“Io mi identifico in voi”. Esordiva così Virgil Abloh di fronte a un enorme pubblico di studenti dell’Università di Harvard nel 2017. “Mi sento sempre come se fossi un eterno studente”.
Con l’approccio di un bambino curioso e il genio di un artista fuori dagli schemi, Virgil Abloh ha lasciato un’eredità che travalica i semplici achievements di carriera: direttore creativo di Louis Vuitton, founder di Off-White, collaboratore di Nike, game changer nel mondo del fashion design, dei music visuals e delle arti visive, non ha mai smesso di identificarsi nel figlio di due immigrati che, con tanti sacrifici, lo hanno portato a fruire di possibilità che nel terzo mondo non avrebbe mai avuto. Sembra l’inizio della solita favola post-cordoglio, ma basta un rapido sguardo ai video dietro le quinte dei suoi shows per stupirsi del fatto che stavolta il protagonista della storia è un eroe vero, con un grande superpotere: la gratitudine.
È lui che, per ringraziare il padre e la madre di aver sacrificato la loro vita in Ghana per garantirgli un futuro migliore negli Stati Uniti, si è iscritto a ingegneria senza volerlo.
È lui che nel backstage cerca per primo il batti-cinque dei designer concentrati, degli stylist indaffarati, degli stagisti sfiniti.
È lui che alla fine di ogni sfilata allunga la mano e tira a sé tutti i collaboratori in un abbraccio.
Alla fine di ogni show le braccia di Virgil Abloh sono perennemente tese in avanti a dire grazie.
E un giorno, alla fine della sua prima sfilata a Parigi come creative director di Louis Vuitton nel 2018, quelle braccia hanno trovato le lacrime di Kanye West.
Ye, per i più fedeli detto anche The Louis Vuitton Don, non ha mai elaborato il fatto che la celebre casa di moda francese gli abbia messo sotto il naso un contratto pronto al decollo, per poi pentirsene e consegnarlo subito dopo nelle mani di Abloh, che dal 2009 era uno dei suoi più preziosi collaboratori. “Sono stato davvero male,” ha raccontato Kanye durante un’intervista con Zane Lowe parlando della sua reazione nell’essere invitato a quello show, “ma se non mi fossi presentato cosa avrebbero pensato di me? Nessuno sapeva che era esistito un contratto. Nessuno sapeva che questa storia mi avrebbe mandato in ospedale. Nessuno conosce le regole di questo gioco”.
Quel lungo abbraccio tra Kanye e Virgil Abloh è pieno di tutto: i sogni condivisi durante lo stage da Fendi a Roma, le vittorie conseguite con il lavoro nel team Donda, ma soprattutto un desiderio irrefrenabile di rompere gli argini infiocchettati dell’alta moda bianco europea che, proprio da quel giorno, da quell’abbraccio, non sarebbe mai più stata la stessa.
“Quando ho stretto Virgil, lui mi ha dimostrato che giochiamo tutti nello stesso campo, e lui ha fatto canestro a nome di tutti noi”, ha concluso Kanye. Dal canto suo, Virgil non ha mai nascosto la sua adorazione per Kanye e per la determinante spinta creativa da lui ricevuta: “Questo sogno è mio tanto quanto è suo. Nel mio sogno c’è lui a correre su quella passerella. E ciò che voglio sia chiaro di quello show è che non ero io a correre sulla passerella: era un’intera comunità. Quello show siamo noi, e nulla di tutto ciò sarebbe accaduto se Kanye tantissimo tempo fa non si fosse messo sulla cima di una montagna urlando: ‘Il futuro della moda sarà questo”.
In un post Instagram di qualche giorno fa, Bella Hadid ha scritto: “Spero solo che si sentisse amato quanto effettivamente era”.
Oggi, con le braccia tese, siamo noi che ringraziamo lui per averci dimostrato che non sono estro e vanità a fare un genio, ma umiltà e tanta gratitudine.