La prima volta che ho ascoltato Massimo Pericolo mi aveva lasciato indifferente, e capisco in funzione di quel mio primo, velocissimo, ascolto le rimostranze di chi mi dice “oh ma che cazzo ti stai ascoltando, ogni tanto guardo la tua bacheca per trovare cose nuove, ma Massimo Pericolo…”. Quello che ripeto da settimane come un disco rotto è “aspetta le cose nuove, intanto prova con le tracce più vecchie. C’è proprio tutto un mondo dentro che secondo me va scoperto”.
Seguendo il suggerimento che do agli altri, anche io ho scrostato piano piano quella patina “zarra” per trovarci dentro delle dimensioni così diverse tra loro da risultare quasi incoerenti. Massimo Pericolo racconta la periferia anzi, racconta proprio la vita fuori dalle grandi metropoli, la mancanza di un futuro certo, la difficoltà nel gestire i sentimenti e il rapporto con l’altro sesso. La necessità di sentirsi amati. Ma lo fa sempre con una violenza che è urgenza di vivere e non perdere altro tempo. Sembra un personaggio uscito da qualche storia scritta da Irvine Welsh e non è un caso se la lettura sembra averlo in qualche modo salvato.
Spesso ci troviamo ad odiare artisti semplicemente perché non li vorremmo mai come role-model dei nostri figli, fratelli, amici. Massimo Pericolo non vuole essere il role-model di nessuno, manco di se stesso. A lui basta avere “solo una vita decente”; adesso che ha già una casa più grande di quella di sua madre, che la galera è un ricordo, può andare a prendersi quel futuro che la vita e lo Stato sembravano avergli precluso.
In questo senso, nell’ottica della volontà di ricostruirsi un mondo migliore, 7 miliardi è solo l’esca a cui far abboccare il numero più ampio di ascoltatori. Nel resto dei brani, in particolare in quelli che ancora devono vedere la luce, c’è un immaginario diverso, eterogeneo, che si distacca dalla durezza del singolo prodotto da Phra e Nic Sarno per mostrare la capacità di scrittura nichilista e sincera di MP. Lo vedevi già in X3 e Totoro. Pericolo non è solo acredine e dolore, ma è anche una verità che viene alla luce poco a poco, come quelle che non racconterai mai all’avvocato.
Come nasce il nome Massimo Pericolo?
A caso, ero convinto di aver sentito l’espressione “Massimo Pericolo” in un servizio al TG e ho pensato fosse divertente e stiloso come nome.
L’ho scelto per gioco ed è diventata una cosa seria.
Raccontaci di Brebbia, come ti ha formato il posto da cui vieni?
Brebbia è il paese dove mi sono trasferito quando ho lasciato casa di mia madre, a 17 anni, e da allora vivo solo. È lì che “a 18 anni ho una casa più grande di mia madre”. In più è dove abitano da sempre i miei nonni materni, che sono stati sempre il mio punto di riferimento.
Tre nomi che hanno influenzato maggiormente il tuo percorso.
Eminem, Pietro e Luca.
Nei tuoi brani ci sono momenti molto diversi. Alcuni estremi e molto duri, altri come in Totoro e X3 in cui viene fuori il tuo lato più umano. Quanto è difficile trova un equilibrio anche artistico tra queste due forze?
Per nulla, credo sia più difficile per chi mi ascolta ahah.
In alcuni testi parli di depressione e problemi legati alla salute mentale. Ti sentiresti di dire qualcosa a chi, in questo momento, ti ascolta e sta vivendo un momento difficile?
Apritevi con le persone care.
Nella tua storia personale non fai mistero di aver avuto problemi con la legge. Come ti ha cambiato quell’esperienza?
Non è facile rispondere, sicuramente è stato un trauma ma tutto passa e la cosa importante è aver scontato la mia pena da uomo e potermi guardare ancora allo specchio.
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Come è nata la collaborazione con Phra Crookers?
Non smetterò mai di ripeterlo ma è stato grazie a Rafilù e Speranza. Ci hanno presentati e ho avuto modo di far sentire i miei lavori a Phra.
C’è qualche artista in Italia con cui ti piacerebbe collaborare?
Ci sono molti artisti che stimo, sono fan di pochi e mi vedrei bene a collaborare con pochissimi.
Pensi ancora che non ci sia un futuro, come gridi quasi in Doppietta Freestyle?
Sono meno preoccupato per l’aspetto economico, lo rimango per la mia felicità.
In 7 miliardi dici che vorresti solo lasciare Varese, poi descrivi Milano come una cella senza cesso, quindi: dove ti piacerebbe vivere? Meglio i boschi, la città, un’altra parte del mondo che non sia la Brianza?
Quella barra di 7 miliardi vuol dire che anche se non ho mai studiato granché non mi sento uno stupido, che forse ti basta saper comunicare le tue idee in un altra lingua per cambiare vita in un posto diverso da questo dove invece conta più la carta della persona. Ma Come dico in Baklava non ho mai girato il mondo, non conosco gli altri paesi, non so se davvero mi troverei meglio altrove, i tuoi problemi te li porti dietro. Comunque mi piacerebbe abitare al mare.
Nei tuoi testi si mescolano continuamente sentimenti molto vari nei confronti dell’altro sesso. Da loro che ti cercano come se fossi un oggetto, a te che le usi o in alcuni casi le devi lasciare. Penso a “mentre la mando affanculo dentro muoio”. Ti va di parlarci il tuo rapporto con le donne?
Penso che le persone siano opportuniste e egoiste a prescindere dal sesso. Se fossi gay ce l’avrei coi maschi. Non credo all’amore ma continuo a cercarlo, magari mi sbaglio.
Quanto sono importanti i broski nella tua vita, oggi?
È anche grazie a loro se sono qua.
Ti va di dirci cos’è “il Tempio”? Sembra quasi uno di quei posti alla Twin Peaks.
Mi piace si sia creato del mistero, perciò intendo mantenerlo ahah.
Nel video di Miss, tra le altre cose che sono con te in quel bagno, c’è Post Office di Bukowski. Cosa stai leggendo adesso?
Hollywood, Hollywood di Bukowski.
Quanti soldi farai nel 2019?
Meno del 2020.