Mombao è un duo milanese composto da Damon Arabsolgar (Pashmak) e Anselmo Luisi (Le Luci Della Centrale Elettrica) .
A marzo hanno pubblicato un primo singolo dal titolo Essaiere, mentre da qualche giorno sono tornati con un nuovo brano, Fresh Silk, entrambi tasselli di un progetto che fa seguito a un primo EP uscito nel 2018.
Nei cinque brani che rappresentano al meglio le influenze del loro sound, i due ci portano in giro per il mondo tra le scene musicali più disparate.
Ascolta il loro ultimo singolo e poi fatti un tour con i Mombao.
1. Tune yards – Water fountain
Il nostro viaggio in giro per il mondo parte con la cantante Merril Garbus, dagli Stati Uniti, ideatrice di un progetto incredibile, i Tune Yards.
Lei ha una potenza vocale e percussiva fuori dal comune e una visione estetica e performativa formidabile.
Tutto si regge su voci e percussioni, tema a noi molto caro ed è condito da una produzione impareggiabile, ogni volta che lo ascoltiamo in macchina finisce che ci sgoliamo!
2. Mentrix – Nature
Mentrix è una nuova voce emersa recentemente dal panorama musicale berlinese.
Rad Samar è una cantante donna di origini persiane, come Damon, ma è cresciuta poi fra Francia, Iran e Germania.
Ha trovato al suo fianco un produttore visionario, Fink, che con lei ha lavorato al suo ultimo disco: “My Enemy My Love”.
Il disco ci ha colpito fin dal primo ascolto, mischia strumenti tradizionali persiani come il “daf”, un grande tamburo a cornice, ad elementi elettronici, creando quest’estetica sufi-clubbing che sembra uscita da una versione Blade Runner di “Only Lovers Left Alive”.
Ci ha colpito profondamente perché da qualche anno ci siamo interessati all’utilizzo di percussioni tradizionali in progetti musicali contemporanei, come “Mohammad Reza Mortazavi” oppure il “Canzoniere Grecanico Salentino” per citarne uno italiano. È un filone di ricerca che ha radici antiche: Anselmo da diversi anni suona il bodhran in un gruppo di musica irlandese, i “Wooden Legs”, e quando viaggia in Marocco si porta sempre dietro il bendìr, un tamburo tradizionale marocchino.
Per altro anche Rad Samar suonacon una maschera, un pezzo unico da sogno di Damselfrau che vi consigliamo di seguire!
3. The Knife – A tooth for an eye
The Knife non hanno bisogno di presentazioni e neanche Fever Ray, la cantante e frontman di questo progetto svedese che riesce anch’esso a mettere insieme gusti musicali da tutto il mondo, fondendo la cultura del clubbing ad un approccio performativo fortissimo.
I loro live ci hanno tolto il respiro e sapere che non li vedremo mai dal vivo è un dispiacere grande. Anche loro suonano mascherati, dipinti di colori fluo elettrici e suonano un misto di strumenti tradizionali da tutto il mondo, controller midi anni ‘80 e altri strumenti giganteschi autocostruiti.
Il produttore è il fratello di Fever Ray, Olof Dreijer, per noi un gigante.
4. Camille – Fontain de lait
Camille Dalmais è una cantante francese; siamo andati sotto con il disco “OUI” e successivamente con il disco “OUII” ovvero lo stesso disco ma riarrangiato, indovinate un po’, per sole voci e percussioni.
La nostra passione per questo tipo di percorso di ricerca deriva probabilmente dalla voglia di sintetizzare la potenza comunicativa della matrice umana globale fino all’osso, per poterla donare a tutto il mondo indiscriminatamente. Camille è riuscita a scrivere un disco sulla maternità commovente, forte, delicato, deciso, completo, che non straborda mai.
5. Ava Rocha – Tranca
Ava Patrya Yndia Yracema Gaitan Rocha, figlia di Glauber Rocha, è una delle cantanti che hanno cambiato la vita di Damon, la vide per la prima volta a Berlino, tanti anni fa, a fianco al Tempelhofer Feld, il parco nell’aeroporto dismesso.
In quel bar piccolissimo, stipato fino all’orlo, c’era Ava, in un vestito rosso con una gonna lunga fino al pavimento, che cantava completamente in trance con in braccio sua figlia piccola.
Al bordo del pubblico la sosteneva Negro Leo, suo marito cantante, poeta e attivista; entrambi cantavano in un microfono spento, o meglio, il cavo non portava da nessuna parte, era solo un elemento scenico che tenevano in mano.
Il sound era potente, sincero, il batterista suonava un campionatore sgangherato e come cassa della batteria usava un porta bottiglie di vetro, sia lui che il bassista e il chitarrista entravano in un unico canale in un impianto minuscolo, due casse del pc completamente sature. Nonostante tutto l’intenzione sincera di arrivare esattamente dove volevano era così lampante che niente avrebbe mai potuto essere meglio di quello che stava succedendo in quello luogo e in quel momento.
Ava è un’attrice prima ancora che una cantante, ed è perfettamente consapevole del suo ruolo scenico e dell’importanza della performatività del corpo.
All’apice dell’estasi, Ava si scioglie la collana, la gira, e magicamente diventa una corona, una corona di coltelli da cucina d’argento, intrecciati con un nastro rosso.