Il vocabolario che BLUEM ha scelto per raccontare la sua musica raccoglie un lessico antico, inevitabilmente specchio della tradizione sarda di cui è figlia, ma allo stesso tempo registra la natura mutevole del tempo e ne accoglie, dunque, i neologismi, il parlato vivo e le infinite contaminazioni che interessano il linguaggio, sia esso meramente inteso come verbale ma anche come forma di comunicazione estetica e, naturalmente, musicale.
Così, “nou”, la creatura che segue “NOTTE”, è un album che pur nella sua eco più ancestrale ci fa sentire il rimbombo della contemporaneità, nel folklore sardo l’hyperpop, nelle leggende passate le esperienze più presenti.
Abbiamo chiesto a BLUEM di raccontarci alcuni lemmi del suo vocabolario artistico, prima di esibirsi a Spring Attitude nel weekend.
/nuò·vo/
“Nou” significa nuovo, in lingua sarda ma anche in catalano e in rumeno. Ho scelto questa parola come titolo del disco prima ancora di cominciare a lavorare sui contenuti. È stata una promessa, un sigillo. Venivo da un periodo di stallo dopo un esordio, “NOTTE”, che nel suo piccolo era stato travolgente. Non sapevo cosa il pubblico si aspettasse e non sapevo cosa volevo fare. L’unica cosa che sapevo è non mi volevo accomodare, volevo fare qualcosa di nuovo.
/ca·nà·le/
Ho usato questa parola in “piano song” ed è un termine a cui penso spesso. Questo disco è un canale in molti sensi. Prima di tutto perché collega le storie antiche con l’esperienza presente. La mia passione per certi personaggi e certi racconti antichi mi fa spesso ragionare sul fatto che, a prescindere dall’epoca in cui viviamo, l’esperienza umana ha delle pattern che si ripeteranno per sempre. Ci si ritrova nella storia di un personaggio di cui si è parlato per migliaia di anni, o che è stato inventato da un autore un secolo fa. È interessante poi notare come queste ripetizioni si sviluppano in maniera diversa a seconda dell’epoca che si sta vivendo, e quali caratteristiche di quel tempo specifico cambiano il nostro approccio all’esperienza. Per me personalmente “nou” è un canale anche perché è stato sicuramente creato in un momento di transizione, e porta con sé questo movimento.
/fem·mi·nì·le/
“Nou” è un disco con una forte componente di energia femminile. Porta dentro la rabbia di molte ingiustizie ma non è un album sulla rabbia, piuttosto sulla celebrazione di un’energia che ha sempre scavalcato, senza ripensamenti, gli schemi entro il quale si è cercato di contenerla. È un inno a molti personaggi femminili come Creusa, Sula, le Janas dei racconti tradizionali sardi.
/ri·cet·tì·vo/
Ricettivo penso sia una parola che descrive bene “nou” perché è anche il primo mio progetto che posso effettivamente definire in questo modo. Prima di questo album, tendevo a rimanere sigillata nelle mie idee, non mi sentivo compresa nella comunicazione e quindi sentivo l’esigenza di avere il controllo su tutto. Con questo progetto ho imparato a fidarmi e a ricevere il contributo degli altri, sono rimasta aperta durante tutto il processo all’evolversi delle cose, e all’opinione di chi avevo attentamente scelto di coinvolgere.
/im·pre·ve·dì·bi·le/
L’apertura verso gli altri e verso la collaborazione ha fatto sì che alcuni brani prendessero delle pieghe totalmente diverse dalla loro intenzione iniziale e, nonostante ciò, hanno soddisfatto la visione e spesso mi hanno portata in ambienti sonori in cui mi sono divertita molto ad esplorare. Penso che “nou” sia stato un album imprevedibile nella sua nascita per me quanto lo è stato per gli ascoltatori nell’ascolto. In questo senso mi sento di aver soddisfatto la promessa che mi ero fatta scegliendone il titolo.