L’Era Spaziale secondo GOLDEN YEARS
Già prima di iniziare a lavorare alle canzoni, avevo deciso il titolo dell’EP, Era Spaziale.
L’era spaziale (space age) è quel periodo del ‘900 che coincide con le prime esplorazioni nello spazio e il loro impatto sulla cultura di massa, influenzando cinema, arte e design.
Quel periodo dal punto di vista creativo è caratterizzato dalla curiosità, dall’ambizione di ripensare oggetti e strutture in una chiave inedita e visionaria.
Mi piaceva l’idea di provare ad adattare questo sentimento alla musica.
Canzoni e architettura per me hanno molto in comune: entrambe si muovono dentro strutture e spazi predefiniti, regole formali piuttosto chiare, all’interno delle quali liberare il loro potenziale espressivo, cercando di regalare all’ascoltatore/visitatore un momento di bellezza.
Per costruire l’immaginario visivo dell’EP, insieme a Blue Chips Studio (che ha curato da direzione artistica), abbiamo collaborato con Forgotten Architecture, che ci ha dato accesso a location incredibili e suggestive, come il Teatro Regio di Torino (dove è stata scattata la copertina dell’EP), lo Studio Gribaudo e la biblioteca Bonhoffer.
L’idea era di scattare una serie di foto in cui la mia figura fosse in secondo piano o comunque visivamente meno rilevante rispetto alle forme architettoniche della location, vere protagoniste dell’inquadratura. L’idea di sparire dentro l’immagine è anche assimilabile alla visione che ho del ruolo del produttore: sullo sfondo, nel tentativo di tirare fuori il meglio da un brano e valorizzare la personalità dell’artista che lo interpreta.
Ho cercato di riportare quest’idea nell’EP, provando in ogni pezzo ad adattare il mio gusto e la mia visione alle esigenze della canzone e al carattere dell’artista. I pezzi sono tutti nati spontaneamente in studio, quasi sempre partendo da un beat o un’idea musicale, cercando di lavorare il più possibile insieme agli artisti, quasi mai a distanza, con l’intenzione di costruire una sinergia del momento, un’intesa inedita che permettesse di creare qualcosa di inaspettato, al di fuori delle rispettive zone di comfort.