È il 2009. Taylor Swift è appena salta sul palco per ritirare il suo VMA per Best Female Video. Tutto bene fino a quando, durante il discorso di ringraziamento, non interviene Kanye West che, apparentemente un po’ su di giri, la interrompe bruscamente per elogiare il video di Single Ladies di Beyoncé.
Si scatena la baraonda e Kanye ha un solo modo per sottrarsi alle critiche: scappare dagli Stati Uniti. Intervistato da Ellen DeGeneres qualche tempo dopo, egli racconterà di essere stato prima in Giappone, poi di aver vissuto a Roma per alcuni mesi per evitare il pressing dei paparazzi e della stampa e, una volta tornato negli USA, di essersi ritirato alle Hawaii. Qui prenoterà tre sale di registrazione h24, chiamerà a sé tutti i migliori rapper, producer e cantanti in circolazione e comincerà un progetto che, dopo a malapena un anno, il 22 novembre di 11 anni fa, vedrà la luce con il titolo di My Beautiful Dark Twisted Fantasy.
Tra gli invitati alle sessions si annoverano praticamente tutti: da Jay-Z a RZA, da Nicki Minaj a Beyoncé, passando per Dj Premier e Pete Rock e arrivando a Q-Tip e John Legend. E tutti, nessuno escluso, in diverse occasioni hanno descritto meticolosamente le stesse scene di Kanye che lavora incessantemente in studio a qualsiasi ora del giorno e della notte. Al primo blocco creativo corre da qualcuno a cercare stimoli, chiedendo sinceramente interessato “Cosa ne pensi?”. E se la soluzione non viene fuori, per spostare il focus corre in un’altra sala di registrazione, dove altri musicisti stanno contemporaneamente lavorando ad altri pezzi.
In studio è Kanye che fa le regole, e le ha appese in bella vista perché tutti possano rispettarle: alcune sono più lecite, come “no Tweets” e “no foto”, altre un po’ più nonsense come “no cappelli hipster” e “alle volte cerca di stare zitto”.
Il core concept dell’album, che ruota intorno al concetto di fama come croce e delizia dell’artista, è sorretto da arrangiamenti massimalisti che, tra corali e strumentali, si adeguano continuamente al mood altalenante della narrazione senza mollare mai la propulsione.
Can we get much higher?
No one man should have all that power.
I’m a motherfuckin’ monster.
Runaway as fast as you can.
Livin’ life like we on a sweepstakes
I’m up in the woods. I’m down on my mind.
Ogni traccia ti porta su una giostra diversa: è un continuo volare alle stelle e piombare negli abissi dall’inizio alla fine.
Tra le cinque cover disegnate dall’artista George Condo per il disco, una in particolare rappresenta, nella versione incensurata, Kanye sovrastato da una creatura mitologica a metà tra una sfinge e una fenice. Ed è proprio attraverso quest’ultima che Yeezy riassume visivamente l’impatto della sua vicenda personale nello short film che ha accompagnato l’uscita di MBDTF.
La storia narra di una fenice vittima di un enorme incendio scoppiato in una foresta sperduta. Kanye, nella sua fuga disperata dalle fiamme, riesce a salvarla e a portarla al sicuro. La fenice ha superato la notte buia, ma si guarda intorno sperduta: non riconosce nulla del mondo che la circonda ed è costretta ad impararlo tutto da capo. E seppur non esistano regole universali per vivere un processo di guarigione e rinascita, Kanye si sente di dare un unico consiglio alla sua nuova compagna di vita, mentre spaventata e incuriosita ha un primo approccio con una TV: “First rule in this world baby: don’t pay attention to anything you see in the news“.
È incredibile come un personaggio apparentemente così fuori controllo come Kanye riesca a mantenere una tale coerenza narrativa attraverso tutta la sua discografia. Nell’occhio del ciclone della critica tra il 2009 e il 2010, con MBDTF Ye racconta le sue difficoltà nell’avere a che fare con le conseguenze fortemente oscillatorie della fama. E’ travolgente, ma è tutto qui. Non sente di dover chiedere scusa di nulla: gli basta come sempre mettersi a nudo per dire ancora una volta “Sono fatto così”.