Ci vuole tempo per farsi una ragione di certe cose. Per accettare il nuovo disco di André 3000, poi, servirebbe un’eternità. Ma perché questo disco sembra aver deluso tanti dei fan della prima ora dell’artista? E soprattutto, abbiamo davvero il “diritto” di indignarci o di fare spallucce?
Abbiamo aspettato una settimana, perché parlare di New Blue Sun a caldo avrebbe potuto portarci a conclusioni affrettate. Allora facciamo un bel respiro profondo e andiamo con ordine.
Il nuovo disco di André 3000 era stato spoilerato per errore lo scorso giugno da Killer Mike durante un’intervista a Sway’s Universe. Da lì il putiferio: i forum, i social, il mondo si riempie della notizia incredibile del primo vero album di André Benjamin dopo ben 17 anni dall’ultimo disco degli OutKast. Essere il 50% del duo che (senza esagerare) ha cambiato i connotati del modo di fare rap, di narrare delle storie e di essere dei personaggi liberi in un mondo di thugs omologati, è un bel peso da portare sulle spalle.
Per questo siamo qui oggi non per commentare questo primo disco solista, un concentrato di Jazz astrale che di certo non suona come una particolare novità nel panorama internazionale: i connotati ambient e spiritual che lo caratterizzano, infatti, li troviamo nella storia della musica degli ultimi 50 anni, da John Coltrane (a cui André si è ispirato per cominciare a suonare il clarinetto basso e avvicinarsi ai legni in generale) a Nala Sinephro, passando per l’iconica Sun Ra Arkestra, e chi più ne ha più ne metta. Non siamo qui nemmeno a parlare dei lunghissimi titoli, già tutti un programma e che ci sembra inutile cercare di spiegare o interpretare (anche se BuyPoloDisorder’s Daughter Wears a 3000® Button Down Embroidered sembra proprio riferito a Kanye, ma facciamo che noi non lo abbiamo mai detto).
Dicevamo, non siamo qui per questo, ma per farci delle domande.
Come mai André 3000 è arrivato a questo disco?
Due anni fa celebravamo l’anniversario di Aquemini, e raccontavamo già che in un’intervista del 2019 a Rick Rubin André parlava con estrema nostalgia di un tempo che non sentiva più suo, quello degli OutKast. “Il problema dell’essere un artista di successo è che devi ritrovare un luogo sereno per continuare a produrre. […] È come quando sei bambino e sei in cameretta a giocare con i tuoi giocattoli: lì sei nel tuo mondo. Poi tua madre apre la porta e dice ‘Andrè!’ e quel mondo non esiste più. Non appena sul tuo mondo si posa l’attenzione di qualcuno, quel mondo sparisce”. Lo abbiamo ascoltato? Forse no.
Già un anno prima, aveva appena aperto Instagram e annunciato un EP di due tracce dal titolo Look Ma, No Hands, dedicato alla madre mancata nel 2013, dove cantava in acustico piano e voce e suonava il clarinetto insieme a James Blake. Già in quel momento si accendeva un grande occhio di bue su un cambio di rotta importante, derivato probabilmente da vicende personali nemmeno troppo misteriose. La morte quasi contemporanea di entrambi i genitori, infatti, sembra aver segnato in modo indelebile la vita di André, che li racconta esplicitamente anche in Life Of The Party con Kanye West. Lo abbiamo ascoltato? Pare di no.
A parte i suoi sporadici feat, a un certo punto, quando André Benjamin sembra sparito nel nulla, su TikTok cominciano ad apparire dei video che lo paparazzano nei più disparati angoli di diverse città (tra cui anche Tokyo) a suonare il flauto elettrico. Nonostante il plausibile fastidio, André sorride sempre alle camere, saluta sempre i suoi fan. È sempre vestito allo stesso modo, ha la barba lunga (non incolta), ha comunque il suo stile inconfondibile. Eppure, internet lo racconta come un pazzo. “André 3000 ha perso la testa”, “André 3000 in giro come un senzatetto a suonare il flauto”, “André 3000 suona per strada”. Spottarlo diventa praticamente un gioco, tipo Find Waldo. Prima di darlo per pazzo, ci siamo veramente chiesti perché stessimo assistendo a questo totale cambiamento? Presumibilmente no.
@iamciti3 I cant believe it. Bro just walking around completing side missions at this point lol. #iamciti #flute #andre3000 #justanotherdayinjapan #celebritysighting #outkast #tochigi ♬ original sound – IAMCITI3
Alla luce di queste brevi riflessioni, un’altra domanda sorge spontanea.
Perché tanto stupore su New Blue Sun?
Davvero ci aspettavamo un album Hip Hop da un artista con un percorso come quello di André Benjamin. Magari non ce lo aspettavamo, ma la speranza è l’ultima a morire. E così, visto che gli ultimi feat con Ye e Killer Mike ci avevano dato così tanto, abbiamo sperato fino all’ultimo che questa icona del rap nel mondo volesse regalarci quello che tanto desideravamo. Un desiderio egoistico, fatto di un’idea dell’artista a nostro uso e consumo, e non come una persona con la sua vita personale e le sue fragilità. Questo vuol dire che siamo fuori di testa ad aver pensato di sentire delle nuove barre da questo genio del nostro tempo? Sicuramente no. Tanto che lui stesso, conoscendo il suo pubblico e le sue aspettative, ha deciso di mettere le mani avanti subito. Il packaging del disco infatti riporta a caratteri cubitali: “WARNING: NO BARS”.
Ma allora New Blue Sun è davvero un disco così importante?
La risposta è sì, per diverse ragioni che prescindono dalla qualità musicale (comunque estremamente alta) e dall’originalità del prodotto. New Blue Sun, infatti è un unicum nella storia, non solo degli artisti Hip Hop, ma del mainstream in generale. È il primo disco di un artista che in 17 anni di carriera si è rifiutato di vendere. Sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto legato al rap avrebbe venduto per tutto il globo, e nonostante ciò non si è mai piegato alle logiche del consumismo musicale.
Nell’ultima interessantissima intervista a GQ, André riferisce al suo interlocutore una chiacchiera con Tyler, The Creator che alla sua ammissione di sentirsi privo di barre e di cose concrete da raccontare, sembrerebbe avergli detto: “Ma tu DEVI farlo! Devi farlo per dimostrare a noi giovani rapper di oggi cosa dovremo fare domani quando avremo la tua età”.
Perché pensiamo che gli artisti debbano fare ciò che ci aspettiamo da loro? Perché non amiamo sorprenderci di quella sorpresa che ci permetta di percepire reale vicinanza emotiva con il creatore di ciò che tanto ci ha fatto sognare? Forse perché per la nostra generazione il tempo è compresso. Per noi oggi è ancora il 2000, e forse per questo ci aspettiamo dagli artisti del tempo che siano ancora com’erano allora: giovani, freschi, dirompenti e uguali al giorno in cui ci siamo innamorati di loro. E così, presi dall’amore che abbiamo per loro, ci dimentichiamo spesso che non può essere così, che dal 2000 a oggi sono passati 24 anni e che chiedere ad André 3000 di essere quello che era al tempo è un po’ come chiedere a un nostro genitore di essere oggi quello che era quando aveva 20 anni. Una cosa irrazionale, quasi senza senso.
L’onestà di questo lavoro e l’attaccamento all’arte di questo artista così onesto e impavido ci basta per decretare che, nella sostanza, André 3000 è rimasto il grande genio di sempre.