Sin dai tempi in cui era producer-presso-sé-stesso su SoundCloud, avevamo inquadrato Tom Misch come uno da tenere d’occhio. Per 6 lunghi anni non ha fatto altro che sfornare quelli che secondo la denominazione da lui attribuita erano dei semplici tapes, fino a quando, il 6 aprile 2018, l’allora ventiduenne astro nascente non ci ha dato qualcosa che nemmeno noi sapevamo di volere: un vero e proprio album di debutto intitolato Geography.
La sfilza di 13 tracce, prodotte prevalentemente nel suo studio casalingo e rilasciate in modo indipendente sotto la sua etichetta Beyond The Groove, presenta un blend perfetto tra pezzi cantati e strumentali autoprodotte che ricordano solo lontanamente il passato da beatmaker di Tom Misch. Quattro anni prima dell’uscita di Geography, in un’intervista del 2014, a chi gli chiedeva se prima o poi avrebbe voluto suonare live, Tom rispondeva: “Mi piacerebbe mettere insieme una band, ma il fatto è che con le mie produzioni posso avere sempre tutto sotto controllo, mentre quando sei in una band… non sono ancora abituato al fatto che il bassista possa essere un individuo con una mente propria che fa quello che vuole! Però mi piacerebbe suonare con un batterista forte, o un bassista forte… e voglio continuare a cantare sulla mia roba perché penso sia questo che rende la mia musica accessibile a più persone”.
Su bassista e batterista possiamo ben dire che di lì a poco avrebbe cambiato idea, dopo aver provato a suonare con mostri come Rocco Palladino (figlio del più celebre Pino) e Yussef Dayes, che in realtà vediamo già nel video di It Runs Through Me. In questo disco, però, le collaborazioni più altisonanti sono prevalentemente delle voci, la cui scelta denota già una grande intenzione di crescita rispetto ai lavori precedenti. Beat Tape vol.2, ad esempio, vedeva la partecipazione di artisti inglesi di livello, tra cui Loyle Carner, Alfa Mist e Jordan Rakei (inglese d’adozione). Con Geography, invece, Tom Misch esula dai confini nazionali per andare a cercare i nomi a stelle e strisce di De La Soul e GoldLink, nomi che spingono ma che non fanno altro che impreziosire un disco di per sé già estremamente variegato, complesso e completo.
In Geography non è mancato praticamente nulla di ciò che desideravamo sentire dopo aver amato gli EP e i tapes che lo hanno preceduto, anzi. Le tracce oscillano tra il soul slow-jam di Movie e l’hip hop di Water Baby, passando attraverso bassoni funk, ritmati riff bossa, romantiche melodie folk e altre mille sfumature dei mood più disparati.
Sapevamo già che con il suo album di debutto Tom Misch non ci avrebbe deluso, ma quello che non ci aspettavamo da Geography era che ci avrebbe regalato quello che volevamo e anche quello che non sapevamo di volere.