Ogni religione impone al fedele almeno un dovere primario da assolvere: il cristianesimo impone la comunione; l’islam impone una visita alla Mecca; l’hip hop, dal 13 settembre 1994 impone di ascoltare Ready to Die di Notorious B.I.G. almeno 50 volte nella vita.
E fin qui il paradiso ce lo guadagniamo facile.
Nel 1994 Notorious B.I.G. scriveva:
“Non voglio più vivere. A volte sento la morte bussare alla mia porta e vivo ogni giorno come una fatica. Un’altra droga da provare, un altro giorno da vivere, un’altra lotta. Io so come ci si sente ad alzarsi totalmente sfatti, le tasche vuote, altra roba da vendere. La gente ti guarda come se fossi tu il tossico, ma non ha idea del tuo stress, del bambino che sta arrivando, di tutte le bollette da pagare. E per questo ti imbottisci di Tanqueray, per realizzare che non vorresti mai più vivere una vita così infernale.
[…]
Per tutta la vita sono stato considerato il peggiore. Ho mentito a mia madre, ho persino rubato dalla sua borsa. Crimine dopo crimine, dalle droghe alle estorsioni. Sicuramente avrebbe preferito abortire. Non mi ama più come quando ero piccolo, attaccato al suo seno per placare la mia fame. Mi chiedo, se morissi, i suoi occhi si riempirebbero di lacrime?”
Parole così emotive, tratte rispettivamente da Everyday Struggle e Suicidal Thoughts, sorprendono molto più di qualsiasi riferimento a furti, stupri, spaccio e omicidi, tutti abbondantemente presenti nel corso di Ready to Die. Forse perché, nell’immaginario comune, tali riferimenti sono esattamente ciò che ci si aspetterebbe da un rapper qualunque. Ma se Notorious B.I.G. non è un rapper qualunque, cos’è che ne fa il rappresentante più conosciuto dell’hip hop East Coast? Non ci sentiamo di entrare nel merito quasi romanzesco della beef con Tupac, perché purtroppo il finale di quella storia lo conosciamo tutti. Allo stesso modo, però, tutti conosciamo quel video in cui un 17enne arringa le folle facendo freestyle in un angolo di Bed-Stuy, Brooklyn davanti a un supermarket, video che molto dice del fatto che artisti si nasca.
Quei 17 anni di vita per Notorious B.I.G., oltre che mera ginnastica lirica, erano stati spaccio, prigione, fame e molto altro. E ascoltando Ready to Die dall’inizio con tutti i testi davanti, un po’ come fossero il libretto di un’opera lirica in tedesco, diventa evidente come Intro, primissima traccia dell’album, altro non sia che il riassunto di quello spaccato di vita lungo 17 anni, un calendario in musica in cui ogni brano campionato è una data, e ogni data una milestone nella vita di Biggie.
1972: la radio passa Superfly di Curtis Mayfield. Una donna urla disperata: è nato suo figlio, Christopher Wallace.
1979: la radio passa Rapper’s Delight della Sugarhill Gang. Christopher ha 7 anni e ruba già nei supermercati.
1988: la radio passa Top Billin’ degli Audio Two. Biggie ha 16 anni, rappa già da tre anni, ma vive di spaccio e rapine a mano armata. E questo lo porta dritto in prigione.
Nel 1994 Puff Daddy convince Christopher a lasciare una volta per tutte lo spaccio, produrre un disco commerciale e dimostrare finalmente al mondo quanto valga. È così che la radio passa Juicy di Notorious B.I.G. e per una volta il più meritevole si prende quello che gli spetta.
Siamo nel 2021. Quel merito non glielo ha ancora mai tolto nessuno e nelle nostre cuffie risuona ancora questa voce:
Questo album è dedicato a tutti gli insegnanti che mi hanno detto che nella vita non avrei mai concluso nulla. A tutte le persone che vivevano nei palazzi davanti ai quali spacciavo, e che hanno chiamato la polizia mentre stavo provando a guadagnare qualche soldo per sfamare mia figlia. E per tutti i compagni che lottano ogni giorno. Sapete che vi dico? Va tutto bene.