Ogni anno ce lo ripetiamo: la lunga notte di Torino al C2C Festival è un evento religioso a cui non si può mancare. Che tu sia lì per ascoltare e imparare, o solo per ballare e dimenticare, il festival avant-pop tra i più all’avanguardia d’Europa è lì ad aspettarti tra ottobre e novembre, come un premio per aver superato la fine dell’estate e aver ricominciato l’anno per portarlo a termine.
Quest’anno la line up costruita intorno agli headliners è stata più sperimentale del solito, a dimostrazione del fatto che se si chiama avant-pop c’è un motivo, e che la paura di “non piacere” non è contemplabile come ostacolo a un cartellone che per definizione deve sperimentare.
L’esperienza mistica di questo ventiduesimo anno di C2C Festival portava il claim “Living With The Gods”, un viaggio nell’olimpo della sperimentazione elettronica che al suo primo giorno, dopo un trascendentale set di Mica Levi, ha aperto le danze con uno dei nomi più controversi della scena underground targata UK: Dean Blunt. Com’è comprensibile, il set ha lasciato stupefattə moltə astanti, e se non conoscevi il personaggio probabilmente trovarti lì è stato parecchio strano.
NPR in un’intervista aveva usato dei termini perfetti per descriverlo, dicendo che “la musica di Dean Blunt può essere un’occasione per l’ascoltatore di esistere nel momento, in modo austero, al di là delle aspettative delle etichette di genere”. In quella stessa intervista, il padre di Babyfather, Hype Williams e di altri mille progetti sotto altri mille pseudonimi, dichiarava: I make sure the place is too smoky for me to even feel anyone else being there, and so I can smoke. So I don’t know about people.
In effetti, sullo Stone Island Stage (che poco si presta a mostrare l’artista, a parere di chi scrive scelta molto interessante e di rottura, perché ti obbliga ad ascoltare la musica e a tenerti il telefono in tasca) l’approccio è stato proprio questo. Salvo che la prima nota che esce dall’impianto è il riff di chitarra di Hexagram dei Deftones. Da lì, è tutto un capitombolare di tracce metal / punk rock dai Metallica ai Pantera, passando per Ramones, Misfits e Danzig. La setlist l’abbiamo snitchata per te e la trovi in questa playlist. Se eri lì per l’esperienza e non stare nella comfort zone, di certo ti sei divertitə in mezzo al pogo, ma soprattutto sul momento finale del set in cui, sulle note di One dei Metallica le persone hanno tirato fuori gli accendini. Che momento epico.
Se vuoi approfondire Dean Blunt, puoi farti un’idea del personaggio da questo mini-documentario dove a un certo punto dice “non mi piace la musica”.
Tanto spazio per Dean Blunt, perché in realtà il resto degli act non ha bisogno di presentazioni, visto che subito dopo sullo stesso palco nella cornice del Lingotto si è esibita Yaeji, diamante di punta della nuova scena elettronica di stampo koreano (ti ricordi? te ne avevamo parlato qui) in un set dritto ma dal suono stondato con tracce occasionalmente più melodiche, non derivativo dalla sua attività di artista e anzi, molto identitario di un’attività da DJ parallela e non sovrapponibile a quella discografica.
La stessa sera, poi, non potevamo perderci l’evento pensato appositamente da Bulldog Gin in una delle cornici più iconiche del festival, ovvero le stupende Officine Grandi Riparazioni, dove Mace ha coronato il suo debutto al C2C Festival con un DJ set esclusivo, per poi fare doppietta il giorno dopo sul main stage del Lingotto, in cui ha chiuso una serata già ricchissima con il suo nuovo imponente progetto audiovisivo Voodoo People!.
Sul suo stesso palco si erano già esibiti Nala Sinephro, uno stupendo Sega Bodega che ci ha regalato anche un inedito con Kiss Facility (esperienza sonora mistica vederlo live, super raccomandata), dei toccanti Darkside d’annata, primissima band universitaria di nostro padre Nicolas Jaar, e una rilucente Arca che come suo solito più che un concerto ha messo su una vera e propria performance.
Il sabato poi, dopo l’apertura spirituale di Shabaka, è stato un continuo avanti e indietro per acchiappare tutto il bello: da una parte l’area più sperimentale dello Stone Island Stage, con nomi come il rapper Billy Woods (della famiglia di Earl Sweatshirt, Alchemist & co.) e John Glacier (da cui forse ci saremmo aspettatə qualcosa di più), dall’altra il main stage con un live a dir poco estasiante di Sofia Kourtesis tra suoni estatici, colori e un mapping incredibile fatto di immagini femminili raccolte in tutte le forme (foto, sculture ancestrali, passaporti, video, …). Quando eravamo abbastanza caldə poi, da Torino Lingotto è passata di nuovo Romy (che a differenza di due anni fa stavolta ha portato un live set), la quale ha poi lasciato il posto ai Bicep, anche loro di ritorno sul palco del C2C Festival con un nuovo progetto live, Chroma.
Il fatto che infine l’evento più catartico sia stato quello di chiusura dei tre giorni di festa al Lingotto, fa pensare e apprezzare che davvero nulla di questo calendario sia lasciato al caso: A. G. Cook, semplicemente il producer di BRAT e di quasi tutti i lavori di Charlie XCX dal primo album in poi, ha deciso che tutte le persone presenti a quel set di chiusura dovevano essere stregate e uscire da lì senza capire nulla. Un set stupendo, dove tutti i sottogeneri dell’elettronica di stampo UK si sono incontrati in una sorta di religioso rito collettivo di epurazione finale, a chiusura di un’edizione divina che, come del resto tutte le altre, difficilmente dimenticheremo.
La notte di Torino quando c’è il C2C Festival dura circa 4 giorni. Se al Club to Club non ci sei mai statə, ci sentiamo abbastanza safe nel dirti che è un’esperienza che va fatta almeno una volta nella vita. Se invece non è la tua prima volta e sei andatə a cuore aperto, sai già che tutti i momenti del festival, anche quelli che ti fanno storcere il naso, subito dopo ti porteranno curiosità e voglia di scoprire cose nuove. L’olimpo deve proprio essere così: un posto paradisiaco, dove vorresti che la notte non passasse mai.