È il 1999 e Lauryn Hill ha appena cominciato a portare in giro per il mondo The Miseducation Tour. La seconda tappa è Tokyo e, durante una battle tra live band e DJs, DJ Supreme suona una serie di hit hip hop degli anni ’90 molto conosciute. Tra queste a un certo punto ne arriva una apparentemente mai sentita, ma che il pubblico giapponese sembra conoscere benissimo: è una traccia di Zeebra, rapper di punta della scena nipponica cui DJ Supreme rende omaggio piazzandola nello stesso set con giganti del rap americano.
Questo gesto, apparentemente di poca importanza, dimostra che, dopo una serie di peripezie, la scena rap giapponese aveva finalmente preso forma e meritava di essere conosciuta, allora come ora.
Al suo arrivo nella terra del sol levante, la cultura hip hop ha trovato un terreno tutt’altro che fertile. L’artista Hiroshi Fujiwara, guru supremo dello sneaker design che nel 2003 sarebbe comparso nel film Lost in Translation, è considerato il profeta che ha portato i primissimi dischi hip hop in Giappone dopo un viaggio a New York nei primi anni ’80.
Contemporaneamente, l’arrivo di film che raccontavano la street life americana come Wild Style ha portato i giapponesi ad apprezzare e cominciare a praticare il writing, il deejaying e la breakdance. Da qui, gruppi come i Yellow Magic Orchestra hanno cominciato ad ibridare il loro stile introducendo interventi vocali rappati, come nella traccia Rap Phenomena del 1981.
Tuttavia, è solo con l’arrivo degli anni ’90 che finalmente viene sdoganata l’unica componente della cultura hip hop che sembrava non riuscire a decollare: il rap in giapponese. Se inizialmente i musicisti preferivano andare sul sicuro affidandosi alle rime in inglese, ad un certo punto alcuni pionieri decidono che se il rap non era adeguato all’idioma giapponese, allora doveva essere il giapponese ad adeguarsi al rap.
E’ così che sono nati i primi slang e le prime forme sintattiche decostruite che, in barba alla correttezza grammaticale, hanno permesso definitivamente di trasporre in giapponese i temi tipici della cultura hip hop, rafforzando il legame degli ascoltatori con le tematiche sociali trattate nelle canzoni e, dunque, trovando un consenso molto più allargato. Tale consenso sul lungo termine ha portato non solo a una maggiore diffusione della cultura hip hop in generale, ma anche e soprattutto alla nascita di clothing brands strettamente legati ad essa e oggi famosi in tutto il mondo, come ad esempio la BAPE, apprezzata da artisti del calibro di Pharrell Williams e Kanye West.
Per far quadrare definitivamente questa storia non ti resta altro che scoprire un paio di mostri sacri della scena hip hop giapponese anni ’90 che potresti esserti perso e che, secondo noi, devi assolutamente recuperare.