Come spesso accade per le cose belle, ho scoperto maggio per caso. Scrollando senza meta su Instagram, sono inciampata nel profilo di questo rapper romano dagli occhi a mandorla – che vive a Milano, ma non ha intenzione di abbandonare il suo accento romanaccio – e in un attimo sono stata catapultata nel suo piccolo mondo, fatto di traslochi, amicizie di una vita e tutto quel bagaglio esistenziale che ci portiamo dietro quando dobbiamo crescere, cambiare e affrontare le piccole, grandi questioni della vita.
E come ogni rapper che si rispetti, anche maggio fa parte di un affiatato collettivo: si chiama klen sheet e sono un gruppo di amici, quasi per caso, che nel 2016 hanno deciso di fare cose fighe insieme. C’è l’illustratore (Ratematica), chi fa i beat (Zteph), chi suona la batteria (P lo bro) e chi rappa (maggio e Ngawa), ma quello che salta subito all’occhio è l’amicizia che li lega e la voglia di “fare e farsi il culo” [cit.].
Qualche settimana fa è uscito Cancello, il primo singolo che anticipa l’EP d’esordio: chiamatelo pure emo-rap, il brano, nato da uno scherzo, porta definitivamente alla luce le doti di maggio, con un testo intimo che con poche, semplici parole riesce a renderci vivide immagini quotidiane; il tutto sapientemente armonizzato dal beat di Zteph, malinconico quanto basta per diventare il vostro nuovo brano del cuore.
“Cancello” è il primo singolo estratto dal tuo prossimo EP: com’è nato questo brano con Zteph?
maggio: prima di tornare a Roma quest’estate, la mia ragazza per scherzo mi disse di fare un pezzo chiamato “Cancello”. Rigirandomi la parola in mente mi sono conservato quest’idea finché zteph mi ha fatto sentire il beat che era ancora in fase embrionale. Tra settembre e ottobre io e Ste’ ci siamo visti ad un live e abbiamo deciso di fare qualcosa insieme e di inedito, di registrarlo – prima di quello avevamo solo mixato delle mie strofe su beat di altri. Per cui tutto combaciava e quel beat mi sembrava possibile sfruttarlo. In fretta e furia una versione primordiale era già pronta ad uscire ad ottobre, ma poi è nata l’idea di fare un EP e abbiamo rallentato il tutto in virtù di un progetto più ragionato.
Zteph: “Cancello” è nato per caso. Avevo fatto un beat per voglia e necessità di produrre senza pensare all’utilizzo che se ne sarebbe fatto. L’idea era di esprimermi parlando del mio primo anno a Milano. Ho passato il beat a maggio e durante l’estate lui ci ha lavorato a distanza.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo EP?
maggio: A dirla tutta non lo so perché quello che cerco di fare con i miei pezzi a volte ho il timore che venga percepito come malinconico o triste, quando per me è sempre stato un modo di reagire coi fatti a qualcosa di negativo, oggettivandolo e spogliandolo anche di quel velo di esagerazione che il cervello a volte ci pone sulla testa.
In ogni caso, spero che arrivi quella voglia di rivalsa, di gestirsi i propri problemi affrontandoli con un po’ di sana insolenza e testa sulle spalle. Quello che scrivo è solo un modo per mettermi di fronte a quello che vedo e a come lo sento per risolverlo e passarci sopra. Farlo con le produzioni di un amico è stato veramente semplice perché ci si capisce al volo e si è sulle stessa lunghezza d’onda. Poi al di là del contenuto, ci saranno una cifra di parole/rime/assonanze, essendo una delle cose che più mi piace fare.
Zteph: Dall’EP da parte mia c’è sempre stata la necessità di raccontare qualcosa. Dato che con le parole non sono mai stato troppo bravo ho cercato di concentrarmi sulla parte sonora, basandomi anche sulle sensazioni che maggio voleva esprimere nel pezzo successivo. Perciò ho provato a sintetizzare tutte le sensazioni che ci passavano per la testa nelle strumentali, seguendo tutti i discorsi fatti riguardo questo progetto e le nostre vite riarraggiandoli con la mia chitarra.
I tuoi testi sembrano una piccola finestra sul tuo mondo personale: quando hai iniziato a fare musica e perché?
Di base credo che siano effettivamente una finestra sul mio mondo personale. Allo stesso tempo però nei miei testi ho sempre cercato di rendere il tutto impersonale, affinché poi quello che sono possa comunque rimanere tra me e le persone che mi conoscono. Mi piace pensare di potermi aprire ma allo stesso tempo rendere il tutto generico. Scrivo da circa 8-9 anni, ma ho sempre pensato molto. Conoscendo Ngawa nel 2015 oltre ad ascoltare tanto rap ho iniziato ad appassionarmi all’idea di poterlo fare. A fine 2016 col trasloco a Milano mi sono ritrovato con quest’idea di travasare il mio modo di fare in prosa su musica, per cui ho iniziato con il freestyle in cameretta per abituarmi a piegare le parole in funzione del tempo. Per un anno ho fatto solo quello oltre al lavoro. Arrivando in una nuova realtà avevo troppe cose a cui pensare e mi veniva piuttosto semplice sublimarle in qualche modo. Passando per vari lavori ho conosciuto un’infinità di persone e prospettive che non avevo calcolato e l’idea di poter esprimermi attraversi vari punti di vita è una cosa che mi ha sempre affascinato, anche egoisticamente parlando per una mia crescita personale. Posso dire che ho iniziato a rappare davvero a fine 2016, perché mi piaceva un sacco. Ora oltre a piacermi, è nella pratica un’esigenza.
Se ho una giornata di merda penso solo: vabbè al massimo stasera scrivo un altro pezzo così mi fomento.
Le tue principali influenze musicali?
Ai tempi del liceo ascoltavo pop-punk, alternative rock, post-rock, screamo, emo e allo stesso tempo mi ero avvicinato al rap con Noyz Narcos e altri esponenti della scena romana. Andando avanti mi sono avvicinato molto di più al rap italiano, percorrendolo dagli anni ’90 ad oggi. Mi piacevano le parole, il modo di esprimersi e il fatto che tutto mi sembrasse così personale e facente parte di uno scenario ben più grande e unificante era davvero utile per chi magari si sentiva emarginato nella propria testa nonostante magari nemmeno fosse così. A livello di testo ci sono spesso varie citazioni di Fibra nelle cose che scrivo, specie da Uomini di mare e Turbe giovanili.
Però tutta quella matrice al di fuori del rap che avevo coltivato negli anni su un binario parallelo è sempre rimasta e a livello sonoro credo che si possa notare. Zteph invece viene dall’hardcore e dal metal ma allo stesso tempo ascoltava e ascolta anche le mie stesse cose ed è anche grazie a questo che ci viene facile sintonizzarsi quando dobbiamo fare pezzi assieme.
Cos’è klen sheet?
maggio: per me è solo un modo di definire una cosa per sentirsi ancora più legati ad un’identità. Klen era il mio cane poi, per cui l’unione di queste due parole genera più significati. Da quello sportivo (clean sheet) a quello più informale o metaforico. Un foglio bianco, un buon inizio, lenzuola pulite, il foglio di Klen, la merda di Klen. Un po’ tutto, un po’ niente, ma comunque è sempre una cosa nostra.
Chi sono i membri del collettivo e com’è nata l’idea di collaborare insieme?
maggio: Sono Ngawa, zteph, Ratematica, P lo bro e maggio cioè io. Il collettivo è nato nel 2016 per dare un nome ad un gruppo di amici che avevano passioni diverse. Eravamo io, Ngawa e P. Io ero grafico e basta, Ngawa rappava e P era batterista. Col mio trasloco a Milano ho poi conosciuto Ratematica e zteph.
Zteph: Io ho preso la decisione di far parte del collettivo parlando con maggio quest’estate (2018) perché mi piaceva passare il tempo con persone che potevo reputare amici e collaboratori allo stesso tempo. Persone che potevano ricambiare con la mia stessa lingua nonostante tutti partissimo da un background che per certi tratti è diverso ma che allo stesso tempo ci accomuna.
Ngawa: Io e maggio ci siamo conosciuti poco dopo dal mio ritorno dalla Francia dove ho vissuto per un periodo. A Roma vivevamo nello stesso quartiere e un anno dopo esserci conosciuti l’idea era che io avrei rappato e maggio avrebbe fatto le grafiche ed i video per i miei pezzi. Col tempo però ho continuato a dirgli di provare a rappare così avremmo fatto pezzi assieme e la situazione si è evoluta fino ad arrivare ad oggi.
Ratematica: maggio mi ha scritto a gennaio in un periodo in cui c’era anche Ngawa in città. Ci siamo visti a casa sua a metà di via Padova, gli ho fatto vedere dei miei disegni e da lì è nata molto spontaneamente l’idea di fare cose assieme. Non c’è mai stato un vero momento in cui la cosa è stata definita ma è successo.
Qual è il comune denominatore che vi unisce?
maggio: Ho sempre sentito che ci si potesse capire nonostante le differenze. Poi quello che uno fa nella vita come passione e lavoro per me conta poco. Per cui credo l’empatia e un certo piglio nel vedere il mondo e la propria vita. Poi ognuno fa qualcosa di potenzialmente fico in contesti diversi, è anche meglio. Ognuno può avere aiuto dall’altro per compiti diversi. Ad esempio i miei pezzi prima di “Cancello” avevano spesso illustrazioni di Ratematica ed erano prima mixati da zteph.
Zteph: Sapere che ognuno ha un ruolo ci dà un’identità ben definita a livello personale. A livello umano noi tutti condividiamo un certo background di esperienze dalle quali viene la necessità di doverle e poterle raccontare. Vivendo a Milano che è una città piuttosto caotica dove le persone sono incentrate sul proprio percorso da fare, c’è questo bisogno da parte nostra di voler prendersi il tempo e lo spazio per potersi semplicemente sfogare attraverso ciò che ci piace. Se poi tutto questo arriva a qualcuno, tanto meglio.
Ngawa: Per me, maggio e P sicuramente il fatto di essere di Roma e l’aver vissuto la stessa parte della città in modi differenti. Tra noi tutti invece c’è sempre stata quella sensazione di essere visti come strani o particolari, sia presi singolarmente che in gruppo.
Ratematica: La voglia di fare e di farsi il culo. Con rispetto però. vvb.
Domanda per il sociale: com’è vivere a Milano per un romano?
maggio: L’ho presa abbastanza bene e come una sfida questa cosa del cambiare città, nonostante l’andarmene dal posto in cui sono nato e che mi ha cresciuto sia stato abbastanza complicato soprattutto all’inizio. Ho sempre visto gli altri come più forti a urti del genere, proprio per questo ho pensato di cambiare aria anche io, per migliorarmi in un periodo buono sì, ma con alle spalle anni e anni di apatia e nullafacenza. Perciò qui a Milano ho imparato naturalmente a scandire meglio certe parole e sbiascicarle di meno e col rap mi è stato particolarmente utile. A livello umano mi sono sempre trovato bene ed adattato ma il fatto di essere di Roma ha fatto anche sì che conservassi il mio modo di fare e di essere con un pizzico di presunzione e goliardia. In un certo senso influenzo più io le persone che conosco piuttosto che l’opposto. Rispetto a Roma è tutto più caotico ma era quello che mi serviva. Qui è una specie di palestra a cielo aperto dove sembra che tutti si stiano allenando per qualcosa. Il che a volte è alienante, a volte sprona. Di base poi mi trovo bene ho fatto amicizia presto con la città, ci conosciamo abbastanza bene e venendo da una città ben più grande non ho grandi problemi col viverla.
Zteph: Io rispondo da pugliese. Per quanto mi riguarda, mettendo da parte legami e radici, vivere in questa città mi espone a differenze abissali ma al contempo mi ha sempre dato l’impressione che quello che voglio fare non sia impossibile, che un ragazzo di sedici anni che voglia suonare e urlare possa farlo, contemplando comunque l’esistenza di problemi con l’adattarsi a nuove usanze, una nuova vita e anche un nuovo contesto dove ci si sente più piccoli e meno importanti per gli altri, quando gli altri sono molti di più rispetto alla città da dove vengo, dove quello che sei lo sanno tutti, nel bene e nel male.