Un bel viaggetto attraverso cinque dischi che, tra gli anni ’90 e i gloriosi anni ’00, da Quincy Jones a Madlib, hanno definitivamente cambiato la storia del binomio jazz + hip hop.
Il binomio jazz + hip hop è tanto celebre quanto scontato. I fraseggi, le sonorità e i pattern del primo, infatti, impreziosiscono e rimpolpano da sempre le hit note e meno note del secondo. Eppure, al di là del fatto che la fetta più grossa dei producer attinga al repertorio jazzistico per reperire i suoi samples, il ragionamento da fare in merito all’unione tra jazz e hip hop negli anni si è fatto sempre più complesso.
C’è infatti chi, come Robert Glasper, Christian Scott, Karriem Riggins e molti altri, ha fatto del blend tra questi due generi un vero e proprio cavallo di battaglia e lo ha evoluto fino a dargli un’identità inequivocabile. Ed è anche grazie alla lungimiranza di questi musicisti che oggi, nel rapporto sempre florido tra questi due generi, siamo ormai in grado di riconoscere due filoni ben definiti: da una parte l’hip hop che il jazz si limita a campionarlo; dall’altra, invece, l’hip hop che il jazz vuole farlo.
Ma quand’è che è cominciato tutto? Le storie da raccontare in merito vengono di solito raccolte sotto il nome di jazz rap, ma sono così tante e il limite tra le due categorie è così labile che non è sempre semplice riconoscerne il distacco. Ciò nonostante, dai primi anni ’90 l’intenzionalità di alcuni progetti hip hop si è fatta così dichiaratamente jazzistica che una separazione netta dal resto delle produzioni passate è doverosa. Insomma, le speculazioni non portano da nessuna parte e molti avranno già capito di cosa stiamo parlando.
Quindi meglio andare al sodo con un bel viaggetto attraverso cinque dischi che, tra gli anni ’90 e i gloriosi anni ’00, da Quincy Jones a Madlib, hanno definitivamente cambiato la storia del binomio jazz + hip hop.