Sia che lo abbiate conosciuto sotto lo pseudonimo di Superpitcher od in tandem con Michael Mayer nel progetto Supermayer su Kompakt, oppure ancora accompagnato dal messicano Rebolledo nelle vesti di Pachanga Boys, impossibile non aver notato l’eccentricità del produttore tedesco Aksel Schaufler.
A confermarla ancora una volta questo suo ambizioso ed unico -e questo detto se non altro per la sua lunghezza – progetto discografico denominato “The Golden Ravedays”.
Durante il corso di tutto il 2017 infatti, Superpitcher ha dato alle stampe un EP a cadenza mensile, ma non basta. La durata dei ventiquattro brani pubblicati varia da un minimo di una decina di minuti scarsi ad un massimo circa venti, per un totale di quasi sei ore di musica.
E sì, avete letto bene… la bellezza di sei ore divise tra dodici EP in un unico box set pubblicato a sua volta alla fine dello scorso dicembre a chiusura del ciclo.
Ma a parte questo, è la varietà stilistica dell’operazione che più intriga: Schaufler è abile nel gestire le premesse disco house di Andy o del brano di punta Brothers tanto quanto esperimenti in jamaican style come Late Night Skanking e Punky Reggae Party, passando per le suggestioni africane di Bluesin e Burkina e la quasi trance di Resistance fino al downtempo di ispirazione trip hop di Tuesday Paris Texas anche se le regole del gioco, di volta in volta, vengono stravolte per lasciare che nel loro svolgimento le tracce partano allegramente per la tangente finendo per deragliare o perdendosi, a seconda dei casi, in orbite extraterresti e viaggi siderali.
Certo, con dei minutaggi del genere lo spazio di manovra non manca. Ma è proprio per questo che la raccolta – anche se realisticamente forse non del tutto fruibile in una sola seduta d´ascolto – funziona. È lo spirito di avventura – un po’ ingenuo un po’ guascone – che Schaufler riesce a trasmettere con la sua psichedelia pan-globale e le sue fantasticherie cosmiche che affascina.
Si consiglia di prendersi un giorno intero di vacanza per poter apprezzare appieno questo “The Golden Ravedays”. Ne vale decisamente la pena.