Sapevamo che, essendo alla sua prima edizione, il Primavera Sound 2023 a Madrid sarebbe stato una festa, ma non sapevamo di dover versare così tante lacrime dall’emozione. Inizialmente lacrime amare, vista l’ondata di maltempo che si è abbattuta sulla città e che ha inondato la Ciudad del Rock, costringendo l’organizzazione a cancellare la prima giornata di eventi.
Ma per parafrasare uno dei maggiori poeti italiani, anche dal brutto possono nascere fiori: e così il concerto dei Blur, headliners della prima giornata, spostato in una venue più piccola a capienza limitata, ha permesso ai pochi fortunati di godersi qualcosa di irripetibile: assistere alla performance di una delle band più platealmente iconiche degli ultimi anni nell’intimità di un club. Un evento più unico che raro, tanto che lo stesso Damon Albarn alla fine del set ha detto “Ragazzi credetemi, questa è stata una serata davvero speciale”.
Il 9 giugno il sole si alza finalmente alto su Madrid, ed è l’ora di “riprenderci tutto quello che è nostro”. Alcuni intoppi nell’organizzazione dei movimenti da e per la Ciudad del Rock ci impediscono di arrivare in tempo per il concerto di Baby Keem (emoji del cuore spezzato), ma l’amaro in bocca non è poi così tanto, visto che a mani giunte in cuor nostro sappiamo che avremo modo di vederlo comunque sul palco. Il set successivo, infatti (preceduto da un Four Tet carico a pallettoni e dei Depeche Mode davvero esplosivi, oltre ogni aspettativa) è quello di Mr. Kendrick “Morale” Lamar. Una tuta di ciniglia rossa, un baseball cap “LA” e un gruppo di cinque ballerini con le sue stesse identiche sembianze bastano per mettere in piedi uno show iconico e toccante, in cui K Dot ha attraversato praticamente tutta la sua discografia da brani storici come “A.D.H.D.” e “Nosetalgia” al suo ultimo capolavoro. È uno spettacolo da tour? Certo che no, eppure l’emozione è alle stelle esattamente come se lo fosse. In più, le aspettative che ci eravamo costruiti un’ora prima non vengono disattese: non appena gli ottoni di Family Ties si librano nell’aria, vediamo spuntare Baby Keem che insieme al cugino percorre a grandi falcate l’altrettanto grande palco, mentre in basso la gente si libera dalle tossine cantando a squarciagola e pogando senza fine. Alla fine del set Kendrick, nel salutare il pubblico, urla: “I WILL BE BACK!”. Sintomo di un ritorno imminente? Chi vivrà vedrà.
Dopo questa doccia di emozioni, poi, back to back senza neanche un secondo di pausa arriva sul palco accanto il set di Fred Again.. e lì i lacrimoni non tardano a scendere. Dopo la scarica di adrenalina di Kendrick, infatti, leggere sul grande schermo “Ciao a tutti! È la prima volta che suono qui a Madrid” è sufficiente a farci ricordare la tenerezza di questo giovane talento inglese, e di tutto ciò che nella vita ha attraversato (e che vi abbiamo raccontato qui) prima di arrivare a salire su questo palco a festeggiare la vita con noi. Il set si apre ovviamente con Kyle (I Found You) e continua attraversando i più grandi successi di Fred, tra cui Sabrina (I Am a Party), Angie (I’ve Been Lost) e il suo ormai celebre mashup tra Chanel di Frank Ocean e A New Error dei Moderat. Nel turbine di emozione e lacrime che ci avvolge durante il live, Fred ci fa sentire un inedito in cui campiona Obongjayar. Snitchando sulla setlist, il titolo della traccia sembra essere Obong e nel presentarlo Fred lo dedica a tutti i fratelli e le sorelle. Non è un caso, visto che il sample utilizzato proviene dal video live I Wish It Was Me, dedicato da Obongjayar alla sorellina più piccola.
L’ultimo giorno si chiude con un set letteralmente infuocato di Skrillex (anche qui, arrivati con il naso storto e invece usciti con i connotati cambiati dalla meraviglia nostalgica di un set esplosivo in stile 2010), prima di una ciliegina sulla torta: il live delle 4 di mattina di Channel Tres che, con uno stile asciutto e mega iconico (kilt, canotta bianca e occhiale da sole), non ha impiegato niente a iniettarci un po’ di garage nelle vene per farci continuare a ballare dopo che credevamo di essere totalmente finiti.
Arriva così la tarda mattina del 10 giugno, terzo e ultimo giorno di festival, e aprendo gli occhi ci chiediamo esattamente dove pescare le energie per ballare come il giorno prima. Per questo decidiamo di arrivare a metà pomeriggio per un inizio smooth sulle note della dolcissima Arlo Parks: un live stupendo nella sua semplicità, che in qualche modo ci ricorda lontanamente i primissimi The Internet, nella purezza e spontaneità del sound live. A seguire sul palco accanto, la divina Sevdaliza che, in un set che forse sarebbe stato più adeguato alle 2 di notte che alle 6 di pomeriggio, ha cantato davanti la consolle ma ha anche sfrecciato sui controller, in una parentesi techno che nonostante il sole ancora alto ha fatto saltare in aria tutte le persone presenti.
Passa qualche ora e, dopo un’incredibile St. Vincent esibitasi con la sua band sul tramonto di Arganda del Rey, con il primo buio della giornata è il turno della divina Caroline Polachek: la sua figura sinuosa si staglia su una scenografia desertica / vulcanica dai colori cangianti, mentre i pezzi di Desire, I Wanna Turn Into You incantano le nostre orecchie dopo averci fatto preoccupare di un cambio di programma all’ultimo minuto (qualche giorno prima, infatti, Caroline aveva perso la voce ed era stata costretta a cancellare alcuni set).
Alla fine del concerto di Polachek la gente non schioda dal palco, e c’è un motivo: nessuno vuole perdersi il posto migliore per assistere al concerto di punta di questa edizione 2023. Tutte le persone venute per vedere Rosalía sono riconoscibilissime: brillantini, codini, trecce, nastri rossi tra i capelli (fa ridere come nelle FAQ del Primavera Sound, tra gli articoli proibiti da introdurre al festival ci fosse il casco da Motomami). A un certo punto le luci calano: parte al massimo volume il brano Matsuri Shake della band Punk Hardcore giapponese tutta al femminile ni-hao!!! La gente è confusa, ma prima di capire cosa sta succedendo, la Rosi (come tutti intorno a noi la chiamano) arriva sul palco: un outfit incredibile fatto di lupetto nero, calze nere, gonna in pelle nera, che più basic non si può, e che più iconico non si può nemmeno, a dimostrazione che una Motomami non ha bisogno di abiti surreali per essere degna di questa qualifica.
Lo spettacolo è una versione ridotta di quello del Motomami tour, ma il principio è sempre lo stesso: paradossalmente se sei nelle file davanti, non riesci a goderti lo spettacolo per com’è stato studiato, ossia per essere visto bene dal 90% dei presenti. Rosalía è spesso di spalle per dare la priorità alla telecamera, e sono le immagini sui maxi schermi a farti toccare con mano tutto ciò che accade, nonostante ogni tentativo di sorpresa sia spoilerato dal fatto che tutti sappiamo già cosa succederà per il grande volume di video che abbiamo visto su TikTok. Il momento più commovente (e sicuramente più improvvisato) dello show arriva quando Rosalía si siede per terra, prima di andare al piano e cantare Hentai, e racconta: “Quando ero bambina mio nonno mi diceva sempre ‘che triste la vita dell’artista’. Allora non lo capivo, mi sembrava assurdo pensare che la vita di un artista fosse triste. Oggi non credo che la vita dell’artista sia triste, ma dopo un anno e mezzo di tour sento davvero il peso. A me, così come a tutte le persone che con me lavorano a questo live, mancano tantissimo i figli, i compagni, i fratelli, gli amici”.
Assistere live a un’artista che spontaneamente sfiora il crollo emotivo durante tutto lo spettacolo (ha pianto davvero tante volte, ringraziato il pubblico e detto che dopo tanto tempo si sentiva davvero a casa) è qualcosa di unico, forse la cosa più preziosa che ci portiamo a casa dopo questo festival. Poche cose come la musica live ci danno la possibilità di sentirci così vicini a coloro i quali con la loro musica e le loro storie hanno colorato le nostre giornate più colorate così come quelle più grigie, ci hanno tirato su quando pensavamo di non riuscire a rialzarci e ci hanno fatto piangere quando pensavamo di essere incorruttibili.
La musica live è sempre tanto preziosa, ma la musica live al Primavera Sound lo è sempre (e da sempre) un po’ di più.