Cosa possiamo dire del fenomeno LIBERATO ora che lo guardiamo da una distanza lunga 5 anni in cui abbiamo contato più assenze che ritorni?
Cosa ci ha insegnato il progetto LIBERATO e, soprattutto, qual è il suo futuro?
Proveremo a darne risposta in questo breve racconto che nasce da un ricordo precisissimo: è il 14 febbraio del 2017 e Rolling Stone pubblica in anteprima il video di un misterioso cantante napoletano. 9 maggio, un tumblr e poche parole a corredo: quanto basta per incuriosire, fare clic, linkare e dare inizio a tutto.
“Liberato è nato a Napoli e canta”, non ha bisogno di altre presentazioni. Esordisce con un brano mezzo trap e mezzo neomeolodico, legando il suo primissimo esperimento all’immagine di una ragazzina col trucco un po’ marcato e la felpa della Nike che si aggira per le strade di Napoli ballando e cantando il brano che oggi tutti conosciamo.
Il video è diretto da Francesco Lettieri (regista e parte del team Liberato) ed ha la stessa capacità seduttiva del pezzo: un moodboard di romanticismo e street culture, bellezza e decadenza che cinematograficamente rispecchia anche il pattern sonoro del brano, in cui il contorno del neomelodico è impreciso e sfuma nell’ammiccante contaminazione di generi fuori dal patrimonio tradizionale partenopeo.
Questa corrispondenza magica di musica, poetica ed immagini ha senz’altro contribuito ad accendere l’attenzione su un progetto che, con il solo espediente del mistero, non avrebbe avuto la stessa risonanza.
Da questo punto di vista, infatti, LIBERATO non si è inventato nulla e di artisti dall’identità nascosta ne è folta la memoria storica. Il valore aggiunto del progetto LIBERATO non è il segreto del suo volto ma è il fatto di essersi fatto un’identità, pur restando senza identità.
C’è una voce che comunica in un dialetto viscerale immagini iper condivisibili e un’idea di canzone che ha la capacità di rendere contemporaneo e mainstream il neomelodico e i suoi topoi.
Tant’è che, come dichiarato dallo stesso Lettieri, i primi riscontri del singolo sono arrivati non da Napoli, come ci si aspettava, ma da Milano e Roma: goal artistico e segno evidente che il progetto ha saputo comunicare in maniera trasversale, uscendo dalla nicchia Napoli e incuriosendo anche un pubblico alieno che si è ritrovato affascinato da una Partenope romantica, urbana e misteriosa, da un linguaggio senza patina, da un’estetica curata e allo stesso tempo popolare, così come da sonorità tradizionali ma ispirate anche da ascolti contemporanei e internazionali, da ROSALÍA a Flume.
C’è anche chi ha parlato subito di prodotto confezionato, di marketing e strategia ma è una cosa vera solo per metà: l’altra faccia della verità è la sensibilità di un artista e di un team di farti entrare in una storia.
Il momento in cui ce ne siamo accorti è stato al primo concerto di LIBERATO sul lungomare a Napoli: eravamo in diecimila a cantare sotto ‘a luna, ugualmente partecipi di un momento simbolico e senza uguali. Era quello il potere di un prodotto? No. Quella era la magia di una storia scritta da LIBERATO e sentita da ogni persona presente sotto a quel palco (e anche da chi lì sotto non c’era).
In apertura a questo racconto, ci siamo chiesti cosa ci abbia insegnato un progetto come quello di LIBERATO e ad oggi la lezione è quella di un sentimento di collettività che risiede in più punti di questo fenomeno artistico.
Anzitutto nel fatto che l’artista abbia rinunciato alla sua identità singola in nome di un team che sta dietro al nome LIBERATO. E poi anche il suo racconto è più universale che singolare: riguarda l’amore e ci accomuna tutti, parte da Napoli ma è globalmente esportabile, parla il napoletano ma lo mescola allo spagnolo e all’inglese creando un mix orecchiabile e irresistibile che si presta a un cantare corale, sentito, simpatetico.
E a questo punto, alla luce di quanto detto finora, davvero ci interessa sapere quale sia la persona che si nasconde dietro LIBERATO? Ciò che ai tempi di 9 maggio ci premeva scoprire quasi in preda a una sorta di euforia collettiva, adesso non ha più importanza (e crediamo che anche questo sia un sentimento condiviso). Il mistero di LIBERATO sta alla musica come il mistero del sangue di san Gennaro sta ai napoletani: c’è attualmente un motivo valido per cui svelarlo e smettere di perpetrare questo rito?
Di qui viene spontaneo chiedersi piuttosto quale sia il futuro di questo progetto e per quanto ancora riuscirà a tenere alto il livello di hype che dalla prima ora lo accompagna. Tutto quello che possiamo supporre si basa sul passato e ci fa dire che da 9 maggio alle più recenti collaborazioni con Ghali e Bawrut, non abbiamo mai smesso di comunicarci in caps lock che “OHHHH, È USCITO UN PEZZO NUOVO DI LIBERATO”.
E questo è un unicum, da 5 anni a questa parte.
Per cui, se del futuro non sappiamo dire, una cosa almeno è certa: LIBERATO (e con lui tutto il team) ci ha dato la possibilità di assistere al progetto più interessante degli ultimi tempi. Così, se ogni anno il 9 maggio aspettiamo che lui torni è perché ciascuno di noi, da allora, è “rimast’ sotto ‘a botta mpressiunat“.