L’occasione più recente in cui abbiamo sentito il nome di Arthur Verocai è stata lo scorso 20 gennaio, quando è andata in passerella l’ultima collezione disegnata da Virgil Abloh per Louis Vuitton. Lo show, accompagnato dalle musiche di Benji B e Tyler, The Creator, ha visto il maestro brasiliano protagonista degli arrangiamenti, diretti poi dal maestro venezuelano Gustavo Dudamel.
Ricordando come Arthur Verocai fosse un punto di riferimento sia per lui che per Virgil, Benji B ha detto “One of the things I really wish I could have done most is just send [him] that WhatsApp message. You know, ‘We got Verocai, exploding head emoji“. Per questa ragione, oggi vogliamo omaggiare un genio che ha rischiato l’oblio, ma che grazie all’hip hop ha avuto la fortuna di tornare a vivere.
Cap. I – Il genio
Questa è la storia di un giovane ingegnere civile che viveva a Rio De Janeiro. Fino al 1968 il suo impiego principale era quello di progettare ponti e strade, ma la sua passione per la musica lo aveva portato a studiare chitarra e composizione con uno dei padri del bossa nova, Roberto Menescal.
Con il tempo, per l’ingegnere, di nome Arthur, qualsiasi occasione diventa buona per farsi conoscere dal pubblico e per dimostrare le proprie doti di arrangiatore. Lavoro permettendo, comincia a girare tutti i festival del Brasile per fare pratica e farsi ascoltare, fino a quando il suo primo arrangiamento per Elis Regina lo porterà a prendere la decisione che gli cambierà la vita: è arrivata l’ora di lasciare tutto e dedicarsi alla musica.
Cap. II – Cadere dall’alto
Nel 1972, dopo quattro anni di arrangiamenti per la TV, la pubblicità e per artisti del calibro di Jorge Ben, Gal Costa, Célia e Marcos Valle, un discografico della Continental Records decide che quel ragazzo di 26 anni, così giovane e riservato, merita un’occasione che sia solo sua, per arrangiare la sua musica con tutta la libertà che il suo talento richiede.
Arthur Verocai ha finalmente carta bianca e, nel 1972, al momento di scegliere un titolo per il suo primo disco, su quella carta non ha dubbi su cosa scrivere: semplicemente il suo nome.
Il disco viene scritto in un mese e registrato tutto in un giorno, in una sola take. Ma le musiche hanno strutture troppo complesse, nessuna peculiarità commerciale e, soprattutto, i testi nascondono delle sottili frecciate metaforiche al regime dittatoriale militare in vigore nel paese in quel momento. Nonostante il nome di Arthur Verocai fosse già conosciuto tra gli addetti ai lavori, nessuno si degna di scrivere una recensione sul suo primo disco. È un dolore troppo grande per Arthur che, per assicurare un futuro alla sua famiglia, decide di lasciare definitivamente il cantautorato e di tornare in incognito nel mondo della pubblicità e della TV. Il suo nome è ormai destinato a rimanere dietro le quinte per sempre.
Cap. III – Non tutti i mali…
Un giorno Arthur Verocai viene raggiunto dalla mail di un fan: “Hey Arthur, questo tizio negli Stati Uniti sta usando la tua musica per fare delle nuove canzoni!“. È il lontano 2004 e il tizio in questione è MF DOOM che ha campionato la sua traccia Seriado nel suo Special Herbs. Sembra che in un primo momento DOOM non avesse chiesto l’autorizzazione all’uso dei materiali, ma come raccontato in un’intervista per Red Bull nel 2006, la prima reazione di Verocai è comunque da subito molto positiva. E non passa molto tempo che Arthur viene ricontattato da un certo 9th Wonder che vuole utilizzare la sua Caboclo per una traccia dal titolo We Got Now per il suo disco di debutto con il suo gruppo di amici d’infanzia, i Little Brother. Arthur è più che entusiasta del risultato, del fatto che i musicisti americani apprezzino il suo lavoro e gli ridiano una vita nuova creando nuova musica. E la ruota non si ferma: i samples si susseguono a ruota, e quel disco che nel 1972 nessuno aveva capito, dopo il 2006 supera sul mercato il valore di 2000$ a copia.
Cap. IV – Il lieto fine
Oggi il nome di Arthur Verocai non è nuovo a chi è appassionato di musica brasiliana e/o di sampling. Lo sanno i Badbadnotgood che l’anno scorso lo hanno invitato a prendere parte a ben 5 delle 8 tracce del loro Talk Memory. Lo sanno anche gli Hiatus Kayiote, che sono volati fino in Brasile per arrangiare insieme a lui il primo radioso singolo, dal titolo Get Sun. E lo sapeva Virgil Abloh che, così come Madlib e J Dilla, era un grandissimo fan del lavoro del maestro brasiliano, e lo avrebbe voluto a tutti i costi in quello che sarebbe stato il suo ultimo show, poi progettato secondo le sue volontà e sfociato in una combinazione di leggerezza, stile e poesia di rara bellezza.
La giustizia ha trionfato ancora una volta.
Gli equilibri sono stati ristabiliti.
L’hip hop ha salvato un altro genio.