Molly Lewis – Moon Tan
Niente al mondo mi fa sentire acusticamente in pace come una persona che fischia bene. Non dico che fischietta bene – odio quando le persone fischiettano – o che fischia per chiamarmi – odio anche quando le persone fischiano per chiamarmi -, dico proprio una persona che usa il fischio come uno strumento. Sento un’epifania, mi tocca dentro delle cose perdute e ancestrali. Ma forse è soltanto perché io non ho mai imparato a fischiare.
Si può vedere la luce della Luna dentro un fischio? Sì. L’alone chiaro, il quarto esatto, il cuore calmo di quando alziamo la testa verso il cielo e intorno dormo tutti. Moon Tan si muove lenta nell’acqua, come una medusa che ha già pranzato.
“On The Lips” è il nuovo album di Molly Lewis, uscito lo scorso venerdì. È un lounge bar di altri tempi, con la luce fioca e le poltrone di velluto. C’è una signora con la sigaretta nel bocchino e le gambe accavallate, chiude gli occhi quando inspira, sa che qualcuno la guarda. C’è un’aria di seduzione naturale, di rituali gentili, di baciamani; con uno sguardo più attento si intravedono i pizzi delle autoreggenti, i morsi sulle orecchie, e anche una pistola puntata all’improvviso alla fine della spina dorsale. Tutto quello che vediamo, anche se è davanti ai nostri occhi, è un mistero.
Nel disco ci sono: il pianoforte di Nick Hakim, la chitarra di Rogo, Leland Whitty e Chester Hansen dei Badbadnotgood al sassofono e al basso, El Michels Affair, Sacred Souls, e Roger Joseph Manning Jr. all’organo (che rende omaggio al compositore Piero Umiliani in Moon Tan). La band perfetta da ascoltare sorseggiando un Manhattan (ma pure più di uno).
Ascoltate “On The Lips” di sera, da soli.
Molly Lewis su instagram / bandcamp