La notte del 3 novembre 1993, durante il suo celeberrimo Late Night Show, Conan O’Brien dice: “Abbiamo avuto ospiti tantissime band qui fino ad ora. Ma per quanto siano state forti, nessuna di loro ha mai portato un solo di didgeridoo. Bene, da oggi cambia tutto: dall’Inghilterra, diamo il benvenuto ai Jamiroquai!”
Si apriva così, 30 anni fa, quello che presumibilmente è stato il debutto americano di una delle band più colorate, chiacchierate e iconiche ad aver mai tracciato la storia del British Funk. Quel live è già storia dal primo secondo: un gruppo di ragazzini poco più che ventenni (il bassista Stuart Zender ancora teenager) con una presenza scenica travolgente ha lo sfacciato coraggio di presentarsi con una versione completamente riarrangiata del loro primo singolo, When You Gonna Learn, portando sul palco un DJ, due fiatisti e uno strumento aborigeno di un metro e venti.
È difficile non parlare di icone nel tentare di raccontare la storia di questa band. Un buon punto di partenza potrebbe essere il logo che ancora oggi segna l’identità del progetto e che il 14 giugno 1993 si stagliava netto e pulito per la prima volta sulla copertina del disco di esordio dei Jamiroquai, Emergency On Planet Earth, nato dalla mano di Jay Kay nel tentativo di disegnare sé stesso.
EOPE è un disco ancora tremendamente attuale, se si considera che (anno più, anno meno) quelle 10 tracce hanno praticamente la nostra età: “Ti conviene stare alle regole della natura / o lei si porterà via tutto / e non dirmi che sai meglio di lei cosa sia giusto e cosa sbagliato. […]”. Ambientalismo, guerra, anarchia, ribellione al sistema: questi sono i temi del disco che già un mese prima di uscire, faceva titolare a i-D Magazine “Jamiroquai: la voce di una generazione?”. A posteriori possiamo ben dire di sì, e non solo per quanto riguarda i temi trattati nei loro testi, ma anche per il contributo del frontman Jay Kay a tutta una dimensione estetica concettuale e fortemente contraddittoria della figura dell’artista.
Per citare un evento recente, ad esempio, Jason Cheetham (questo il nome al secolo di Jay Kay, ormai unico reduce della formazione originale) ha direttamente contribuito a disegnare la collezione uomo autunno-inverno 2022-23 dello stilista giapponese Junya Watanabe, tutta totalmente ispirata all’estetica Jamiroquai dei primi dischi e dimostrata durante un mini-show ispirato all’iconico video di Virtual Insanity.
Oltre al controverso cappello in pelliccia, realizzato con materiali (a suo dire) di seconda mano e primo di una lunga serie di copricapo iconici da lui disegnati e che gli sono valsi il titolo di “cappellaio matto”, sono le Gazzelle Adidas ad aver segnato in modo indelebile il look di Jay Kay sin dal giorno zero, quando le indossava con un’altrettanto iconica cappa multicolor. Insomma, una sorta di Kanye ante litteram, che con quella mania artistoide che in parte odiamo, in parte compatiamo e in parte amiamo a dismisura tanto da arrivare a comprare, ha la ghiotta opportunità di disegnare con Watanabe una collezione praticamente ispirata a sé stesso. Con un’unica non trascurabile differenza: lo stile dei primi Jamiroquai, così come il loro nome, attinge a piene mani dall’eredità di culture indigene Americane e Australiane, una scelta ovviamente ambigua e spesso duramente criticata.
I need a new shoe cupboard. Look what I found under the stairs. Sole Education! Shoes The Force! pic.twitter.com/6PawgKPqPn
— Jamiroquai (@JamiroquaiHQ) September 5, 2021
Con l’evolversi dei temi e dei tempi, poi, Jay Kay ha virato verso nuovi temi forse ancora più contraddittori, di quelli che (sempre inevitabilmente pensando a Kanye) fanno storcere il naso a molte persone, ma ne fanno eccitare e incuriosire molte di più. Dopo un rapido passaggio su argomenti astrali e proiezioni utopiche con The Return Of The Space Cowboy, infatti, nel 1996 con Travelling Without Moving spostano leggermente la centratura del focus sulle automobili, un’altra grandissima passione del frontman, più o meno grande quanto l’antitesi che inevitabilmente si crea con i temi estremamente conscious del suo primo disco. Il disco, pieno di pezzi storici e iconici della storia della radio, come Virtual Insanity e Cosmic Girl, convince il pubblico a tal punto da diventare ad oggi il disco Funk più venduto della storia, più di quelli degli idoli a cui Jay Kay ha sempre ammesso di ispirarsi nella scrittura dei suoi album, ma soprattutto più della band per cui, prima di fondare i Jamiroquai, aveva fatto un provino come cantante ed era stato rifiutato, ovvero i Brand New Heavies.
Chi scrive è ossessionata dai Jamiroquai dalla tenera età dei 12 anni. Eppure, non c’è ragione di non ammettere che le composizioni di Jamiroquai non spicchino certo per originalità, visto che sia sul piano strumentale che tematico il sound della band è sempre stato un patchwork di elementi della cultura Funk e Soul afroamericana cuciti con elementi elettronici di stampo 90’s England footwork (la versione alternativa di Do You Know Where You’re Coming From ne è forse il miglior esempio).
Abbiamo scritto e parlato di tantissime band qui fino ad ora. Ma per quanto siano state forti, solo i Jamiroquai sono riusciti ad amalgamare in modo organico elementi così tanto diversi tra loro, lungo tutte le fasi che il tempo ha permesso al progetto di attraversare sempre indenne, e a fare dello stile di un frontman folle e visionario un marchio di fabbrica così unico ed eterno.