: la copertina.
1. Perché un nome arabo?
Cominciamo dalle cose semplici, come il fatto che la front cover reciti a lettere cubitali il nome della band trascritto in arabo. Oltre al talento, infatti, Yussef e Kamaal condividono anche la fede musulmana, con la differenza che mentre il primo è nato e cresciuto in una famiglia praticante, il secondo si convertirà all’Islam solo nel 2011, identificandosi dunque in un alter-ego in lingua araba così come prima di lui avevano già fatto altri grandi del jazz come Yusef Lateef, Idris Muhammad o Ahmad Jamal. Fun fact: nel 2017 ai due musicisti scritturati per il SXSW Festival di Austin è stato impedito di entrare negli USA a causa del Muslim Ban di Trump.
2. Perché un timbro rosso?
Un altro dettaglio legato all’identità dei musicisti, e in particolare del fondatore della Black Focus Records, è una piccola macchia rossa assimilabile ad un antico sigillo cinese. Il vero nome di Kamaal Williams, infatti, è Henry Wu. Wu, proprio come la nobile dinastia da cui vanta una lontana discendenza (sulla quale lo crediamo sulla parola, senza troppi approfondimenti). Date le sue origini anglo-taiwanesi, Kamaal ha sempre avuto un legame viscerale con la cultura orientale e una volta cresciuto ha appreso volontariamente dalla madre il cinese mandarino scritto e parlato. Sebbene il suddetto timbro non riporti degli ideogrammi veri e propri, basta risalire alla prima uscita della BFR, intitolata “Catch the loop”, e osservare la versione primitiva di questo bollo rosso per associarlo immediatamente agli antichi timbri che nella cultura della Cina antica rappresentavano l’autenticità e l’unicità di ogni opera d’arte.
3. Perché Black Focus?
Tornando alla copertina, in filigrana si intravede un’immagine. Finché non la si apprezza sulla back cover, in cui risulta molto più chiara, è difficile capire che si tratti della foto di un’automobile, per la precisione di una Ford nera. Ed eccola lì, la famosa Black Focus.
“E’ la prima macchina che usammo per girare l’Inghilterra. È un modello incredibilmente diffuso al Sud di Londra, soprattutto se nera. Tutti ne hanno una, io compreso”, racconta Kamaal. “Quando ho cominciato con la musica, quella macchina era l’ufficio in cui davo gli appuntamenti. Della serie: “Ci vediamo nella Focus nera alle 18:00”. Dunque, quando ho fondato la mia etichetta, il nome si è scelto da solo: Black Focus Records. Tutti possono sognare una Lamborghini o una Ferrari,” conclude Kamaal, “fatto sta che tu hai il Focus”.
Testo di Alessia Sciotto.