Nel 2018, durante una chiacchierata su Vulture, un intervistatore chiede a Mac Miller: “Alcune persone vanno troppo oltre nella lettura della tua musica, e a volte si creano convinzioni distorte sul significato. Se la gente sente canzoni tristi, allora pensa “questo ragazzo è pieno di problemi” e si sentono in diritto di fermarti per strada e chiederti “hey, va tutto ok?”. Mac risponde: “Ho sempre lasciato tutto all’interpretazione. Non so se sia giusto o sbagliato, o se aiuti la gente a digerire meglio la mia musica…”.
A distanza di due anni esatti dall’uscita di Circles, si continua a parlare di questo capolavoro come il “testamento” di Mac Miller. E in effetti, sono tante le congetture che portano a pensarlo in questa chiave: il double concept Swimming in Circles, citato dalla famiglia nell’unico post ufficiale che annunciava l’uscita del disco, accompagnato da scelte liriche estreme e strane coincidenze tematiche legate al concetto di chiusura di un ciclo.
Certo, è naturale leggere un lavoro del genere alla luce degli eventi che lo hanno succeduto. Ma è davvero il caso di continuare a banalizzare l’ultimo lavoro precedente alla scomparsa di un artista come “il suo testamento”? Davvero Mac Miller ha volontariamente affidato a questo disco le sue ultime parole? Chi ha devotamente seguito Mac nel corso della sua breve carriera ha fatto spallucce e capovolto questo tavolo di congetture.
Già da tempo lo stile di Mac si era allontanato anni luce dalla leggerezza di N.I.K.E.S. o di Blue Slide Park. Con Watching Movies with the Sound Off, Mac cancellava definitivamente la linea di demarcazione netta che lo recludeva nella gabbia della doppia hh, e si inoltrava in un territorio inesplorato fatto di strumentali ibridate, composizione e cantautorato. “Please give me the chance to go and live again / I’m having some trouble can you give a hand?”, chiedeva già allora in Objects in the Mirror.
E allora Circles è davvero la prima occasione in cui Malcolm McCormick affida a Mac Miller una richiesta di aiuto? Un piccolo riassunto può aiutarci a capire che ad ogni album avremmo potuto sospettare il mental breakdown con cui però, fino a Circles, Mac è sempre stato in grado di convivere alla luce del sole.
Faces (2014): And if by chance this is my grand finale / Bury me in Allegheny County (Grand Finale)
GO:OD AM (2015): I don’t know how the fuck I’m supposed to / Look into my parents eyes when I’m scared to die (Ascension)
E se si eccettua Divine Feminine, il cui tema non lascia spazio a problemi che non siano d’amore, arriviamo dritti a Swimming e all’emblematica Self Care.
L’essenza dell’opera di Mac Miller rimane in queste immagini che raccontano il periodo in cui, nel 2017, Malcolm stava lavorando a Swimming e Circles contemporaneamente. È l’aria frizzante dello studio, la vitalità della musica come balsamo lenitivo e come rifugio sicuro dalle pressioni inevitabili della mente, che vogliamo portarci a casa da questo anniversario.
Perciò portati la mano sul cuore e giura con noi: ogni volta che riascolterò Circles non penserò più a chi non c’è e a cosa avrebbe potuto dare, ma ricorderò che quel qualcuno c’è stato e che, da un’altra dimensione, si diverte a guardarci mentre ci stupiamo ad ogni ascolto.