In una tanto lunga quanto rara intervista del 2019 con Rick Rubin, André 3000 dice: “Il problema dell’essere un artista di successo è che devi ritrovare un luogo sereno per continuare a produrre. […] È come quando sei bambino e sei in cameretta a giocare con i tuoi giocattoli: lì sei nel tuo mondo. Poi tua madre apre la porta e dice “Andrè!” e quel mondo non esiste più. Non appena sul tuo mondo si posa l’attenzione di qualcuno, quel mondo sparisce”. Così abbiamo scoperto che anche i grandi hanno paura e il 29 settembre scorso, in occasione del 23mo anniversario di Aquemini degli OutKast, ci siamo anche ricordati il perché.
“Even though we got two albums this feels as the beginning”, così Big Boi in Y’all Scared preannunciava il futuro di Aquemini come la naturale continuazione di quel capovolgimento totale che era già stato ATLiens. Le sonorità psichedelico-futuristiche di quest’ultimo album erano già una lampante dichiarazione di intenti che da quel momento il duo di Atlanta non avrebbe mai tradito, ma che anzi avrebbe elevato all’ennesima potenza fino ad esplodere nel successo commerciale più selvaggio con pezzi come Ms. Jackson e Hey Ya!.
Nell’intervista con Rick Rubin di cui sopra, André catalizza la sua nostalgia esistenziale sul periodo di formazione passato alla fine degli anni Novanta nella Dungeon Family, il cui contributo si manifesta in Aquemini nella partecipazione di parte dei Goodie MOB, compreso Cee Lo Green. “Stavamo tutti nel basement, drum machines, un paio di casse… e polvere, polvere ovunque. Quello era un posto in cui andavamo dopo scuola o dopo lavoro, e stavamo lì a fumare, a parlare di tutto e a rappare. È stato così che ho creato i miei primi versi e il mio slang. Così quello è diventato un mondo a parte in cui potevamo guadagnare fiducia in noi stessi, dando vita al nostro stile e al nostro mondo”. Tale descrizione coincide con quella fatta da Big Boi delle sessions di registrazione di Aquemini: un’enorme jam session fatta di strumenti acustici (tra cui una marimba trovata da Dré in un mercatino un paio di giorni prima) e un incredibile via vai di musicisti. Per gli OutKast del 1998, lo studio era uno spazio salvo dove registrare, fumare, mangiare, dormire e creare lontano da occhi indiscreti e dal giudizio dei media.
Nel 1998 la scena targata HH riempiva i sacchi di releases dorate per tutti i puristi del genere: Moment of Truth dei Gang Starr, Vol. 2… Hard Knock Life di Jay-Z, Black Star di Mos Def & Talib Kweli, per citarne alcuni. Ed è in questo panorama fatto di gangsters, ghetto e storie di malavita che con Aquemini gli OutKast rompono la barriera del suono, con un progetto in cui la sperimentazione lirica risponde ad una ben più azzardata sperimentazione musicale che spazia dal funk di George Clinton all’elettronica di Giorgio Moroder (entrambi presenti nei credits del disco), passando per il reggae di Bob Marley, diventato reference principale del duo dopo un viaggio in Jamaica e particolarmente evidente nella hit SpottieOttieDopaliscious.
Aquemini è una crasi tra due segni zodiacali diversi, tra due personalità opposte: Big Boi, rispondente a tutti i crismi di un rapper ma rivoluzionario nel flow e nelle tematiche, e André 3000, aspramente criticato per il suo atteggiamento naif ma raro liricista e precursore di tendenze. Con Aquemini, gli OutKast giocavano una partita dinamica e trasformista in un campo machista e omologato come quello dell’hip hop della fine degli anni Novanta, e vincevano una gara che, secondo molti, la loro identità fortemente ibrida non avrebbe mai permesso loro di vincere. Forse è proprio questo che oggi manca agli (ormai ex) OutKast, e che a noi manca di loro: il coraggio di credere che a volte le proiezioni visionarie di una mente possano funzionare anche nel mondo reale.