Uly – in a café (that’s sweet)
La prima volta che ho parlato di Uly era il 2020, scrivevo una rubrica bellissima che si chiamava Landthropology in cui si raccontava la musica seguendo i confini geografici. Sono andata a controllare, ho scritto: “Se mi chiedessero quali sono le mie cose preferite dell’Irlanda risponderei sicuramente: l’isola di Skellig Michael, le sfumature infinite di verde e Uly“. Non è cambiato niente.
Lo scorso venerdì è uscito “1822.demos”, il nuovo mixtape dell’artista di Dublino che dal nome sembra una collezione dei pezzi WAV che erano rimasti salvati sul suo desktop da anni senza una destinazione precisa. È un disco bello, elegante, pieno di nostalgia.
Il mio brano preferito è in a café (that’s sweet) che, come suggerisce il titolo, è dolce come un gesto, come quando cammini con qualcuno dentro un bosco e all’improvviso si ferma con la schiena un po’ piegata; poi si gira e la sua mano è aperta e sul palmo c’è una piccola fragola rossa per te. Dura un attimo, finisce con due note sospese e si sente quel brivido lì: tocca a te e a nessun altro mettere in bocca quel frutto rosso, ed è buonissimo, come sono buonissimi tutti i momenti in cui ti fidi ciecamente delle mani di qualcuno.
Al secondo posto: slow waltz on the moon (con chichi).