Ne è passato di tempo da quando vi avevamo segnalato “Nothing Great About Britain” tra le migliori promesse del 2019. E in questi due anni Tyron Frampton, in arte slowthai, ha avuto il tempo di combinare un sacco di cose: sventolare una finta testa mozzata di Boris Johnson sul palco del Mercury Prize, molestare in diretta la presentatrice degli NME awards e finalmente lanciare il suo secondo disco battezzandolo con il suo nome.
Se con il primo album slowthai aveva messo in chiaro le sue condizioni, con il secondo ha deciso di raccontarsi in una breve ma intensa autobiografia di 35 minuti. TYRON, infatti, descrive due facce della stessa medaglia forgiata da un passato fatto di spaccio, sobborghi malfamati e lotta alla sopravvivenza. Sarebbe facile fermarsi al fatto che il disco è composto da due sezioni: la prima più grime e hardcore che accontenta chi non ne aveva ancora abbastanza di “Nothing Great About Britain”; la seconda più introspettiva e intima che ha saziato la curiosità di chi si chiedesse cosa si nasconde dietro al sorrisetto sornione più famoso di Northampton. Anche senza premere play, la prima tracklist urlata in caps lock e la seconda sussurrata in minuscolo dicono già molto. Ma basta affiancare i titoli e unire i puntini per scoprire che c’è tanto di più.
La prima parte del disco suona come la massima espressione musicale del suo lato da rascal boy, ma le lyrics non mancano di argomenti delicati e di momenti difficili. Ad esempio, a proposito di CANCELLED, il featuring con Skepta, slowthai ha raccontato ad Apple Music di aver combattuto per tutta la vita contro gli stereotipi che lo volevano un criminale e contro chi ha sempre vanificato e “cancellato” tutti i suoi sforzi di diventare una persona migliore. “Do what you wanna do, not what’s expected of you” si raccomanda in PLAY WITH FIRE, altra traccia in caps lock. Questi stessi aspetti della sua vita nel secondo disco vengono ripresi in i tried, che ha commentato dicendo: “pensiamo sempre a cosa dovremmo essere, non pensiamo mai a cosa siamo davvero e a quali sono le nostre qualità”.
Ancora, il titolo di MAZZA, che vede il nome di slow accanto a quello di A$AP Rocky, si riferisce al termine “mazzalean”, slang per indicare qualcosa fatta senza pensare, senza fermarsi a riflettere, in riferimento al disturbo di deficit dell’attenzione che lo accompagna fin da bambino e che non gli permette di concentrarsi su nulla. Il filo rosso conduce di nuovo al secondo disco, in particolare alle tracce focus e adhd, che diventano metafora universale di uno stile di vita. “Per la gente è difficile capire, perché non comprendono quando fai qualcosa di impulsivo, qualcosa che non puoi controllare. [Non capiscono che] ci provi, ma fa parte di te”, ha affermato con un riferimento neanche troppo velato alle innumerevoli controversie che lo riguardano sin dall’inizio della sua carriera.
Infine, è superfluo ma doveroso menzionare tra gli highlights del disco la traccia feel away, primo singolo in collaborazione con James Blake e i Mount Kimbie, che slow ha dedicato al fratello minore mancato ad un anno a causa di una terribile distrofia muscolare. Il pezzo è dedicato anche a tutte le madri single come la sua, così come suggerisce l’incredibile visual diretto dal regista londinese Oscar Hudson, che in passato aveva già lavorato per Thom Yorke, Loyle Carner e Bonobo.
“Tutti abbiamo una parte di noi che mostriamo e un’altra che teniamo nascosta”, dice il rapper più controverso del Regno Unito, a conferma del fatto che non sia sufficiente fermarsi ad associare l’irriverente slowthai al disco 1 e l’introspettivo Tyron Frampton al disco 2. Del resto, a confutare ogni banale associazione tra persona e personaggio, tra buono e cattivo, resta un semplice fatto: TYRON è scritto in maiuscolo. slowthai sempre minuscolo.