Giunto alla quarta edizione il festival irpino Flussi si impone come una delle realtà di maggiore spessore e qualità nell’ambito dei festival di musica elettronica, anche se questa definizione potrebbe suoanre, anzi suona, assolutamente riduttiva. Flussi è nei fatti un evento crossmediale, che unisce arti ed artisti differenti, la musica ovviamente è elemento cardine forse centrale ma assolutamente non unico aspetto fondamentale.
Ciò che stupisce è l’assoluta capacità di unire videoarte, performance live ed altre mille attività in maniera così sapiente, come poco spesso capita nella nostra penisola in tale ambito. Per cinque giorni la tranquilla cittadina di Avellino diventa un po’ centro d’Europa, con artisti provenienti da ogni luogo della terra pronti a condividere delle esperienze, dei momenti di aggregazione e soprattutto le rispettive conoscenze. Tutto questo senza un filo di saccenza o reticenza nell’interagire con i colleghi o con lo spettatore. Flussi 2012 è stato anche l’occasione per vedere gente dal background differente lavorare fianco a fianco, con l’unica finalità di portare a termine qualcosa di definitivo ed assolutamente valido per la propria terra. Un concentrato di idee e muscoli al lavoro per un unico fine, un univoco obiettivo: il risveglio culturale della città in cui si vive o da cui per un motivo o per un altro si è stati costretti ad emigrare; un lampo di novità ed un occhio sul futuro che non si trovano facilmente nel sud dello stivale.
I ragazzi dell’associazione Magnitudo sono riusciti nell’intento di coniugare la passione per la ricerca sonora con l’attenzione alle tendenze musicali del momento. Mai come quest’anno difatti l’amalgama tra sperimentazione e coolness è stata tanto elevata, permettendo ai fruitori dell’evento di interfacciarsi tanto con artisti dal sound complesso, quanto con set più immediati e dall’ascolto più easy.
L’incipit dell’evento rappresenta qualcosa di inusuale e nuovo. Prendi la sala di un Teatro (in questo caso il Carlo Gesualdo di Avellino), mettici dentro della gente bendata ed un artista, Francisco López, che propone la sua ricerca sonora in quadrifonia ed il risultato è assolutamente unico. Per un’ora il pubblico si lascia trascinare in un percorso immaginario in cui il cervello comincia a funzionare più del suo standard solito; bisogna provare ad astrarsi uscire dal corpo ed essere in un luogo differente, anzi meglio in più luoghi diversi contemporaneamente. Si passa da temporali autunnali al suono di acciaierie roboanti, da viaggi su laghi tremanti ai suoni di una giornaliera routine del nostro tempo. Una trasposizione del quotidiano che, mediato dall’intervento delle macchine, trasfigura il proprio significato per assumerne uno completamente nuovo e contrastante. Forse unica pecca dell’esibizione è la durata che rende complesso mantenere sempre intenso il livello d’ attenzione; Lopez trascina comunque lo spettatore in un’esperienza multisensoriale difficile da ritrovare altrove.
Smesse le bende che occludevano la vista arriva il momento di Monolake, uno dei nomi più pesanti dell’intero cartellone. L’artista berlinese trasporta il pubblico in un viaggio interspaziale anche coadiuvato dalla potenza delle immagini. Un susseguirsi di stelle che ritornano in cielo dopo essere cadute e fasci luminosi che divengono parte capitale del set. Perfetto è il connubio tra i minimalismi sonori dell’artista tedesco ed il susseguirsi dello stellare trip alle sue spalle, accompagnano perfettamente lo spettatore in questo scorrere del tempo, come se tutti fossero su un’astronave in compagnia del capitano Spock diretti verso mete ancora sconosciute.
Il secondo le danze le apre il torinese A:RA, con un set impressionante, un muro di suono fatto di drum potenti, bassi penetranti che entrano sottopelle e sample ben curati. Un set di fuoco, proiezione di un futuro disturbato, luce negli occhi e frammenti che sbattono nel petto. Immediatamente dopo è tempo di ascoltare uno dei più giovani e promettenti artisti del panorama elettronico nostrano, ovvero Tommaso Pandolfi aka Furtherset.
Il set del ragazzino umbro è mentale, un mamba galattico costruito su batterie 808 che premono sull’acceleratore e synth che manipolano le menti degli ascoltatori. Un sorta di dominatore di una dimensione altra spinge a sciogliere muscoli e nervi perdendosi nella psychedelia del set. Ci si ritrova slegati, muovendo il corpo sinuosi e sincronizzati. Vaghi accenni kraftwerkiani fanno capolino tra pad atmosferici; dopo poco meno di un’ora capisci come mai ci sia tutto questo hype intorno al ragazzo. Il talento è puro ed il suono cerebrale oltre il limite, come se Furtherser avesse la chiave per una nuova realtà in cui i Joy Division inaciditi e trasposti dal suono delle macchine fanno la loro sporadica comparsa. Ci lascia con una danza estatica dal crescendo aggressivo.
Anche il successivo set di Dave Saved si segnala per l’assoluta bontà del sound. Un beatmaking selvaggio, onirico e contorto fa da base al lavoro di synth sognanti. Puoi muoverti e danzare ad occhi chiusi, tra suoni saturi ma gioisi.
La conclusione è affidata a quel pezzo di storia che risponde al nome di Dopplereffekt. Il set del duo di Detroit rilegge la lezione degli anni ’80 attraverso un sound più acido e caustico. Salgono sul palco mascherati, posti davanti alle loro tastiere che buttano fuori bassi arpeggiati estremamente potenti e pad dalle melodie ridondanti. Chiudono i brani in maniera netta e cruda, l’esibizione risulta figlia di qualche piccolo problema tecnico che mina la qualità del live. I giovani (e non) adepti sembrano apprezzare comunque e danzano robotici sulle strutture ipnotiche che il duo costruisce, senza sosta alcuna o quasi.
Le prime due serate scorrono via veloci, con la partecipazione piena ed attiva del pubblico che sembra gradire l’elemento di novità che il festival porta con se.
Il terzo giorno porta con sé una serie di live di live di qualità assoluta, a partire dal duo Akamoi/Drama Vinile che danno inizio alla mia serata con un immersione totale nel sound più oscuro e complesso. I loro set nella magnifica cornice dell’ Esp stage è un a+r per il buoi assoluto, con il contorno di suoni d’avanguardia. Una volta ritornato sulla terrazza del Teatro Carlo Gesualdo mi ritrovo attento e concentrato sul live degli Ubik, progetto lanciato dal romano Marco Bonini e dedito all’uso di loop chitarristici mediati dall’intervento delle macchine. Il loro lavoro trascina l’ascoltatatore dentro un vortice silenzioso in cui strumenti a corda e pc si fondono in una danza unica. Un set profondo ed emozionale fato di incroci che si frammentano per creare un immaginario protofuturistico con vaghi spruzzi di post-rock. Quando arriva il turno di O – One Circle la mia personale attesa è salita oramai a livelli altissimi e non viene di certo delusa dal set del trio torinese. Vaghe Stelle, Stargate e A:RA danno vita ad un live dalla potenza assoluta, lanciando granate sonore sul pubblico sottostante. Aggrediscono chi ascolta con un muro di suono che risente delle influenze dancefloor a tratti ma che non disdegna la divagazione nell’immaginario hip-hop e nella ricerca più sfrenata.
Si muovono tra momenti dall’influenza techno e la deepness da viaggio nero arrivando a mettere insieme un set dal livello assolutamente alto. Spruzzi di 80’s si incrociano con la cassa dritta, sentori di Gui Boratto o John Tejada vengono alla mente. In generale una delle performance migliori del festival capace di soffisfare appieno il pubblico che ne vorrebbe ancora ed ancora. Subito dopo è il turno di Wraetlic moniker dietro cui si cela il talentuoso Alex Smoke. Il ragazzo proveniente da Glasgow canta su beat irregolari, casse che provocano terremoti interni si uniscono a pad cupi e melanconici. Il risultato è un viaggio sensuale fatto di saturazioni gentili e suoni che avvolgono; un’alternanza di ritmi velocissimo che si alternano a momenti di pace assoluta. Il set risulta altamente ipnotico, basta essere pronti a partire e ci si ritrova in un viaggio dai sapori pseudo dance ma dalla delicatezza assolutamente profonda. In assoluto lascio la terrazza con la certezza che questa serata sarà imbattibile per la qualità ed il livello della proposta.
Certo è che anche la successiva serata, quarta ed ultima nella splendida area della terrazza non è niente male. I demoni della pioggia per qualche istante sembrano voler interrompere l’evento, ma sono solo piccole gocce insignificanti a cadere sulle teste dei presenti ed il festival prosegue senza intoppi. ØE al secolo Fabio Perletta da il via alla serata con le sue armonie naturalistiche, palcide ed ambientali che ben si coniugano con l’esibizione successiva, quella di Agf moglie e musa di Vladislav Delay. Le sue voci in loop dal cantato delicato creano una sorta di danza che scongiura il pericolo di pioggia imminente. Il suo sound etereo e dreamy scaccia via i cattivi presagi, le nuvole si diradano e tutto torna ad essere perfetto. Arriva così il momento dei Rocketnumbernine duo di provenienza britannica che mi aveva positivamente impressionata nella performance romana di qualche mese fa. L’intro psichedelico che cresce con l’aumentare del vento intorno, lascia spazio ad un ritmo tribale e prepotente fatto di loop ipnotici. Una danza aggrassiva che vive di momenti di follia al limite dell’improvvisazione, la potenza elettro dei synth cerca di integrarsi al meglio con i ritmi serrati della batteria. In generale il live sembra meno pieno e corposo rispetto a quanto visto pochi mesi fa, ma tracce come Steel Drummer o Matthew & toby sono anthem dai synth nevrotici, nervosi ed ipnotici; riescono a rompere il mood della serata con un set comunque granitico nonostante la non perfetta sintonia tra i due membri. Restano comunque uno degli elementi di novità all’interno di un festival dal sound leggermente diverso.
Quando arriva il momento di Vladislav Delay, ovvero il finlandese Sasu Ripatti, comincia un lungo e profondo vagare fuori dalla realtà attraverso suoni figli di una ricerca e di una sperimentazione estrema. Momenti languidi si fondono con sonorità ipertensive creando un substrato rumoristico dalla complessità assoluta.
Chiuso il ciclo di serate nel centro storico di Avellino, l’ultimo evento si prospetta come qualcosa di assolutamente imperdibile. Ci si sposta fuori città, alle pendici del monte Terminio ed in un parco sconfinato si attende che le luci calino per dare vita a quella che dovrebbe essere la degna chiusura di Flussi 2012. A dare il via alle danze, intese in senso metaforico e non solo è il live di Asfèrico, supportato dalle proiezioni paesaggistico / decostruttive di XX+XY. Il sound minimale costruito su ritmi sincopati ed avvolgenti si caratterizza per una pulizia assoluta ed una centralità dell’elemento percussivo. Per la prima parte del set i pad sono lasciati da parte, in secondo piano; il live scorre piacevole senza mai andare sopra le righe anche quando il bpm comincia a salire di tono. Andando avanti i suoni di synth cominciano a fare la loro comparsa e si palesano attraverso una lunghezza non comune che smorza il ritmo e rende il tutto ancora più intenso e profondo. Il momento successivo è affidato al buon Vaghe Stelle, che dopo l’esibizione di gruppo del progetto O si rimette in proprio. Il set si discosta da quanto ascoltato qualche anno addietro, le casse dritte inizialmente scompaiono per far ritorno soltanto più avanti. L’inizio è tutto bassi profondi e frammenti avvenieristici che invadono mente e corpo. Suoni deep ed altamente atmosferici si uniscono a beat dal tempo irregolare e variabile creando un unità di base capace di trasportare l’ascoltatore in un immaginario dall’eleganze e dalla classe uniche. Il tepore dei suoni riesce ad abbattere anche il freddo che lentamente cala sulla radura irpina, crescendo emozionali ben si intersecano con ritmi dal sapore post dubstep dalla forza inaudita. Le atmosfere spaziali dell’artista torinese sembrano venire fuori direttamente dal sound del 2050, un set che si discosta dal passato dance influenced per rituffarcisi a tratti nel continuo di questo viaggio lunare, un approccio zen al modo di concepire la musica che non può che essere fruito ad occhi chiusi e mente aperta.
Quando arriva il momento de Luomo, ennesimo moniker dietro cui si cela il genio finnico di Ripatti, sento crescere l’agitazione. Da sempre nutro una passione per questo particolare progetto che fonde l’house degli anni ’90 con la ricerca e la deepness di marca britannica. L’attesa viene ben ripagata da un set palleggiato e solido su cui danzare senza troppa fatica, con estrema facilità e leggerezza di testa e corpo; è divertente guardare questo padre di famiglia, con moglie e figlia al seguito muovere le snelle gambe come fosse un grillo indemoniato, tiene il tempo spostando le ginocchia e roteando i piedi. Il set è assolutamente piacevole, mai pesante, noti subito che la gente così come l’artista riescono a creare una sorta di emptia. Il punto di incontro è la volontà di divertirsi senza troppo pensare, senza eccedere, con la classe che da sempre contraddistingue il musicista nordeuropeo. Bassoni 80’s e riff acidi fanno da struttura a brani robusti che manderebbero a casa la marea di nuovi producer pseudo house attuali senza alcuna fatica. Provo un senso di profonda felicità nell’ascoltare brani come “The Present Lover” o “Shelter”, alla fine dell’esibizione mi sento bene, sereno ed estremamente contento.
A chiudere la serata, che a causa di alcuni problemi non vedrà esibirsi Dadub, ci pensa Alex Smoke anche lui alla seconda esibizione nell’arco del festival. Purtroppo anche il suo set cupo e nervoso, che fonde attitudine techno e dance music intelligente subirà dei tagli. Il sound ricercato dell’artista london based viene interrotto dopo una ventina di minuti, le forze dell’ordine hanno fatto il loro intervento e la serata non può andare avanti. Dopo qualche lamentela e le pronte scuse dell’organizzazione l’evento si conclude con un saluto ed una promessa che l’ultimo giorno vedrà la sua completa realizzazione in un momento invernale. Certo non sarà questo piccolo intoppo a far cambiare le idee della gente sull’edizone 2012 di Flussi, come pochi altri in Italia il festival irpino ha saputo coniugare passione per la musica, amore per la ricerca ed attenzione a quanto di meglio si possa trovare nel panorama elettronico nazionale e non solo. Ancora una volta Flussi ha mostrato il lato innovativo e produttivo di un Sud Italia dei festival che troppo spesso rimane ancorato ed affezzionato a schemi ed artisti che hanno oramai fatto la loro parte. Per essere certi di sapere cosa riserverà di buono il futuro a livello musicale e non soltanto, se cercate costantemente di rimanere attenti alle tendenze e non volete perdervi le cose migliori del sound digitale globale tenete monitorato questo evento che anno dopo anno cresce di livello senza perdere di coerenza.