Bianco è Alberto Bianco, un cantautore torinese che sulla copertina del suo ultimo album si è trasformato in un pirata gentile, la sua benda sull’occhio è un petalo rosa e i suoi capelli hanno la piega del vento. “Canzoni che durano solo un momento” è il suo sesto disco ed è uscito (senza fare scherzi) il 1 aprile per INRI, etichetta che proprio quel giorno ha compiuto i suoi primi 10 anni.
E’ un disco che parla d’amore – non per forza romantico -, di cura, di gesti piccoli e bellissimi. E’ una passeggiata in una serra un giorno di maggio, in cui le canzoni sono fiori e piante che si prendono la luce di cui hanno bisogno e si lasciano bagnare le foglie da quegli irrigatori automatici che spruzzano un po’ dove gli pare, aspettando quel momento del giorno in cui il guardiano (la persona che le ha seminate, che le ha fatte vivere) fa un sospiro, dà la buonanotte sottovoce e spegne la luce con la certezza di ritrovarle domani più forti, più grandi, più vive. Io Bianco in queste settimane che seguono l’uscita dell’album me lo immagino un po’ così, con i guanti da lavoro stretti in un pugno e l’altra mano appoggiata all’interruttore.
Il 19 maggio ha annunciato due novità. La prima è l’uscita della copia fisica di “Canzoni che durano solo un momento” in edizione limitata (fuori azzurra e dentro bianca), che si può preordinare qui. La seconda è che nel disco c’è anche un brano, Fantastico, cantato assieme a Niccolò Fabi, che da ieri ha anche un video bellissimo e bianchissimo (ve lo metto un po’ più in basso, alla lettera N).
Citando il ritornello del primo brano del disco, è un album
BELLO BELLO BELLO BELLO BELLO BELLO
CHE NON SO DIRTELO.
Quella che segue è una chiacchierata con Bianco dalla A alla Z: una domanda per ogni lettera dell’alfabeto.
A di Amarcord: qual è il tuo ricordo più bello legato a Bianco?
Per fortuna ne ho parecchi, ricordo però con un affetto particolare i primi concerti da Giancarlo ai Murazzi di Torino. Era il 2010 e tante cose erano diverse. L’unica cosa a non essere mai cambiata è l’emozione che provo prima di suonare in pubblico. Ricordo quella che provavo allora ed era identica a quella di oggi. I primi commenti delle persone presenti, il moltiplicarsi del pubblico settimana dopo settimana.
B – Biglie è il mio brano preferito di “Canzoni che durano solo un momento”, dona quella sensazione di serenità che fa pensare che sia tutto ok anche se non succede niente. Suona come un abbraccio ma si canta a braccia aperte guardando il cielo come in quei video musicali degli anni 90. Ci racconti qualcosa?
Biglie è una canzone a cui sono molto legato. È una canzone d’amore che racconta quello maturo e solido di una storia lunga più di dieci anni. Il ritornello è una sorta di ringraziamento sincero e di conseguenza molto semplice. Hai ragione a dire che è da cantare a braccia aperte, è quello che pensato anche io mentre la scrivevo, perché in effetti parla di amore assoluto. Non per forza tra due partner.
C di “Canzoni che durano solo un momento”: come scegli i titoli? Come dai un nome alle cose?
“Canzoni che durano solo un momento” era il titolo giusto per un disco che è nato e cresciuto molto lentamente. Dopo due anni di lavoro mi sono reso conto che il frutto erano canzoni brevi e molto dirette. Poi in questo titolo ci sono altri significati ma quello principale è questo.
D di disco che quest’anno hai ascoltato moltissimo.
Sto ascoltando in loop una canzone che si chiama Speak with the dead di Foxing feat Why?. La trovo potentissima da tutti i punti di vista. È diventata una vera e propria ossessione.
E “Arriverà l’estate, i fiori si apriranno, e noi qui in silenzio a guardare le stelle” (Filo d’Erba, Bianco). Che programmi hai per l’estate?
Suonerò tanto, se non cambia nulla. Sarò in tour con Niccolò Fabi e faro concerti “miei” un po’ in tutta Italia. Non vedo l’ora, la dimensione live è il completamento di un disco e finalmente vediamo la luce.
Featuring. Selton, Dente, Colapesce: in generale come scegli i featuring?
Sicuramente il motivo principale è l’amicizia e la stima reciproca. Poi sono le canzoni hanno suggerito delle necessità che solo i nomi che hai menzionato potevano soddisfare grazie alle loro peculiarità e capacità.
G – Il tuo gesto preferito?
Mandare i bacini con la mano.
Hogwards, Hobbitopoli, Haye-Park (di Orgoglio e Pregiudizio), Lumata Cupa (de La Pietra Lunare di Landolfi), Procopia (de Le Città invisibili di Calvino). C’è un posto letterario immaginario in cui vorresti vivere o preferisci stare qui?
Vorrei vivere nel Messico colorato di Coco, il cartone animato. E percorrere il ponte di fiori tutte le volte che voglio per andare a salutare i miei amici e mio nonno.
INRI: La tua etichetta compie dieci anni. Raccontaci tutto.
Inri è un cognome per me. Rappresenta tantissimo sia nella mia vita artistica sia in quella personale. I signori che l’hanno fondata e che la gestiscono sono i miei amici. Con loro ho festeggiato, litigato, pianto, riso a crepapelle, ho avuto paura, ho cambiato strada, ho trovato una strada. Lavoriamo insieme da dieci anni e sono stati i primi a credere nel mio progetto e continuano a spronarmi come dei fratelli maggiori.
J di Jolly: Ci dici una cosa piccola su una canzone che è rimasta fuori dall’album?
Posso dirti che forse è la più bella e profonda però non era il suo momento. Voglio lavorarci ancora per renderla perfettamente imperfetta. Adesso è perfetta… ahhaha
K di Razione K. Ci sono dei dischi che occupano poco spazio ma ti danno la quantità necessaria di calorie per sopravvivere?
I primi dischi dei NOFX, Descendents, Bad Religion, Sublime…sono dischi che quotidianamente mi danno energia positiva. Mi accompagnano dall’adolescenza.
L di Live. “Tutto d’un fiato [LIVE]” è un disco (uscito nel 2019) che è tutto sentimento. Perché hai deciso di pubblicare un album registrato dal vivo?
Perché volevo fermare, come in una fotografia, il tempo. Quel tempo in cui il concerto è fatto da musicisti e pubblico, in misura uguale. Era un modo per rendere protagonisti coloro che mi seguono da tempo restando al buio di una sala di un club o di un teatro.
Mattanza è un brano che attraverso la metafora dei tonni durante la mattanza parla di come ci sentiamo arpionati, intrappolati. C’è quest’ombra di disperazione alleggerita però dalle risate nel ritornello, come se l’autoironia fosse la chiave che apre quella porta che ci lascia uscire dalla nostra stanza e ci fa prendere una boccata d’aria. Ho letto bene? Mi faccio troppe pare? Non ho capito nulla?
Hai capito tutto invece. L’autoironia credo sia l’unica arma che abbiamo per combattere questo, spesso insensato, senso di inadeguatezza. È sempre più difficile rendersi conto di star attraversando un momento felice perché c’è sempre qualcuno che appare più felice di noi e questo è un freno tirato che rallenta tutto e ci stanca da morire. Se ci ridessimo su probabilmente il tempo che occupiamo con le vite degli altri potremmo passarlo a ridere o semplicemente a guardarci intorno e gioire per quello che c’è di bello.
Niccolò Fabi è un amico e anche il co-protagonista del tuo ultimo singolo. Ci racconti com’è collaborare con lui? (come dice il titolo della canzone? 😊 )
Niccolò è un grande amico innanzitutto. Lo reputo anche uno dei più grandi cantautori italiani e per me incontrarlo sul mio percorso è stata una fortuna gigantesca. Mi vuole bene e la collaborazione è stata molto profonda perché tutti e due volevamo che Fantastico fosse la rappresentazione dei nostri gusti, della nostra storia musicale e volevamo che fosse BELLA. Quando tieni tanto ad una cosa la prendi, la ribalti, la lucidi giorno dopo giorno, la guardi e finché non rispecchia quello che volevi non è finita. Ora è uscita ed è grande come una casa.
Oggi è il giorno più triste dell’anno?
Oggi no, oggi c’è il sole, sto scrivendo a te del mio disco, è uscita Fantastico, mi preparo alle prove per i concerti… non voglio dirlo troppo forte ma credo di essere sereno.
P di Posto. Dove vorresti che le persone ascoltassero il tuo ultimo disco? E in che momento della giornata?
A me piace ascoltare la musica in macchina quindi forse mi piacerebbe che le persone lo ascoltassero durante un viaggio verso un posto bello che aspettavano da tempo. Poi se fosse pure venerdì al tramonto sarebbe perfetto.
Quale tua canzone vorresti sentire da qualcun altro? E da chi?
Mi piacerebbe sentire Fantastico suonata da un’orchestra figa con come cantanti Niccolò Fabi e al mio posto una donna, credo Levante. Continua ad essere la mia cantante preferita di sempre.
R di Riflesso. Quale canzone di Bianco assomiglia di più ad Alberto?
Se penso a questo disco ti direi tutte ma forse in “Come se” ho inserito dei miei modi di dire e di parlare che vanno un po’ fuori dagli schemi tecnici classici. Volevo che quella canzone fosse la narrazione di una storia e di un pensiero e quindi il fatto di cantarla molto bassa come tonalità la rende molto di Alberto.
S di Superpoteri. C’è un video uscito sul canale di Kahbum nel 2016 in cui assieme a Mimosa inventi una canzone bellissima sui superpoteri. Qual è il tuo superpotere?
Io so cucinare in pochissimo tempo delle cose che non hanno nome ma che hanno un buon sapore. E di conseguenza so cucinare con ingredienti semi scaduti ma ancora commestibili.
Torino. Sono fermamente convinta che i cantautori di Torino nelle canzoni parlino della loro città tanto quanto quelli di Roma o Napoli, ma infilandola tra le righe con dolcezza ed eleganza. Quanta Torino c’è nelle tue canzoni? E quanta “provincia”?
Le mie storie sono quasi tutte ambientate a Torino, quando scrivo se penso a delle immagini spesso sono tra le vie della mia Moncalieri o di Torino. È una città “segreta” che nasconde e si nasconde, timida e dallo sguardo profondo. Se sai come prenderla può regalare grandi visioni e bellissime sensazioni.
Ultime sei domande. Se una sera qualcuno che non conosci ti chiedesse “Mi suoni qualcosa?”, cosa suoneresti?
Forse suonerei “Mai come voi” dei Tarm. Mi viene bene e racchiude un manifesto importante per me e la mia generazione.
V di “Vorrei finire la saliva a forza di dire _________”
Ti voglio bene. Lo so… può sembrare una risposta banale ma da quando sono diventato papà non do più nulla per scontato. Vorrei insegnare a mio figlio ad essere sempre trasparente e sincero con i sentimenti, credo sia la più bella virtù e allo stesso tempo libertà a cui noi esseri umani possiamo ambire.
Wow! C’è un verso che hai scritto in questo ultimo album che un attimo dopo averlo scritto ti ha fatto dire “Wow! Ma allora sono davvero bravo!”?
“Interpretare il mondo dal suo movimento e non dalle canzoni che durano solo un momento” mi piace tantissimo e dopo che l’ho scritto mi sono subito premiato con una birra ghiacciata. Mi piace perché spiega il mio motto professionale, credo sia fondamentale leggere il tempo in cui viviamo senza essere omologati a nessun trend passeggero.
X sulla schedina è un pareggio. Nella tua musica scrivi prima le note o le parole? E quale delle due cose ti piace più fare?
Mi piace fare tutte e due le cose, sicuramente ci metto di più a scrivere le parole. La musica è più istintiva, è più un gioco mentre le parole sono una cosa seria. In questo disco ho scritto prima le musiche e poi le parole ma è stato un caso. Spesso scrivo contemporaneamente.
Y come Youtube. Facci vedere un video che ti piace in questi giorni.
È il discorso di capodanno di Natalino Balasso, lo trovo sempre geniale e di una crudeltà rara.
Z di Zio Paperone. Qual è la tua numero Uno? La tua cosa sacra, la tua pietra preziosa, quella cosa che difenderesti a spada tratta a qualunque costo?
La mia libertà e la mia famiglia. Forse sono la stessa cosa.
Aggiungo tre domande bonus perché non mi piace quando le cose finiscono:
1 – Che colore è la tua musica? Quanto è cromaticamente simile al tuo nome?
Il bianco è la somma di tutti i colori quindi direi che c’azzecca parecchio. Io non ho ancora capito che genere di musica faccio, faccio musica colorata, che non vuol dire per forza allegra ma quando metti tutto te stesso nelle canzoni per forza di cose diventa coloratissima.
2 – Questi mesi per me sono stati come se qualcuno avesse abbassato il volume del resto del mondo. Com’è stato il tuo ultimo anno?
È stato una concentrazione di sentimenti che non avevo previsto. Dopo mesi di pura paura ho piano piano imparato ad accettare il fatto che fosse un momento di difficoltà come avevo già avuto e come avrò. Questa visione zen, quando me la ricordo, mi aiuta nel procedere dando tutto oggi e domani chissà.
3 – Ultima cosa: dicci tre cose che durano solo un momento.
Una bolla di sapone, una lacrima, una ferita.
🌷