una cosa divertente sulla canzone più triste del mondo:
Lunedì ho scoperto che – a differenza di quello che dicono Google e l’Università di Huddersfield – la canzone più triste del mondo non è Everybody Hurts dei R.E.M. ma una cantilena lugubre composta nel 1933 da Rezso Seress, un pianista, compositore e cantante ungherese con una vita incredibile (nella vita ha fatto anche il trapezista di un circo e il cabarettista).
Szomorú vasárnap (una poesia di László Jávor musicata da Rezso Seress) era una canzone così sconfortante che l’autore fu accusato di esortazione al suicidio. Bandito da tutti i festival e rifiutato dalle case discografiche, il nostro Diodato primordiale è stato censurato prima nel suo paese e poi a macchia d’olio da tutte le radio del mondo. Si calcolarono 19 decessi legati a Szomorú vasárnap soltanto in Ungheria. A Berlino un ragazzo che chiese al maestro di intonare il brano funesto, e appena tornato a casa si sparò, lasciando scritto che quella canzone ormai gli era entrata in testa e doveva “spegnerla”. Una donna in Gran Bretagna si buttò nuda in un fiume, un uomo a Parigi si soffocò e a Roma un ragazzo che pedalava sul Lungotevere, dopo aver sentito la nenia che usciva da una finestra aperta, piangendo, mollò il freno e si gettò nel fiume. Forse sono leggende metropolitane, ma io sono una che crede alle leggende metropolitane più che alle cose vere.
Per limitare i danni, visto il successo internazionale, il brano fu inciso in varie lingue tra cui in inglese (Gloomy Sunday) e in italiano (Triste domenica) ma con il testo addolcito e adattato, rompendo così finalmente la maledizione. Tra i principali interpreti ci sono Billy Holiday, Etta Jones, Serge Gainsbourg, Sinéad O’Connor e Björk.
Sopravvissuto a quasi tutto (campi di lavoro nazisti, delusioni politiche, moglie bellissima trovata a letto con un altro), Rezso Seress, stanco morto, si è suicidato due volte a Budapest nel 1968: una (fallimentare) gettandosi dalla finestra del suo appartamento all’ottavo piano e una poco dopo, in ospedale, strozzandosi con un filo del gesso.
Dannato ragazzo scorpione: ti voglio bene per sempre.